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Agrivoltaico, allarme tra gli operatori: bando PNRR a rischio per mancanza di certezze normative e autorizzative

Il bando PNRR da 1,1 miliardi di euro dedicato allo sviluppo dell’agrivoltaico in Italia rischia di naufragare a causa di ritardi procedurali, ambiguità normative e assenza di certezze giuridiche per gli operatori. Nonostante l’interesse manifestato dal mercato, con 643 domande presentate entro la scadenza del 4 settembre 2024 e oltre il 56% provenienti dal Mezzogiorno, numerosi investitori e imprese del settore stanno seriamente valutando la possibilità di rinunciare alla realizzazione dei progetti presentati.


Il bando, promosso dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), aveva come obiettivo l’installazione di almeno 1,04 gigawatt di impianti agrivoltaici avanzati entro il 30 giugno 2026. Un traguardo ambizioso inserito nel più ampio contesto degli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma a distanza di quasi nove mesi dalla chiusura della finestra di partecipazione, le risposte attese dagli operatori tardano ad arrivare, e i fondi del PNRR rischiano concretamente di rimanere inutilizzati.


Le cause principali della crisi sono riconducibili a tre fattori. In primo luogo, la complessità tecnica del decreto ministeriale 436/2023, che ha definito le regole di accesso agli incentivi e i requisiti tecnici degli impianti agrivoltaici avanzati. In particolare, la necessità di integrare le tecnologie solari con la continuità delle attività agricole e la protezione delle colture, impone vincoli stringenti e costi di progettazione elevati. Ma ciò che più pesa è l’assenza di indicazioni uniformi a livello regionale sulle aree idonee e sulle modalità autorizzative.


Il secondo nodo è rappresentato dalle incertezze legate al Decreto Agricoltura (D.L. 63/2024), convertito in legge lo scorso luglio. Il provvedimento ha introdotto ulteriori limitazioni all’uso del suolo agricolo per impianti fotovoltaici a terra, vietando l’installazione in assenza di strutture di sostegno elevate che garantiscano la coesistenza tra attività produttiva agricola e produzione elettrica. Sebbene in linea di principio coerente con la filosofia dell’agrivoltaico, la norma ha generato confusione interpretativa e rischia di bloccare anche progetti in fase avanzata, poiché non tiene conto delle deroghe previste per impianti in corso di autorizzazione o già ammessi ai benefici del PNRR.


Infine, l’elemento più critico riguarda la tempistica. Il GSE non ha ancora reso pubblica la graduatoria degli impianti ammessi, né ha fornito indicazioni vincolanti sulle scadenze procedurali successive. Di fronte a questa situazione di incertezza, molte imprese temono di non riuscire a realizzare gli impianti entro i termini previsti, compromettendo la possibilità di accedere agli incentivi. Alcuni operatori stanno considerando il reimpiego dei capitali su altri segmenti del fotovoltaico o su mercati esteri meno frammentati.


A lanciare l’allarme sono anche le principali associazioni di categoria. Secondo Italia Solare, “serve immediatamente un chiarimento normativo che garantisca la validità delle domande presentate e consenta di superare il blocco interpretativo delle Regioni”. Elettricità Futura ha invece chiesto un intervento diretto della Presidenza del Consiglio per coordinare le amministrazioni coinvolte e accelerare i processi autorizzativi.


L’agrivoltaico, nel disegno strategico europeo e nazionale, è destinato a svolgere un ruolo centrale nella transizione energetica, in particolare per le sue potenzialità di riduzione delle emissioni, tutela del territorio e valorizzazione delle attività agricole. Ma senza uno sblocco immediato del bando PNRR, e senza una governance chiara e trasparente, l’Italia rischia di perdere una doppia occasione: accelerare verso la neutralità climatica e sostenere l’innovazione nel comparto primario. Gli operatori chiedono certezze, non nuove proroghe o rinvii. Il tempo, per molti progetti, è già scaduto.

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