Nicolas Sarkozy definitivamente condannato nel caso Affaire Bygmalion: la Cassazione respinge il ricorso, un ex presidente irrevocabilmente nei guai
- piscitellidaniel
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La giornata del 26 novembre 2025 segna un punto di svolta decisivo per la carriera giudiziaria di Nicolas Sarkozy. La Cour de Cassation ha respinto il suo ricorso contro la condanna inflitta in appello per abuso dei limiti di spesa nella campagna elettorale del 2012: con questa decisione, la pena a suo carico diventa definitiva. Il verdetto pone fine, salvo ulteriori percorsi internazionali, a un lungo contenzioso giudiziario che, dopo una prima condanna nel 2021, aveva visto ripetuti tentativi di appello. La Corte ha quindi confermato che la candidatura di Sarkozy per la rielezione nel 2012 fu finanziata in modo illegale, con spese elettorali quasi doppie rispetto al tetto previsto dalla normativa francese.
L’origine del caso risale alla campagna del 2012, quando Sarkozy, sostenuto dal partito di centro-destra, organizzò una serie di comizi e manifestazioni di massa, spesso ispirate allo stile riconoscibile delle grandi “rally” americane. Quegli eventi, costosi e mediaticamente ambiziosi, vennero in parte imputati a un’agenzia di comunicazione politica – la società nota come Bygmalion – che avrebbe emesso fatture false: da un lato imputando costi al partito invece che alla campagna personale, dall’altro nascondendo l’effettivo superamento del limite di spesa fissato dalla legge elettorale. L’accusa sosteneva che questi artifici contabili fossero serviti a mascherare la realtà di una campagna ingente, per la quale i conti ufficiali riportavano cifre ben inferiori a quelle realmente sostenute.
Nel 2021 il tribunale di primo grado aveva già condannato Sarkozy a un anno di reclusione. In appello, a febbraio 2024, la pena venne in parte attenuata: un anno di carcere con sei mesi sospesi, ma con la possibilità di scontare il periodo residuo tramite braccialetto elettronico o detenzione domiciliare. Nonostante ciò, la condanna rimaneva pesante — anche perché la legge francese sancisce un limite molto stringente alle spese elettorali, proprio per evitare abusi e garantire la parità fra candidati. Sarkozy si difendeva sostenendo la propria innocenza, negando un coinvolgimento diretto nella redazione delle false fatture e affermando che molte spese non potevano essere ricollegate a decisioni personali ma riguardavano la gestione del partito.
Il ricorso in Cassazione, l’ultimo grado di giudizio possibile in Francia, verteva su questioni procedurali e sull’interpretazione delle norme: la difesa puntava a dimostrare che non fossero stati violati criteri formali o che gli strumenti contabili e amministrativi fossero stati usati in buona fede. La Corte però — come spesso accade quando valuta non i fatti di merito ma l’applicazione del diritto — ha stabilito che la condanna in appello era fondata, confermando che il superamento del limite di spesa — quantificato dagli inquirenti in circa 43 milioni di euro rispetto ai 22,5 milioni consentiti — non poteva essere giustificato come mera irregolarità amministrativa, ma configurava un illecito penalmente rilevante.
Con la pronuncia definitiva, Sarkozy non è più solo un ex presidente condannato in via provvisoria: diventa un cittadino con una condanna penale certa, passata in giudicato, uno status che per un ex capo di Stato è senza precedenti nella storia recente della Repubblica francese. Tra le conseguenze immediate: la pena da una parte resta formalmente di un anno, ma con le modalità di esecuzione già previste dalla sentenza di appello — dunque sei mesi con sospensione o detenzione domiciliare sotto sorveglianza elettronica, salvo decisioni aggiuntive da parte dell’autorità giudiziaria.
Il caso Bygmalion coinvolge, oltre a Sarkozy, decine di altri imputati — ex dirigenti del partito, responsabili finanziari, addetti alle comunicazioni e alla contabilità: molti di loro avevano già visto la propria condanna confermata nei vari gradi di giudizio, ma per l’ex presidente la vicenda ha sempre avuto un peso simbolico e politico molto più alto, proprio per il ruolo istituzionale che egli ha ricoperto. La decisione della Cassazione segna dunque un punto di non ritorno: la giustizia si è pronunciata con efficacia anche rispetto a un capo di Stato, riaffermando il principio che nessuno è al di sopra della legge.
Il contesto politico e mediatico in Francia e in Europa non potrà ignorare questa svolta. La condanna definitiva di un ex presidente per finanziamento illecito getta ombre sulla legittimità di una parte della classe dirigente, alimenta il dibattito sullo stile della politica, sull’equità nelle competizioni elettorali e sulla trasparenza dei finanziamenti. In un contesto in cui l’opinione pubblica chiede responsabilità, integrità e rigore delle istituzioni, la vicenda Bygmalion potrebbe rappresentare un momento di riflessione profonda, non solo sulla singola persona, ma sulla qualità stessa della democrazia e sulla rigenerazione dei meccanismi di controllo del potere politico.
Un ex presidente dunque condannato, la legge che si conferma al di sopra delle ambizioni personali, e una lezione istituzionale che va ben oltre la cronaca giudiziaria: la Cassazione ha deciso, la pena è definitiva e la storia di Bygmalion segna un precedente nuovo e importante nel quadro politico-giudiziario europeo.

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