Cinema, la legge di Bilancio introduce il tetto al tax credit e ridisegna il sostegno pubblico al settore
- piscitellidaniel
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L’introduzione di un tetto al tax credit per il cinema nella legge di Bilancio segna un cambio di passo significativo nella politica di sostegno all’industria audiovisiva italiana, aprendo una fase di riequilibrio dopo anni di espansione degli incentivi fiscali. Il tax credit ha rappresentato uno degli strumenti centrali per attrarre produzioni, sostenere le imprese nazionali e rafforzare l’intera filiera, contribuendo a una crescita quantitativa rilevante di opere, set e occupazione. La scelta di fissare un limite massimo alle agevolazioni disponibili viene motivata dall’esigenza di rendere la spesa pubblica più prevedibile e controllabile, in un contesto di finanza pubblica caratterizzato da vincoli sempre più stringenti e da una revisione complessiva degli strumenti di incentivo considerati più onerosi. Il cinema, che negli ultimi anni ha beneficiato di un sostegno significativo, entra così in una fase nella quale il tema dell’equilibrio tra risorse pubbliche e sostenibilità del sistema torna centrale.
Il tetto al tax credit incide direttamente sulle dinamiche produttive, soprattutto per le grandi produzioni e per i progetti con budget elevati, che negli anni recenti avevano potuto contare su un livello di sostegno fiscale molto ampio. La misura introduce un elemento di selettività che modifica le strategie delle imprese, chiamate ora a confrontarsi con una disponibilità di incentivi non più illimitata. Questo cambiamento viene letto dal settore come un passaggio delicato, perché rischia di ridurre l’attrattività dell’Italia rispetto ad altri Paesi che continuano a offrire regimi fiscali molto competitivi per l’audiovisivo. Allo stesso tempo, il nuovo assetto spinge verso una maggiore razionalizzazione delle risorse, con l’obiettivo dichiarato di evitare concentrazioni eccessive dei benefici su pochi grandi operatori a scapito delle realtà medio-piccole.
Il dibattito che accompagna la misura mette in evidenza una tensione strutturale tra due esigenze diverse. Da un lato, vi è la necessità di garantire stabilità finanziaria e di evitare che il tax credit diventi una voce di spesa fuori controllo. Dall’altro, il settore cinematografico sottolinea come la prevedibilità e l’ampiezza degli incentivi siano state determinanti per la crescita dell’industria e per l’arrivo di produzioni internazionali, con ricadute economiche che vanno ben oltre il perimetro del cinema, coinvolgendo turismo, servizi e occupazione locale. Il tetto al credito d’imposta introduce quindi un elemento di incertezza che potrebbe incidere sulla programmazione dei progetti, soprattutto in una fase in cui il mercato globale dell’audiovisivo è attraversato da profonde trasformazioni legate alle piattaforme digitali e alla riorganizzazione dei modelli di distribuzione.
La legge di Bilancio ridisegna così il perimetro dell’intervento pubblico nel cinema, spostando l’attenzione dalla quantità degli incentivi alla loro efficacia. L’obiettivo implicito è quello di passare da una logica espansiva a una più selettiva, nella quale il sostegno venga orientato verso progetti ritenuti maggiormente coerenti con le finalità culturali e industriali del settore. Questo approccio solleva interrogativi sulla capacità del sistema di mantenere i livelli di produzione raggiunti negli ultimi anni e di continuare a competere su scala internazionale. Il tetto al tax credit diventa quindi uno snodo cruciale per il futuro del cinema italiano, chiamato a misurarsi con un contesto di risorse più limitate ma anche con l’opportunità di ripensare modelli produttivi e strategie di crescita in un quadro di maggiore equilibrio tra intervento pubblico e sostenibilità economica.

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