Le nuove regole Ue sull’auto non salveranno l’industria: tra transizione elettrica, concorrenza cinese e costi fuori controllo
- piscitellidaniel
- 11 ore fa
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Le nuove regole europee destinate a ridisegnare il futuro dell’industria automobilistica non sembrano in grado, secondo analisti e operatori del settore, di garantire la sopravvivenza e la competitività del comparto nel medio periodo. La revisione della normativa sulle emissioni, gli standard tecnici per i nuovi modelli e le deroghe concesse agli Stati membri non stanno infatti producendo gli effetti auspicati dalle aziende, che si confrontano con una fase storica segnata da costi di produzione elevati, ritardi infrastrutturali, calo della domanda di auto elettriche e crescente pressione da parte dei costruttori cinesi. Le misure approvate a Bruxelles, pur avendo introdotto un allentamento rispetto alle versioni più rigide inizialmente proposte, vengono considerate insufficienti per correggere le criticità strutturali del mercato.
Il percorso verso l’elettrificazione, confermato come asse strategico della politica industriale europea, rimane caratterizzato da una forte asimmetria tra gli obiettivi imposti ai costruttori e la capacità reale del mercato di assorbirne i costi. La domanda di auto elettriche, dopo la crescita sostenuta degli ultimi anni, ha subito un rallentamento significativo dovuto ai prezzi ancora troppo elevati, ai tempi di ricarica, alla scarsità delle infrastrutture e all’incertezza dei consumatori rispetto alla durata delle batterie e al valore residuo dei veicoli. Le nuove regole non risolvono queste fragilità del sistema, lasciando alle case automobilistiche l’onere di investimenti ingenti senza garanzie di ritorno.
Parallelamente, si accentua la competizione internazionale, con la Cina che continua a espandere la propria presenza nei mercati europei grazie a marchi che propongono modelli elettrici di fascia media a prezzi estremamente competitivi. I dazi introdotti dall’Ue contro il dumping tecnologico e industriale cinese rappresentano un tentativo di protezione, ma non affrontano il nodo principale: il vantaggio strutturale dei produttori asiatici in termini di filiera delle batterie, costo del lavoro e sostegno pubblico. Le nuove regole europee non intervengono su questi elementi, lasciando irrisolta la distanza competitiva tra produttori europei e cinesi.
L’industria europea dell’auto lamenta inoltre un aumento della complessità normativa, che porta a un incremento dei costi di certificazione e di progettazione dei modelli. Gli standard tecnici continui e la necessità di adeguarsi a un quadro regolatorio in costante evoluzione rappresentano un ostacolo per la pianificazione industriale, soprattutto per le aziende di dimensioni medio-piccole che non dispongono della stessa capacità di investimento dei grandi gruppi. L’Europa rischia così di polarizzare ulteriormente il settore, rafforzando solo i player con maggiori capitali e lasciando in difficoltà i marchi storici che operano su scala regionale.
Anche la filiera della componentistica, che costituisce uno degli asset più importanti dell’industria automobilistica europea, si trova sotto pressione. La transizione all’elettrico comporta una riduzione del numero di componenti tradizionali, con effetti pesanti sulle imprese specializzate nel motore termico e nelle parti meccaniche. Le nuove regole non includono misure di accompagnamento che facilitino la riconversione industriale, lasciando molte aziende senza una strategia di lungo periodo per rimanere competitive. Il rischio è che una parte rilevante della filiera europea si trovi costretta a chiudere o a delocalizzare.
L’assenza di una politica industriale unitaria a livello europeo è un altro elemento che incide sulla capacità del settore di affrontare la transizione. Ogni Stato membro procede con incentivi differenti, strategie energetiche non coordinate e investimenti disomogenei nella rete di ricarica. Le nuove regole Ue tentano di creare un quadro armonizzato, ma non superano la frammentazione nazionale, che continua a rappresentare un limite per lo sviluppo di un mercato realmente integrato e competitivo. Le case automobilistiche devono quindi operare in un contesto regolatorio variabile, che rende più complesso pianificare investimenti pluriennali.
Il riassetto dell’industria automobilistica europea richiederebbe interventi più radicali: investimenti prioritari nella produzione di batterie, una strategia comune sulla sicurezza energetica, incentivi omogenei alla domanda e un sostegno deciso alla riconversione della filiera. Le nuove regole approvate non affrontano ancora questi nodi strutturali e lasciano l’Europa esposta a rischi industriali significativi in una fase di profonda trasformazione tecnologica. L’industria guarda quindi con preoccupazione al futuro, consapevole che la transizione ecologica resta inevitabile, ma che senza strumenti più efficaci e coordinati l’intero settore rischia di perdere ulteriore terreno rispetto ai concorrenti globali.

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