Banda larga contro lo spopolamento: una lezione incompiuta del PNRR nelle aree interne
- piscitellidaniel
- 2 lug
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La diffusione della banda larga rappresentava uno degli obiettivi strategici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), intesa come leva per ridurre il divario digitale e contrastare il fenomeno dello spopolamento nelle aree interne. A distanza di anni dall’approvazione del piano, tuttavia, emergono ritardi significativi nell’attuazione dei progetti dedicati alle infrastrutture digitali nei territori meno densamente popolati, e gli effetti attesi in termini di ripopolamento, sviluppo economico e coesione sociale restano in larga parte disattesi.
Il progetto “Italia a 1 Giga”, che avrebbe dovuto garantire connettività ultraveloce a tutti i comuni italiani, si sta rivelando più complesso del previsto. Le gare d’appalto, pur concluse da tempo e assegnate principalmente alla società Open Fiber, procedono a rilento per una molteplicità di ragioni: difficoltà autorizzative, carenza di manodopera specializzata, ostacoli burocratici e in alcuni casi contenziosi aperti con le amministrazioni locali. Secondo i dati aggiornati di Infratel, a giugno 2025 solo una parte dei cantieri previsti è effettivamente attiva, e la maggior parte delle connessioni promesse resta sulla carta.
L’impatto di questi ritardi è particolarmente evidente nelle aree montane, collinari e periferiche, dove la connessione a internet veloce non rappresenta solo un servizio, ma una condizione essenziale per mantenere viva la presenza di cittadini, professionisti e imprese. Molti piccoli comuni, specialmente nel Mezzogiorno e nell’Appennino centrale, continuano a soffrire l’isolamento digitale, che impedisce loro di sviluppare attività economiche competitive, attrarre smart worker o garantire servizi fondamentali in modalità remota, come la telemedicina o l’istruzione a distanza.
La promessa del digitale come fattore di riequilibrio territoriale rischia così di tradursi in un’occasione mancata. Il PNRR aveva individuato nella digitalizzazione una delle sei missioni strategiche, destinando complessivamente oltre 6,7 miliardi di euro alla realizzazione di reti a banda ultralarga, sia fissa che mobile. Tuttavia, la distribuzione delle risorse e la pianificazione degli interventi non sempre hanno tenuto conto delle priorità dei territori a rischio di abbandono. Alcuni comuni che presentano un elevato indice di vulnerabilità demografica non risultano ancora coperti da alcun progetto attivo, mentre in zone più servite si registrano duplicazioni di interventi e inefficienze operative.
Le amministrazioni locali, pur coinvolte in fase consultiva, lamentano uno scarso coordinamento e difficoltà a interagire con i soggetti attuatori. In molti casi, sindaci e assessori segnalano di non avere informazioni aggiornate sull’avanzamento dei lavori nei propri territori, né strumenti efficaci per sollecitare il rispetto dei cronoprogrammi. L’assenza di una cabina di regia centrale in grado di monitorare e intervenire tempestivamente sui ritardi rappresenta uno degli elementi di maggiore criticità.
Anche dal punto di vista sociale, l’effetto dei ritardi si fa sentire. Le comunità che avevano creduto nel rilancio delle aree interne grazie al digitale si trovano oggi disilluse, e la mancata attivazione di servizi innovativi contribuisce ad alimentare la fuga dei giovani verso le città. Il fenomeno dello spopolamento non conosce tregua: secondo i dati Istat, tra il 2021 e il 2024 oltre 1.200 piccoli comuni italiani hanno registrato una perdita netta della popolazione, e in molti casi si tratta di territori che ancora oggi non dispongono di una connessione adeguata alle esigenze del lavoro e della vita quotidiana.
Gli esperti sottolineano come il digitale, da solo, non basti a invertire la tendenza, ma rappresenti una precondizione fondamentale per ogni altra politica di rilancio territoriale. Senza infrastrutture digitali, anche misure come il sostegno all’imprenditoria giovanile, l’attivazione di servizi pubblici decentrati o la valorizzazione del turismo lento rischiano di fallire. L’assenza di connessione impedisce anche agli enti locali di innovare i propri servizi e riduce l’efficacia delle strategie di attrazione dei fondi europei.
Dal mondo accademico arrivano proposte concrete per rimediare alla situazione. Alcuni osservatori suggeriscono di istituire un fondo nazionale di emergenza per accelerare i progetti in ritardo, concentrando gli sforzi nelle aree a maggiore rischio demografico. Altri chiedono una revisione del meccanismo di assegnazione dei fondi, introducendo criteri di priorità legati alla densità abitativa, alla qualità dei servizi esistenti e al grado di vulnerabilità economica e sociale.
Anche il settore privato chiede maggiore chiarezza e una regia più efficace. Gli operatori delle telecomunicazioni, pur vincitori delle gare, si trovano spesso ad affrontare ostacoli che rallentano la posa dei cavi e l’attivazione dei servizi. Tra le problematiche più ricorrenti figurano i vincoli paesaggistici, le lungaggini nelle conferenze dei servizi e la mancanza di manodopera formata. In alcuni territori si segnala anche una carenza di imprese locali in grado di eseguire i lavori, elemento che costringe le aziende a ricorrere a subappalti con tempistiche più lunghe.
Il Ministero per l’Innovazione e la Transizione Digitale ha annunciato l’attivazione di un osservatorio permanente sui ritardi, con l’obiettivo di verificare lo stato di attuazione degli interventi e individuare soluzioni operative. Tuttavia, le criticità strutturali emerse finora indicano che il problema non è solo gestionale, ma di visione strategica. Il rischio è che il digitale, da strumento di inclusione e rilancio, si trasformi nell’ennesima occasione persa per colmare i divari che storicamente affliggono il territorio italiano.
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