Raid israeliani a Gaza, strage tra i civili in fila per gli aiuti: almeno 18 morti
- piscitellidaniel
- 19 giu
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Almeno diciotto persone sono rimaste uccise questa mattina nella Striscia di Gaza a seguito di una serie di attacchi aerei condotti da Israele. Quindici delle vittime si trovavano in attesa di ricevere aiuti umanitari nella zona centrale dell’enclave. Le altre tre sono state colpite nell’area di Gaza City. Lo ha riferito Mohammed al‑Mughayyir, funzionario della Protezione Civile locale, in un’intervista rilasciata all’agenzia AFP.
Il raid ha centrato un’area di raccolta per la distribuzione degli aiuti, dove centinaia di persone si trovavano in fila da ore. Il colpo ha provocato una strage improvvisa. Le immagini diffuse dopo l’attacco mostrano corpi a terra, ambulanze che faticano a intervenire, e la popolazione in preda al panico. Le condizioni della zona, priva di strutture mediche operative e senza protezioni per i civili, hanno reso impossibile soccorrere tempestivamente i feriti.
Non è la prima volta che una zona dedicata alla distribuzione umanitaria viene colpita. Negli ultimi mesi, le forze israeliane hanno attaccato ripetutamente aree ritenute “sicure” dalle autorità locali, comprese scuole, ospedali, convogli della Mezzaluna Rossa e magazzini di aiuti. L’episodio odierno, tuttavia, avviene in un momento di emergenza assoluta: dal 2 marzo, l’ingresso degli aiuti nella Striscia è praticamente bloccato.
La popolazione civile è allo stremo. Secondo stime indipendenti, in molti quartieri l’accesso a cibo e acqua potabile è scomparso da settimane. Le razioni consegnate dalle agenzie ONU sono insufficienti a coprire anche una minima parte della domanda. Molte famiglie sopravvivono nutrendosi di farina mescolata ad acqua, senza elettricità né farmaci. Le strutture sanitarie, quelle ancora funzionanti, operano in condizioni di collasso: mancano anestetici, antibiotici, perfino guanti e acqua per sterilizzare le attrezzature.
Lo scenario si aggrava ulteriormente se si considerano i dati raccolti da istituti accademici e sanitari. Una simulazione pubblicata da The Lancet prevede che le morti indirette per fame, infezioni e mancanza di assistenza sanitaria potrebbero superare il numero dei decessi da trauma diretto. Gli autori parlano di oltre 65.000 morti probabili entro l’autunno, se le condizioni attuali dovessero persistere. La cifra si aggiunge ai circa 38.000 decessi già registrati dalle autorità sanitarie palestinesi.
L’esercito israeliano non ha fornito commenti sull’attacco che ha provocato i 18 morti di oggi. Fonti ufficiali si limitano a ribadire che le operazioni sono dirette a eliminare le cellule armate di Hamas e altri gruppi jihadisti. Non è chiaro, però, quale fosse l’obiettivo militare nella zona di distribuzione colpita questa mattina. Nessuna fonte israeliana ha segnalato la presenza di combattenti tra le vittime.
Hamas ha definito l’attacco un’“esecuzione deliberata” contro civili affamati. Il movimento ha chiesto l’intervento urgente delle Nazioni Unite e ha accusato Israele di usare la fame come arma di guerra. Secondo fonti interne a Hamas, attacchi simili avrebbero già causato almeno 2.000 vittime civili negli ultimi tre mesi in aree adibite alla distribuzione degli aiuti.
L’episodio di oggi ha già innescato una nuova ondata di critiche internazionali. ONG come Amnesty International e Human Rights Watch chiedono che venga aperta un’indagine indipendente per accertare la violazione del diritto internazionale umanitario. Diverse agenzie delle Nazioni Unite, inclusi OCHA e UNRWA, hanno denunciato l’impossibilità di operare in sicurezza nella Striscia a causa dei continui attacchi nei pressi dei centri logistici.
Le pressioni diplomatiche sull’esecutivo israeliano aumentano, ma con scarsi risultati concreti. Il Regno Unito ha ribadito la richiesta di un cessate il fuoco immediato, sostenendo che la popolazione di Gaza “non può più sopportare né la fame né il fuoco”. Gli Stati Uniti, pur non condannando esplicitamente l’attacco odierno, continuano a sollecitare Israele a evitare “danni collaterali” e facilitare l’ingresso degli aiuti.
Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il tentativo di far approvare una nuova risoluzione per l’immediata sospensione delle operazioni militari è stato bloccato dal veto di Stati Uniti e Regno Unito. Di conseguenza, le uniche iniziative diplomatiche attive restano quelle mediate dall’Egitto e dal Qatar, che però si concentrano più sulla liberazione degli ostaggi israeliani che sulla protezione dei civili palestinesi.
Nel frattempo, la realtà sul terreno peggiora. Le aree colpite dai raid si moltiplicano: ieri sera le forze israeliane hanno bombardato zone residenziali a Khan Younis e Rafah. Anche in questi attacchi si contano numerosi morti, tra cui diversi bambini. Nella sola giornata di ieri sono stati registrati almeno 38 decessi tra la popolazione non coinvolta in attività belliche.
Le condizioni di sicurezza per i volontari sono ormai inesistenti. Le principali ONG umanitarie hanno sospeso temporaneamente le loro attività in alcune zone della Striscia, in attesa di garanzie minime per la sicurezza del personale. I convogli umanitari restano bloccati al confine con l’Egitto, dove tonnellate di viveri e medicine marciscono sotto il sole.
Il punto di distribuzione colpito oggi era uno dei pochi ancora operativi nella zona centrale della Striscia. I residenti avevano ricevuto indicazioni che lì sarebbero arrivati pacchi alimentari donati dal Programma Alimentare Mondiale. Dopo l’attacco, l’area è stata dichiarata inaccessibile e la distribuzione sospesa a tempo indeterminato.
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