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Caregiver e mamme lavoratrici, in arrivo nuove misure di sostegno: più tutele, incentivi fiscali e flessibilità per conciliare famiglia e occupazione

Nel nuovo pacchetto di misure sociali che il governo si prepara a varare trovano spazio interventi dedicati ai caregiver familiari e alle madri lavoratrici, due categorie spesso penalizzate da carichi di cura e responsabilità che limitano la partecipazione al mercato del lavoro. Le novità, attese in manovra e già al centro del confronto tra ministeri e parti sociali, puntano a rafforzare le politiche di conciliazione vita-lavoro e a riconoscere il valore sociale del lavoro di cura, ancora oggi in gran parte affidato alle donne.


Secondo le anticipazioni diffuse dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il nuovo piano per i caregiver prevede un incremento delle risorse del Fondo per l’assistenza e una ridefinizione dei criteri di accesso ai benefici. L’obiettivo è ampliare la platea dei destinatari, includendo non solo i familiari che assistono persone con disabilità grave, ma anche coloro che si occupano di anziani non autosufficienti o malati cronici. È allo studio un sistema di contributi mensili proporzionati al livello di impegno assistenziale, accompagnato da una maggiore flessibilità nella fruizione dei congedi retribuiti.


L’Italia conta oltre 7 milioni di caregiver familiari, di cui circa due terzi donne, spesso costrette a ridurre l’orario di lavoro o a rinunciare all’occupazione per garantire assistenza continuativa a un familiare. La nuova misura intende riconoscere economicamente questo ruolo, introducendo anche forme di contribuzione figurativa per chi interrompe temporaneamente l’attività lavorativa. L’obiettivo è tutelare non solo il reddito immediato, ma anche il futuro previdenziale di chi dedica anni alla cura domestica senza percepire uno stipendio.


Sul fronte delle politiche per le madri lavoratrici, il governo punta a potenziare le agevolazioni già introdotte con il taglio dei contributi e il bonus asili nido, rafforzando la misura del “bonus mamma” e rendendo strutturali gli sgravi per chi rientra al lavoro dopo la maternità. Tra le ipotesi al vaglio, la detassazione integrale del salario per il primo anno di rientro, accompagnata da incentivi alle imprese che adottano piani di welfare aziendale dedicati alla genitorialità. Il Ministero dell’Economia sta valutando anche un meccanismo di credito d’imposta per le aziende che realizzano nidi aziendali o introducono forme di lavoro flessibile per le dipendenti con figli.


Il pacchetto di interventi si inserisce in un quadro europeo in evoluzione, dove la direttiva UE 2019/1158 sui congedi familiari impone agli Stati membri di garantire pari opportunità tra uomini e donne nella gestione delle responsabilità familiari. L’Italia, dopo aver recepito la norma con il decreto legislativo 105 del 2022, punta ora a rafforzarne l’attuazione concreta, ampliando i diritti di congedo parentale e promuovendo un maggiore coinvolgimento dei padri. La sfida è culturale oltre che normativa: redistribuire il carico di cura e creare un modello di welfare capace di sostenere la natalità e l’occupazione femminile.


I dati Istat mostrano che nel 2023 il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 52,5%, ancora lontano dalla media europea del 68%. Le difficoltà di conciliazione, la carenza di servizi educativi e l’insufficienza delle politiche di sostegno economico continuano a essere tra le principali cause della scarsa partecipazione delle donne al lavoro. Ogni anno, secondo le rilevazioni, circa 40mila madri lasciano il posto di lavoro entro il primo anno di vita del figlio, in gran parte per mancanza di alternative organizzative o di aiuti familiari.


Il governo intende quindi estendere la rete dei servizi per l’infanzia, con l’obiettivo di aumentare la copertura degli asili nido pubblici e convenzionati fino al 45% entro il 2027. Gli investimenti previsti dal PNRR dovrebbero finanziare la costruzione di nuove strutture, soprattutto nel Mezzogiorno, dove l’offerta è ancora inferiore al 20%. Parallelamente, si lavora a un piano di formazione per assistenti familiari professionali, in modo da offrire un supporto qualificato alle famiglie e regolarizzare un settore in cui il lavoro irregolare resta diffuso.


Un’altra novità allo studio riguarda la flessibilità lavorativa. Si prevede l’introduzione di nuove formule di part-time reversibile e di lavoro agile su base concordata, con incentivi per le aziende che adottano orari personalizzati per genitori e caregiver. Il modello è quello già sperimentato in alcuni Paesi del Nord Europa, dove la conciliazione è garantita da contratti collettivi flessibili e da un sistema di incentivi economici legato alla produttività anziché alla mera presenza. L’obiettivo è rendere la flessibilità un diritto e non una concessione, riducendo le penalizzazioni di carriera per chi sceglie modalità di lavoro adattabili ai bisogni familiari.


Tra le proposte figura anche l’istituzione di un “conto tempo cura”, un meccanismo che permetterebbe ai lavoratori di accumulare ore o giorni di permesso da utilizzare in caso di necessità assistenziali. Questo strumento, già sperimentato in alcune grandi aziende, potrebbe essere esteso su base nazionale, favorendo la solidarietà interna ai luoghi di lavoro e un utilizzo più efficiente delle risorse umane.


Il Ministero del Lavoro sta inoltre lavorando a un monitoraggio costante dell’impatto delle misure di conciliazione, attraverso la creazione di un Osservatorio nazionale sulla cura e la genitorialità. L’obiettivo è misurare l’efficacia delle politiche e individuare le aree dove persistono disparità di accesso o inefficienze. Particolare attenzione sarà riservata al lavoro autonomo e alle partite IVA, categorie che finora hanno beneficiato solo in parte delle misure di sostegno alla maternità e all’assistenza.


Le nuove norme dovrebbero essere inserite nella prossima legge di bilancio, con una dotazione iniziale di circa 700 milioni di euro per il triennio 2025-2027. Una parte delle risorse proverrà dalla riorganizzazione dei fondi già esistenti per la famiglia e la disabilità, mentre una quota sarà finanziata attraverso la revisione degli incentivi alle imprese. Il governo punta a creare un sistema di welfare integrato che valorizzi il lavoro di cura e sostenga la partecipazione femminile al mercato del lavoro, considerandola una condizione essenziale per la crescita economica e sociale del Paese.


Le misure a favore di caregiver e madri lavoratrici rappresentano dunque un passo verso un welfare più equo e moderno, in cui la cura non sia più un costo individuale ma una responsabilità condivisa, sostenuta da politiche pubbliche stabili e da un modello produttivo capace di valorizzare il tempo e la qualità della vita.

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