Bioenergia legnosa, la filiera chiede un tavolo interministeriale: il settore chiede riconoscimento strategico e regole chiare
- piscitellidaniel
- 3 lug
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La filiera della bioenergia legnosa torna al centro del dibattito economico e ambientale italiano. I principali attori del comparto — che va dai produttori forestali alle imprese energetiche, fino ai costruttori di impianti — hanno presentato una richiesta formale per l’istituzione di un tavolo interministeriale. Obiettivo: garantire al settore una strategia di lungo periodo, una governance coerente e l’integrazione con le politiche nazionali su energia, clima e sviluppo sostenibile. La richiesta arriva in un momento cruciale, mentre il Governo è impegnato nella revisione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) e nella definizione dei criteri di allocazione dei fondi europei per la transizione ecologica.
Il settore, che in Italia impiega circa 40.000 addetti e coinvolge oltre 14.000 aziende, rappresenta una quota significativa delle rinnovabili termiche. La biomassa legnosa è oggi la prima fonte di riscaldamento domestico nelle aree montane e rurali, coprendo circa il 30% dei consumi energetici termici residenziali. Secondo i dati forniti da AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali), il comparto produce ogni anno oltre 7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) in energia termica, contribuendo in modo sostanziale alla riduzione delle emissioni climalteranti e alla valorizzazione delle risorse forestali interne.
Il nodo delle regole e della frammentazione istituzionale
La mancanza di un coordinamento stabile tra i diversi ministeri competenti — Ambiente, Agricoltura, Imprese, Salute, Infrastrutture — ha finora ostacolato la crescita organica del comparto. Le norme che regolano il settore sono spesso frammentate, contraddittorie o inapplicabili, con effetti negativi sia per le imprese sia per i cittadini. In alcuni casi, le autorizzazioni per impianti di piccola taglia risultano più complesse e onerose di quelle per centrali di grandi dimensioni. Inoltre, l’assenza di una definizione chiara di “biomassa sostenibile” crea incertezza sugli incentivi, sulle regole di mercato e sui meccanismi di premialità ambientale.
Le associazioni di categoria chiedono una riforma normativa che riconosca la bioenergia legnosa come una componente strategica del mix energetico nazionale, in coerenza con le direttive europee e con gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030. In particolare, viene richiesta l’introduzione di un sistema di certificazione della filiera che garantisca l’origine sostenibile del combustibile legnoso, la trasparenza nei flussi commerciali e il rispetto dei criteri ambientali. La certificazione, secondo gli operatori, non deve essere un ulteriore onere burocratico, ma uno strumento per aumentare la competitività delle imprese virtuose e tutelare i consumatori da pratiche scorrette.
Economia circolare e gestione forestale attiva
La bioenergia legnosa è uno dei pochi settori in cui l’economia circolare si realizza in forma piena: i residui delle lavorazioni forestali, dell’industria del legno e dell’agricoltura vengono trasformati in combustibili rinnovabili, riducendo la dipendenza dalle fonti fossili e valorizzando un patrimonio territoriale spesso abbandonato. Il bosco italiano, che copre oltre il 35% della superficie nazionale, cresce ogni anno di circa 30 milioni di metri cubi, ma solo una piccola parte viene utilizzata. Secondo ISPRA e CREA, il prelievo annuo di legname in Italia è inferiore al 30% della crescita naturale, una percentuale tra le più basse in Europa.
Il risultato è un progressivo abbandono delle aree interne e montane, con conseguente aumento del rischio idrogeologico, perdita di biodiversità e degrado ambientale. Una gestione forestale attiva e sostenibile, incentivata da una domanda energetica stabile e remunerativa, può rappresentare una leva fondamentale per invertire questa tendenza. La filiera chiede politiche che premino chi investe nella manutenzione del territorio, nella formazione professionale e nell’innovazione tecnologica degli impianti di combustione.
Tecnologia, innovazione e abbattimento delle emissioni
Uno degli argomenti più controversi intorno alla bioenergia è l’impatto ambientale in termini di emissioni inquinanti, in particolare polveri sottili e composti organici volatili. Tuttavia, gli operatori del settore sottolineano che le moderne tecnologie di combustione, se correttamente installate e mantenute, garantiscono livelli emissivi estremamente contenuti, conformi alle normative europee più stringenti. Gli impianti a pellet e cippato di ultima generazione sono dotati di sistemi di controllo elettronico della combustione, filtri antiparticolato e sonde per l’ottimizzazione dell’aria primaria e secondaria.
La diffusione di queste tecnologie, però, richiede incentivi mirati e stabili, capaci di accompagnare il rinnovo del parco impianti obsoleto. Attualmente in Italia sono ancora in funzione circa 5 milioni di stufe e caldaie a legna di vecchia generazione, spesso installate senza criteri tecnici adeguati e prive di dispositivi di abbattimento delle emissioni. La sostituzione con apparecchi certificati a basse emissioni potrebbe portare a una riduzione fino al 90% delle polveri sottili nei territori più critici, come la pianura padana. Per questo le associazioni propongono di rendere strutturale il meccanismo di incentivazione del Conto Termico, ampliandone la dotazione e semplificandone l’accesso.
Il ruolo delle comunità energetiche e del biometano forestale
Un ulteriore ambito di sviluppo per la bioenergia legnosa è rappresentato dalle comunità energetiche rinnovabili, che possono integrare impianti a biomassa con fotovoltaico, eolico e sistemi di accumulo per creare reti locali di produzione e consumo. In molti territori montani, dove l’accesso alla rete elettrica è limitato o instabile, la produzione termica da biomassa può rappresentare un elemento di resilienza e autonomia energetica. Il modello cooperativo favorisce la partecipazione attiva dei cittadini, la redistribuzione dei benefici economici e la creazione di occupazione locale.
Tra le nuove frontiere tecnologiche si affaccia anche la possibilità di produrre biometano da residui lignocellulosici attraverso processi avanzati di pirolisi, gassificazione o digestione anaerobica. Il biometano forestale, ancora in fase sperimentale, potrebbe costituire una risorsa preziosa per la decarbonizzazione dei trasporti pesanti e delle reti di distribuzione del gas naturale. La Commissione europea ha già riconosciuto il potenziale di questa tecnologia, inserendola tra le soluzioni chiave per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Anche su questo fronte, il sistema produttivo italiano chiede una strategia chiara, investimenti mirati e una cornice normativa che favorisca la sperimentazione industriale.
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