
Il problema debito pubblico in Italia ha radici storiche ed è stato aggravato dalle quattro crisi che si sono succedute negli ultimi 3 anni (pandemia, guerra Russia-Ucraina, inflazione, rialzo dei tassi).
Il panorama in Europa
Il rapporto debito/PIL è infatti passato dal 134.1% del 2019 al 143,5% del 2023, passando dal 155% dell'annus terribilis della pandemia. La questione del rapporto debito/pil è un problema che il nostro Paese si porta indietro da decenni: già nel 1995 esso si trovava a 116,9%, quasi il doppio della soglia massima dettata dal famigerato "Patto di Stabilità", che richiede agli stati membri di mantenere un deficit massimo del 3% e un rapporto debito - PIL inferiore al 60%, sospeso durante la pandemia. Ma non siamo soli in Europa: la Grecia, ad esempio, il debito più alto in Europa rispetto al PIl, 171,3%, e molti altri stati (ad esempio Portogallo, Francia e Spagna) si trovano in cattive condizioni, con un debito superiore alla quota del 100%.
I parametri di una soluzione
Trovare una soluzione è difficile: tornare all'austerity con gli stessi numeri degli anni '90 sembra piuttosto irrealistico; d'altra parte in un periodo di crisi prolungato come quello che da tre anni e mezzo sta affrontando il mondo intero è presente la paura di una crisi finanziaria, che una politica comunitaria meno permissiva dovrebbe tentare di contenere. La questione del rapporto debito - PIL ha spaccato quindi l'Europa in due fazioni separate, a seconda degli interessi del Paese di appartenenza.
Le due soluzioni
Da un lato c'è chi è interessato a mantenere libera la gestione del debito, come Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia; dall'altra c'è chi richiama ad una maggiore severità, come Germania, Paesi Bassi, Austria, Danimarca e i Paesi Baltici. I paesi che propongono misure più stringenti hanno proposto, dopo la pausa dovuta alla pandemia e alle crisi successive, un ritorno all'Austerity, mentre la coalizione opposta ha proposto misure meno stringenti. Ecco le idee delle due fazioni:
Le proposte più stringenti

La Germania ha rilasciato, ad Aprile dell'anno scorso, un documento non ufficiale (Non-paper) in cui proponeva che gli stati in difetto con gli standard europei tagliassero i propri debiti dello 0,5% o dell'1% ogni anno, a seconda della propria situazione di partenza. Ciò significherebbe per l'Italia che i bilanci pubblici dovrebbero tornare ad un surplus o alla parità, mentre si trovano attualmente in una situazione molto negativa: il bilancio preventivo per l'anno 2023 prevede un buco di oltre 200 miliardi. La commissione ha accolto la proposta, riducendo tuttavia i tagli del rapporto ad una quota generica dello 0,5%. Ammesso che tale proposta venga rispettata alla lettera, l'Italia potrebbe rientrare di nuovo negli standard europei in un tempo di 167 anni*. Secondo la proposta tedesca, invece, i tempi si dimezzerebbero, e rientreremmo negli standard europei in 83 anni e mezzo. Va peggio per la Grecia, che potrebbe rientrare nella norma in oltre 200 anni di austerity (o 100 con la proposta tedesca). Anche Francia, Spagna, Belgio e Portogallo si trovrebbero davanti 80 o 40 anni di restrizioni. Realisticamente, per l'Italia, significherebbe restringere o eliminare il sistema pensionistico pubblico, che attualmente costituisce circa la metà delle uscite dei bilanci. A livello attuativo, tuttavia, la proposta non ha mai visto la luce dal punto di vista attuativo.
La proposta "Flessibile", un'idea italiana

Naturalmente i paesi europei più indebitati sono contrari a queste norme: significherebbero infatti per molti tagliare la spesa pubblica, aumentando l'età pensionabile e tagliando sussidi, stipendi e licenziando dipendenti statali, in modo simile a come fece la Grecia dopo la crisi dei bond. Quindi è stata fatta la proposta, da parte del Ministero dell'Economia Giorgetti, di introdurre una "Golden rule" che in linea teorica permetterebbe agli stati di non conteggiare nei numeri di deficit e debito pubblico le somme spese per raggiungere gli obiettivi europei di lungo termine (Green economy, digitalizzazione e difesa), che di fatto permetterebbe agli stati di mantenere bilanci in pesante difetto senza scontare misure punitive dall'Europa. Inoltre la coalizione guidata dalla Germania si è opposta a questa proposta, ritenendo che una eccessiva tolleranza potrebbe risultare in una mancanza di compliance da parte degli stati più indebitati, risultando così in una perdita di credibilità dell'intera UE.
*considerando l'ultimo dato disponibile, 143,5%, e una riduzione del rapporto debito-PIL dello 0,5% annuo, e tenendo come obiettivo lo standard del Patto di stabilità (60% di rapporto debito - PIL) si ha (143,5-60)/0,5=83,5*2=167
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