Ponte sullo Stretto, gli Stati Uniti frenano: “non può rientrare tra le spese della difesa Nato”
- piscitellidaniel
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Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina torna al centro delle discussioni politiche e diplomatiche, questa volta con un inatteso intervento proveniente dagli Stati Uniti. Washington ha infatti chiarito che l’opera non può essere considerata parte delle spese legate alla difesa nell’ambito della Nato, frenando così l’ipotesi, avanzata in alcuni ambienti politici italiani, di far rientrare parte dei costi nella cornice delle infrastrutture strategiche dell’Alleanza Atlantica. Una presa di posizione che complica ulteriormente il percorso di un’opera già da decenni al centro di scontri, polemiche e rinvii.
L’idea di collegare il Ponte sullo Stretto a esigenze di sicurezza e difesa era stata avanzata sulla base della sua valenza strategica: la Sicilia e la Calabria rappresentano un crocevia cruciale nel Mediterraneo, zona sempre più centrale nelle dinamiche geopolitiche, dal controllo delle rotte migratorie alla presenza militare. Alcuni sostenitori del progetto avevano proposto di inserire la costruzione dell’infrastruttura tra le spese riconducibili alla Nato, sostenendo che la connessione stabile tra le due sponde avrebbe potuto facilitare la mobilità delle truppe e dei mezzi in caso di emergenze.
Gli Stati Uniti, però, hanno raffreddato l’ipotesi, chiarendo che la Nato riconosce come spese di difesa solo quelle strettamente connesse a finalità militari e non infrastrutture civili con utilizzo prevalentemente economico. Un’opera come il Ponte sullo Stretto, per quanto rilevante dal punto di vista della logistica, non può rientrare nelle categorie contemplate dai criteri dell’Alleanza. Washington ha voluto fugare ogni dubbio, temendo forse che l’idea potesse creare precedenti pericolosi, aprendo la porta alla richiesta di includere progetti infrastrutturali di natura civile all’interno del bilancio militare comune.
La presa di posizione americana ha inevitabilmente alimentato il dibattito politico in Italia. Da un lato, i sostenitori del Ponte hanno ribadito la necessità di realizzare l’opera indipendentemente dalla possibilità di finanziamenti Nato, sottolineando i benefici economici, occupazionali e infrastrutturali che deriverebbero dalla costruzione. Dall’altro lato, le opposizioni hanno colto l’occasione per criticare quella che considerano un’illusione, accusando il governo di aver alimentato aspettative poco realistiche sulla possibilità di far ricadere i costi su fondi esterni.
La questione finanziaria resta, infatti, il nodo principale. Il Ponte sullo Stretto è un progetto dal valore stimato di decine di miliardi di euro, e reperire le risorse necessarie rappresenta la sfida più difficile. Il chiarimento americano chiude una delle strade ipotizzate per ridurre l’impatto sui conti pubblici, costringendo il governo a valutare alternative come il ricorso a fondi europei, investimenti privati o un mix di strumenti finanziari.
L’episodio evidenzia anche il peso geopolitico che il Ponte continua ad avere. Oltre a essere un’infrastruttura ingegneristica, il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria viene percepito come simbolo di un’Italia capace di ridurre il divario Nord-Sud e di rilanciare la propria centralità nel Mediterraneo. Le implicazioni internazionali non mancano: il Ponte viene spesso citato come esempio di progetto che potrebbe attrarre investitori globali e rafforzare i legami con partner strategici, ma allo stesso tempo suscita dubbi sulla sostenibilità economica e ambientale.
La reazione delle istituzioni italiane è stata improntata a cautela. Alcuni ministri hanno sottolineato che l’obiettivo del governo resta quello di portare avanti il progetto, indipendentemente dal riconoscimento Nato, mentre altri hanno ribadito la necessità di valutare attentamente costi, benefici e sostenibilità finanziaria. Sullo sfondo rimane il tema del consenso locale: in Sicilia e in Calabria l’opinione pubblica è divisa, con una parte favorevole che vede nel Ponte un’occasione di sviluppo e un’altra contraria che teme impatti ambientali, rischi sismici e sprechi di risorse.
Non va dimenticato che il Ponte sullo Stretto è da decenni un progetto sospeso tra sogno e realtà. Presentato come grande opera simbolo già negli anni ’70, ha attraversato fasi alterne di entusiasmo e abbandono, con progetti preliminari, bandi di gara e studi tecnici rimasti spesso incompiuti. La recente decisione del governo di rilanciare l’iniziativa ha riacceso il dibattito, ma il nodo delle risorse resta irrisolto. La posizione americana, in questo senso, rappresenta un duro colpo alle speranze di alleggerire l’impatto sui conti pubblici.
Il dibattito, quindi, si arricchisce di un nuovo capitolo, che intreccia politica interna, rapporti internazionali e strategie di sviluppo. L’Italia dovrà decidere se e come andare avanti con un progetto che divide da decenni, ma che continua a rappresentare un simbolo di modernità e di connessione con il futuro. La frenata degli Stati Uniti sul possibile coinvolgimento Nato dimostra quanto la partita sia complessa e quanto sia necessario affrontarla con realismo, senza affidarsi a ipotesi difficilmente percorribili.
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