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Lavoro e produttività: il nodo irrisolto della crescita italiana

Il mercato del lavoro italiano continua a presentare una contraddizione strutturale. Da un lato, i livelli occupazionali mostrano una tenuta complessiva. Dall’altro, la produttività resta stagnante, limitando la capacità del sistema economico di generare valore aggiunto. Questo squilibrio incide direttamente sui salari reali e sulla competitività delle imprese.

La frammentazione del tessuto produttivo, caratterizzato da una prevalenza di piccole realtà, rende complesso l’accesso a investimenti tecnologici e formazione avanzata. Molte imprese operano con margini ridotti e privilegiano strategie di breve periodo, rinviando innovazioni che potrebbero migliorare l’efficienza nel medio termine. Il risultato è una crescita occupazionale che non si traduce in un aumento proporzionale della ricchezza prodotta.

Sul piano delle competenze, il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro rimane significativo. I profili altamente specializzati sono richiesti, ma spesso difficili da reperire. Al contempo, una parte consistente della forza lavoro è impiegata in mansioni a basso valore aggiunto, con limitate prospettive di progressione salariale.

Affrontare il nodo della produttività richiede interventi coordinati. Politiche attive del lavoro, incentivi mirati agli investimenti innovativi e un sistema formativo più aderente alle esigenze delle imprese sono passaggi obbligati. Senza un cambio di paradigma, il rischio è quello di una crescita quantitativa priva di reale sviluppo qualitativo.

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