top of page
Jlc news - blu.png

Putin propone negoziati diretti con Kiev il 15 maggio a Istanbul: apertura strategica o manovra diplomatica?

Vladimir Putin ha ufficialmente proposto di incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per dei negoziati diretti a Istanbul il 15 maggio, dichiarando la propria disponibilità a sedersi al tavolo “senza condizioni preliminari”. La mossa ha colto di sorpresa gran parte della comunità internazionale, ma non è priva di ambiguità, poiché giunge in concomitanza con una nuova ondata di attacchi missilistici e droni lanciati dalla Russia sul territorio ucraino. Nonostante il tono distensivo utilizzato dal Cremlino, molti analisti leggono l’apertura russa come una manovra tattica più che come un reale cambio di strategia.


La reazione di Kiev è stata immediata ma prudente. Zelensky ha dichiarato di essere aperto al dialogo e alla possibilità di incontrare Putin nella data proposta, ma ha posto come condizione essenziale l’attuazione di un cessate il fuoco immediato. Il presidente ucraino ha sottolineato che l'Ucraina non può partecipare a colloqui mentre le proprie città continuano a subire bombardamenti. Ha inoltre ribadito che qualsiasi negoziato dovrà includere la restituzione dei territori occupati, la liberazione dei prigionieri di guerra e garanzie di sicurezza a lungo termine, richieste che il Cremlino ha sempre respinto nei precedenti round negoziali.


Sul fronte internazionale, la proposta russa ha prodotto una spaccatura tra le principali potenze. L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che continua a esercitare un forte peso nella politica estera statunitense in vista delle prossime elezioni, ha incoraggiato Zelensky ad accettare l’invito russo senza condizioni. Trump ha pubblicato un comunicato in cui sostiene che “la pace va costruita parlando, non combattendo”, e che il tempo per i preamboli è finito. Questo intervento ha generato forti perplessità a Bruxelles, dove i vertici dell’Unione Europea temono che un’accettazione incondizionata dei colloqui potrebbe legittimare l’aggressione russa e portare a concessioni forzate da parte ucraina.


Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha confermato la disponibilità di Putin e ha accusato i Paesi occidentali di ostacolare il processo di pace, imponendo “ultimatum” a Kiev e incoraggiando il proseguimento del conflitto. Peskov ha dichiarato che la Russia si presenterà a Istanbul con una “proposta realistica per la stabilizzazione della regione”, ma ha evitato di fornire dettagli sulle eventuali concessioni che Mosca sarebbe disposta a fare. In passato, ogni apertura diplomatica russa si è infatti accompagnata a richieste irrealistiche per Kiev, come il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea e sulle aree occupate del Donbass.


Mentre si discute della possibilità di colloqui, la guerra continua sul terreno. Solo nella notte tra l’11 e il 12 maggio, l’esercito russo ha lanciato oltre 100 droni Shahed, accompagnati da missili balistici, colpendo diverse infrastrutture civili in Ucraina centrale e orientale. Le forze ucraine hanno dichiarato di aver intercettato circa il 70% dei dispositivi lanciati, ma gli attacchi hanno comunque provocato morti e feriti in diverse regioni, tra cui Kharkiv e Dnipro. A Kiev, si è registrato un blackout temporaneo in seguito al danneggiamento di una centrale elettrica. La coincidenza temporale tra questi raid e la proposta di negoziati è stata definita “un atto di cinismo geopolitico” dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.


Il governo turco, attraverso il presidente Recep Tayyip Erdoğan, si è detto pronto a ospitare l’incontro. Ankara, che mantiene rapporti diplomatici attivi sia con Mosca che con Kiev, ha già svolto un ruolo importante nei primi tentativi di mediazione nel 2022 e nel coordinamento degli accordi sul grano nel Mar Nero. Erdoğan ha parlato di “un’occasione cruciale per far ripartire il dialogo” e ha chiesto a entrambe le parti di fare “passi audaci” verso la pace.


L’opinione pubblica ucraina si mostra divisa. Da un lato cresce la stanchezza per un conflitto che sembra non avere fine; dall’altro vi è un forte sentimento di sfiducia nei confronti di Mosca. Le organizzazioni civili e le famiglie degli sfollati chiedono garanzie concrete prima di qualsiasi apertura. Secondo un recente sondaggio condotto a livello nazionale, il 62% degli ucraini è contrario ad avviare colloqui finché non vi sia un cessate il fuoco verificabile.


All’interno della stessa Russia, la proposta di Putin non ha ricevuto un’accoglienza unanime. Alcuni ambienti nazionalisti l’hanno percepita come un segno di debolezza, mentre altri la vedono come una mossa tattica per riorganizzare le forze sul campo. La situazione militare, secondo molti osservatori indipendenti, vede le truppe russe in difficoltà logistica in alcune aree del fronte sud-orientale, dove l’esercito ucraino avrebbe ripreso parte del controllo.


In questo contesto complesso, la data del 15 maggio potrebbe rappresentare uno snodo decisivo. Se l’incontro avverrà, sarà il primo faccia a faccia tra Putin e Zelensky dall’inizio dell’invasione. Resta da vedere se sarà davvero il primo passo verso una soluzione diplomatica, o solo un’ulteriore occasione sprecata in un conflitto che ha già causato oltre mezzo milione di vittime tra militari e civili.

Post correlati

Mostra tutti

Comentários


Le ultime notizie

bottom of page