L’analisi delle modalità attraverso cui ricondurre a tassazione le economie digitali entro i confini delle giurisdizioni tributarie rappresenta uno dei temi più dibattuti, controversi ed in evoluzione della materia fiscale. ll tema della tassazione delle economie digitali entra infatti in relazione sia con gli esistenti mezzi di contrasto alle pratiche elusive, sia con l’introduzione di nuove tipologie di misure antiabuso delle economie digitali. Le economie digitali, infatti, sfruttando la propria a-territorialità, si caratterizzano per il ricorso a pianificazioni fiscali che, sfruttando le divergenze normative vigenti tra i singoli ordinamenti all’interno dei quali operano, finiscono con il tradire l’animo delle disposizioni normative vigenti. Si è sempre assistito in questi anni ad una ricerca dei paesi, anche all’interno dello spazio UE, a fiscalità agevolata. Né il legislatore interno né quello comunitario hanno dato vita ad un corpo normativo “regionalistico”ed organico volto a contrastare le pratiche di erosione delle basi imponibili poste in essere dalle digital economy. In materia si è più volte parlato di abuso di diritto, una categoria nella quale rientrerebbero quelle condotte che seppur lecite, sfruttano il gangli della legislazione interna ed europea per conseguire dei vantaggi. Anche volendo far rientrare la problematica nell’ambito dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente della legislazione italiana, detta disposizione risulterebbe comunque inadatta a fronteggiare adeguatamente il problema prospettato. La norma infatti prevede che “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”,e ha, allo stesso tempo, sancito che“non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”. Appare evidente che non prevedendo come abusive le “operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale” non possa di certo perseguirsi un’attività economica che giustifichi, in tal senso, le proprie scelte organizzative e fiscali.
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