La Bank of Japan alza i tassi ai massimi da trent’anni e segna una svolta storica nella politica monetaria giapponese
- piscitellidaniel
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La Bank of Japan decide di alzare i tassi di interesse portandoli ai livelli più elevati degli ultimi trent’anni, segnando una svolta di portata storica per la politica monetaria del Paese e interrompendo una fase eccezionalmente lunga di denaro ultra-accomodante. La decisione rappresenta un passaggio simbolico e sostanziale, perché mette fine a un’epoca caratterizzata da tassi prossimi allo zero o negativi e da massicci interventi di stimolo volti a contrastare la deflazione e sostenere un’economia rimasta per decenni intrappolata in una crescita debole e in una dinamica dei prezzi stagnante.
L’aumento dei tassi si inserisce in un contesto macroeconomico profondamente mutato rispetto al passato. L’inflazione in Giappone ha mostrato una persistenza superiore alle attese, sostenuta dall’aumento dei prezzi energetici, dal rialzo dei costi delle importazioni e da una graduale, ma significativa, ripresa della dinamica salariale. Per la prima volta dopo molti anni, la banca centrale ritiene che l’incremento dei prezzi non sia più un fenomeno transitorio, ma il segnale di un cambiamento strutturale che richiede una normalizzazione della politica monetaria.
La scelta della Bank of Japan assume un peso particolare se si considera l’unicità del modello giapponese. Per oltre tre decenni l’istituto centrale ha sperimentato strumenti non convenzionali, dall’allentamento quantitativo su larga scala al controllo della curva dei rendimenti, diventando un laboratorio globale di politiche monetarie espansive. L’uscita da questo schema rappresenta quindi non soltanto una decisione tecnica, ma un cambio di paradigma che incide sulla credibilità dell’istituto e sulla percezione dell’economia giapponese sui mercati internazionali.
Il rialzo dei tassi mira a consolidare un ciclo economico più equilibrato, nel quale la crescita dei prezzi sia accompagnata da un rafforzamento dei redditi e dei consumi interni. La banca centrale ha più volte sottolineato l’importanza di una dinamica salariale coerente con l’inflazione, condizione ritenuta essenziale per evitare un ritorno alle pressioni deflazionistiche del passato. In questo senso, la decisione sui tassi viene letta come un segnale di fiducia nella capacità dell’economia giapponese di sostenere una fase di normalizzazione senza ricadere in una stagnazione prolungata.
L’impatto sui mercati finanziari è immediato e rilevante. Lo yen tende a rafforzarsi, interrompendo una lunga fase di debolezza che aveva favorito le esportazioni ma aumentato il costo delle importazioni. I rendimenti dei titoli di Stato giapponesi registrano un riallineamento, riflettendo aspettative di una politica monetaria meno espansiva e di una graduale riduzione degli acquisti da parte della banca centrale. Questo movimento ha ripercussioni anche a livello globale, considerando il ruolo del Giappone come uno dei principali detentori di debito estero e come fonte di liquidità per i mercati internazionali.
Per il sistema bancario e finanziario interno, l’aumento dei tassi rappresenta una potenziale opportunità dopo anni di compressione dei margini. Una curva dei rendimenti meno piatta può favorire la redditività degli istituti di credito, migliorando la trasmissione della politica monetaria all’economia reale. Al tempo stesso, la normalizzazione impone una gestione attenta dei rischi, soprattutto per un Paese con un elevato livello di debito pubblico, che rende il costo del servizio del debito una variabile particolarmente sensibile alle variazioni dei tassi.
La decisione della Bank of Japan viene osservata con attenzione anche dalle altre banche centrali, perché segna l’allineamento del Giappone a una fase di politica monetaria più restrittiva già avviata negli anni recenti da Stati Uniti ed Europa. Pur muovendosi con maggiore cautela, Tokyo riconosce la necessità di adattarsi a un contesto globale nel quale l’era dei tassi zero non può più essere considerata la norma. Questo passaggio contribuisce a ridisegnare gli equilibri monetari internazionali, riducendo una delle principali anomalie che avevano caratterizzato il sistema finanziario globale.
Sul piano interno, la sfida principale sarà quella di gestire la transizione senza frenare eccessivamente la crescita. L’economia giapponese resta esposta a rischi legati alla demografia, alla produttività e alla domanda esterna, elementi che impongono una calibrazione attenta delle mosse future. La banca centrale ha lasciato intendere che il percorso di rialzo sarà graduale e condizionato ai dati macroeconomici, evitando segnali di rigidità che potrebbero destabilizzare mercati e aspettative.
Il rialzo dei tassi ai massimi da trent’anni rappresenta quindi un momento di discontinuità per il Giappone, che tenta di uscire definitivamente dall’ombra della deflazione e di normalizzare la propria politica monetaria dopo decenni di sperimentazione. La scelta della Bank of Japan non è soltanto una risposta all’inflazione, ma un atto che ridefinisce il ruolo del Paese nello scenario economico e finanziario globale, con effetti destinati a riflettersi ben oltre i confini nazionali.

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