Secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione l’invalidità non giustifica un trattamento pensionistico anticipato. La Suprema corte ha stabilito: "Giova premettere che l'art. 22-ter, comma 2, d.l. n. 78/2009 (conv. con I. n. 102/2009), ha previsto che, a decorrere dal 1°.1.2015, l'età anagrafica per l'accesso al sistema pensionistico venisse adeguata all'incremento della speranza di vita, per come accertato dall'Istituto nazionale di statistica e validato dall'Eurostat, con riferimento al quinquennio precedente." "se è vero che, ai fini della pensione di vecchiaia anticipata, lo stato di invalidità costituisce solo la condizione in presenza della quale è possibile acquisire il diritto al trattamento di vecchiaia sulla base del requisito di età vigente prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 503/1992, ciò non può comportare lo snaturamento della prestazione, che rimane pur sempre un trattamento diretto di vecchiaia, cioè diretto a coprire i rischi derivanti dalla vecchiaia e dunque ontologicamente diverso dai trattamenti diretti di invalidità previsti dalla legge n. 222/1984. E se così è, manca all'evidenza una qualsiasi base normativa per sostenere che il suo conseguimento non debba soggiacere alla generale previsione dell'aumento dell'età pensionabile in dipendenza dell'incremento della speranza di vita di cui all'art. 22-ter, comma 2, d.l. n. 78/2009."
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