In 45 comuni veneti si concentra l’89% degli alloggi turistici: il boom della rendita corta cambia il volto del territorio
- piscitellidaniel
- 24 giu
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Il turismo in Veneto continua a crescere a ritmi sostenuti, ma la distribuzione dell’offerta ricettiva mostra una fortissima concentrazione geografica. Secondo i dati aggiornati al 2024, appena 45 comuni su un totale di 563 ospitano quasi il 90% di tutti gli alloggi turistici dell’intera regione. Questo fenomeno, frutto di una crescita esponenziale delle locazioni brevi e delle piattaforme di intermediazione digitale, sta modificando in profondità l’equilibrio abitativo e sociale del territorio, con conseguenze evidenti sul mercato immobiliare, sulla composizione demografica e sulle politiche urbanistiche locali.
I dati mostrano come il Veneto, regione da anni al vertice delle classifiche italiane per presenze turistiche, abbia assistito a una vera esplosione dell’offerta extralberghiera, soprattutto negli ultimi cinque anni. Mentre il comparto alberghiero tradizionale cresce a ritmi contenuti, la componente degli appartamenti, stanze private e bed & breakfast ha registrato un incremento superiore al 50%, alimentato da rendimenti più elevati e da una domanda internazionale sempre più orientata verso formule flessibili, digitali e personalizzate.
A trainare la concentrazione dell’offerta sono città d’arte, destinazioni balneari e aree di montagna ad alta vocazione turistica. Venezia è il primo epicentro, seguita da Verona, Padova, Treviso, ma anche da centri lacustri come Peschiera del Garda e Lazise, o montani come Cortina d’Ampezzo e Asiago. Nei 45 comuni individuati, l’incidenza degli alloggi turistici supera in molti casi il 25% del totale delle abitazioni, arrivando a picchi del 50% nelle aree centrali delle città storiche e nelle località più gettonate durante le stagioni di punta.
Questa polarizzazione non è un fenomeno casuale. È il risultato di una somma di fattori: attrattività consolidata, infrastrutture adeguate, facilità di accesso e presenza di operatori professionali o semi-professionali in grado di gestire il business delle locazioni turistiche. Inoltre, le piattaforme come Airbnb, Booking e Vrbo hanno ridotto le barriere d’ingresso, rendendo semplice per i proprietari mettere a reddito una seconda casa, una stanza libera o un intero immobile, con ritorni spesso superiori rispetto agli affitti tradizionali.
Tuttavia, la forte concentrazione territoriale comporta anche tensioni crescenti. In molte città, gli affitti a lungo termine sono diventati proibitivi per residenti e lavoratori. La sottrazione progressiva di alloggi al mercato residenziale ha fatto lievitare i prezzi, riducendo l’offerta stabile e spingendo famiglie e giovani lontano dai centri urbani. Il fenomeno, noto come “turistificazione”, rischia di trasformare interi quartieri in contenitori temporanei per visitatori, depauperando il tessuto sociale originario e minando la coesione delle comunità locali.
Le amministrazioni comunali si trovano così ad affrontare una sfida complessa. Da un lato il turismo rappresenta una risorsa economica cruciale, che sostiene occupazione, indotto e investimenti. Dall’altro, è necessario porre limiti e regole per evitare che la crescita incontrollata delle locazioni brevi comprometta il diritto all’abitare e l’equilibrio dei territori. Alcuni comuni, come Venezia e Verona, hanno già introdotto misure restrittive, come contingentamenti, zone rosse o vincoli per le nuove autorizzazioni. Altri stanno valutando la creazione di registri comunali, obblighi informativi e parametri di qualità per l’esercizio dell’attività.
Il livello regionale segue con attenzione l’evoluzione del fenomeno. Il Veneto ha avviato nel 2023 un tavolo tecnico con l’obiettivo di uniformare le regole e migliorare la tracciabilità degli alloggi turistici, anche per contrastare l’evasione fiscale e migliorare la qualità dell’offerta. Uno dei nodi principali riguarda il monitoraggio: molte attività sfuggono ancora ai radar dell’amministrazione, operando in maniera irregolare o semiregolata. La digitalizzazione degli archivi, l’incrocio dei dati catastali e delle comunicazioni di arrivo dei turisti potrebbero offrire strumenti più efficaci di controllo.
La crescita esponenziale del settore ha anche implicazioni economiche. Le imprese dell’indotto turistico — dai servizi di pulizia alle lavanderie industriali, dalle piattaforme gestionali ai servizi di manutenzione — hanno trovato nuove opportunità. Allo stesso tempo, la concorrenza tra strutture ricettive ha alzato l’asticella della qualità e spinto verso un’offerta sempre più personalizzata. In alcune località, l’ospitalità turistica è diventata la prima fonte di reddito per centinaia di famiglie, contribuendo a rivitalizzare borghi e territori che altrimenti sarebbero a rischio spopolamento.
Ma il divario tra i 45 comuni ad alta intensità turistica e il resto del territorio veneto sta crescendo. Nei comuni minori, rurali o lontani dai grandi flussi, l’offerta ricettiva resta scarsa e poco competitiva. Il rischio è quello di una regionalizzazione squilibrata, con aree sature e altre marginali, incapaci di attrarre investimenti e visitatori. Alcuni esperti propongono un piano strategico che favorisca la distribuzione omogenea dell’offerta, sostenendo il turismo lento, esperienziale e di prossimità, valorizzando le peculiarità locali e integrando la promozione turistica con le politiche di sviluppo rurale e ambientale.
L’analisi dei dati 2024 conferma che il turismo rappresenta un motore potente di trasformazione economica, ma anche una forza che, se non governata, può generare squilibri strutturali. La concentrazione di quasi il 90% degli alloggi turistici in meno del 10% dei comuni veneti impone una riflessione sul modello di sviluppo futuro. Il Veneto si trova oggi a un bivio tra massificazione e sostenibilità, tra rendita immobiliare e diritto alla casa, tra attrattività globale e coesione locale.
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