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Russia-Ucraina, negoziati in bilico a Istanbul: Zelensky pone condizioni, Mosca non chiarisce la presenza di Putin

Il prossimo 15 maggio Istanbul ospiterà un nuovo tentativo di colloquio tra Russia e Ucraina, in un contesto internazionale segnato da una crescente pressione diplomatica e militare. La novità più rilevante è che, a differenza dei precedenti incontri a livello tecnico o ministeriale, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha posto come condizione per la propria partecipazione la presenza del suo omologo russo Vladimir Putin. Una scelta che sottolinea la volontà di affrontare il cuore del conflitto al massimo livello politico, ma che, allo stesso tempo, apre una serie di incognite sulla reale fattibilità del negoziato.


Dalla parte russa, il Cremlino ha confermato l’intenzione di inviare una delegazione a Istanbul, senza però specificare se sarà guidata dallo stesso Putin. Il portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato che “la Russia resta disponibile a trattare, ma non accetta condizioni pregiudiziali”, lasciando intendere che la presenza del presidente non è garantita. Questa ambiguità ha alimentato il clima di incertezza intorno all'incontro, che già di per sé si annuncia fragile e complesso. Zelensky, da parte sua, ha ribadito che non parteciperà a un incontro “tra funzionari senza potere decisionale”, definendo il colloquio “utile solo se Putin siederà al tavolo con responsabilità e intenzioni chiare”.


Alla base della proposta russa di riaprire i negoziati c’è una disponibilità apparente a esplorare soluzioni politiche, ma senza accettare condizioni imposte. Kiev ha chiarito, tuttavia, che ogni ipotesi di trattativa può essere credibile solo dopo un cessate il fuoco di almeno trenta giorni, richiesto a gran voce anche da Stati Uniti, Francia e Germania. La Russia, per contro, ha definito inaccettabile ogni richiesta che suoni come un ultimatum. Secondo Peskov, “non si può negoziare sotto pressione e minacce”, e Mosca si dice disposta a discutere solo in un clima “di pari dignità e reciproco riconoscimento delle esigenze di sicurezza”.


Sul piano geopolitico, si registra un nuovo attivismo da parte dell’ex presidente statunitense Donald Trump, in queste settimane impegnato in una serie di incontri diplomatici tra Arabia Saudita, Qatar e Israele. Trump ha dichiarato di essere pronto a partecipare ai colloqui di Istanbul in qualità di osservatore, auspicando che la sua presenza possa contribuire a sbloccare la situazione. Zelensky si è detto favorevole alla partecipazione di Trump, ritenendo che “ogni attore internazionale con peso e influenza può fare la differenza per fermare la guerra”.


Anche l’Unione Europea segue con attenzione le dinamiche. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato che “l’UE è pronta ad applicare nuove sanzioni contro Mosca se non ci sarà un impegno credibile verso il cessate il fuoco e la protezione dei civili”. Secondo Bruxelles, la prosecuzione delle ostilità nei giorni precedenti al 15 maggio potrebbe compromettere definitivamente la credibilità dell’incontro e rafforzare le posizioni più dure all’interno del Consiglio europeo.


Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan si è proposto come mediatore, insistendo sul ruolo strategico della Turchia come ponte tra Est e Ovest. Già protagonista dei negoziati sul grano nel Mar Nero, Ankara ha rilanciato la propria candidatura come sede stabile di colloqui futuri. Erdoğan ha dichiarato che “la Turchia è pronta a offrire ogni supporto necessario affinché Mosca e Kiev possano ritrovare la via del dialogo e porre fine alle sofferenze della popolazione civile”. Proprio l’aspetto umanitario è al centro delle preoccupazioni dell’ONU, che ha denunciato la drammatica condizione di circa un milione di sfollati lungo le linee del fronte, soprattutto nelle regioni di Zaporizhzhia e Kharkiv.


A complicare ulteriormente la situazione è l’intensificarsi degli scontri nelle ultime settimane. Le forze armate russe hanno lanciato nuovi attacchi missilistici contro infrastrutture energetiche in Ucraina orientale, mentre le truppe ucraine continuano le controffensive lungo il fiume Dnipro. Gli analisti militari parlano di una fase “altamente instabile” del conflitto, in cui le parti stanno cercando di rafforzare le proprie posizioni sul campo prima dell’eventuale tregua.


Il timore, espresso da numerosi osservatori internazionali, è che l’incontro di Istanbul possa trasformarsi in una passerella diplomatica senza contenuti concreti, se non verranno create prima le condizioni minime di fiducia reciproca. Senza la presenza dei leader al massimo livello, e senza un segnale tangibile di tregua, il summit rischia di essere l’ennesima occasione mancata in un conflitto che ha già superato i tre anni, causando oltre 500.000 vittime tra militari e civili. La strada per la pace resta dunque ancora lunga, e irta di ostacoli politici, militari e simbolici.

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