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La marina israeliana intercetta la nave Madleen: attivisti fermati mentre tentavano di forzare il blocco su Gaza

Nella notte tra l’8 e il 9 giugno 2025, la marina israeliana ha intercettato e preso il controllo della nave Madleen, imbarcazione appartenente alla Freedom Flotilla Coalition, mentre si trovava in navigazione in acque internazionali a circa 90 miglia nautiche dalla Striscia di Gaza. La nave trasportava aiuti umanitari destinati alla popolazione civile e aveva a bordo 12 passeggeri, tra cui l’attivista climatica svedese Greta Thunberg e l’europarlamentare francese Rima Hassan. L’operazione ha sollevato immediatamente un’ondata di reazioni internazionali, ponendo nuovamente sotto i riflettori la questione del blocco navale imposto da Israele alla Striscia di Gaza dal 2007.


Chi erano gli attivisti a bordo e quale missione stava svolgendo la Madleen

La nave Madleen, uno yacht lungo 20 metri, era partita il 1° giugno da Catania, in Sicilia. L’obiettivo dichiarato della missione era di portare simbolicamente aiuti umanitari a Gaza, tra cui generi alimentari di base, latte in polvere per neonati, medicinali, pannolini, strumenti per la desalinizzazione dell’acqua, kit igienico-sanitari e materiale ortopedico per bambini feriti. La missione si inserisce all’interno di una campagna lanciata dalla Freedom Flotilla Coalition, un’organizzazione internazionale che da anni tenta di rompere il blocco navale imposto da Israele sulla Striscia di Gaza.


A bordo si trovavano attivisti provenienti da diverse nazionalità, tra cui medici, volontari per i diritti umani e figure pubbliche come Greta Thunberg, nota per la sua battaglia contro il cambiamento climatico, e Rima Hassan, membro del Parlamento europeo e tra le voci più attive in difesa dei diritti dei palestinesi. Il nome della nave, “Madleen”, è un omaggio a Madleen Kulab, prima pescatrice professionista nella Striscia di Gaza, divenuta simbolo della resilienza civile nell’enclave costiera.


La dinamica dell’abbordaggio e le dichiarazioni ufficiali

Secondo il racconto fornito dalla Freedom Flotilla Coalition, l’intercettazione è avvenuta intorno alle ore 3:00 del mattino. Le forze navali israeliane hanno contattato via radio l’equipaggio della Madleen, intimando di cambiare rotta. Al rifiuto degli attivisti, alcuni commandos sono saliti a bordo e hanno preso il controllo dell’imbarcazione senza uso di forza e senza feriti, ma dichiarando la nave in violazione del blocco militare marittimo imposto da Israele.


Il ministero degli Esteri israeliano ha confermato l’operazione, affermando che si è trattato di un’azione necessaria per impedire un ingresso non autorizzato in una zona militare. Tutti i passeggeri sono stati trattenuti temporaneamente e verranno rimpatriati nei rispettivi paesi entro le prossime 48 ore. Le autorità israeliane hanno anche fatto sapere che gli aiuti trasportati dalla nave verranno consegnati, tramite canali ufficiali, alla popolazione di Gaza dopo i dovuti controlli.


Le accuse di pirateria e le reazioni della Freedom Flotilla Coalition

La Freedom Flotilla Coalition ha denunciato l’azione israeliana come una grave violazione del diritto internazionale marittimo, accusando Tel Aviv di aver compiuto un atto di pirateria in acque internazionali. In un comunicato ufficiale, l’organizzazione ha definito l’abbordaggio “un atto di terrorismo di Stato” contro civili disarmati impegnati in una missione pacifica di aiuto umanitario. Gli organizzatori della missione hanno inoltre espresso la volontà di continuare le iniziative volte a rompere il blocco, annunciando l’intenzione di inviare nuove navi verso Gaza.


Anche Hamas, attualmente al potere nella Striscia di Gaza, ha commentato l’accaduto, parlando di “aggressione contro la solidarietà internazionale” e lodando il coraggio degli attivisti a bordo della Madleen. L’organizzazione ha inoltre chiesto alla comunità internazionale di condannare il blocco navale israeliano, definito una forma di punizione collettiva contro i civili.


Il quadro legale e il dibattito internazionale

L’episodio ha riacceso il dibattito sul blocco navale israeliano, da tempo al centro di controversie giuridiche e diplomatiche. Secondo Israele, il blocco è una misura legittima di autodifesa volta a impedire il traffico di armi verso Hamas. Tuttavia, numerose organizzazioni internazionali, tra cui l’ONU, Amnesty International e Human Rights Watch, considerano il blocco una violazione del diritto internazionale umanitario, in quanto impone restrizioni sproporzionate alla libertà di movimento e al commercio per una popolazione di oltre due milioni di persone.


In risposta all’intercettazione della Madleen, la Relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei territori palestinesi, Francesca Albanese, ha pubblicamente sostenuto la missione e ha invitato altri porti del Mediterraneo ad organizzare azioni simili. Secondo Albanese, il blocco rappresenta una forma sistematica di oppressione e un ostacolo alla sopravvivenza dei civili a Gaza.


Il contesto della crisi umanitaria a Gaza

L’intercettazione della Madleen avviene in un momento particolarmente drammatico per la popolazione di Gaza, stretta tra le macerie del conflitto e una crisi umanitaria che si aggrava ogni giorno. Dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, che ha causato oltre 1.200 vittime israeliane e il rapimento di 251 civili, Israele ha lanciato una campagna militare su vasta scala contro la Striscia. Secondo i dati forniti dal Ministero della Sanità di Gaza, sotto il controllo di Hamas, le vittime palestinesi avrebbero superato quota 54.000, tra cui migliaia di bambini.


Le agenzie umanitarie denunciano una situazione di carestia diffusa, mancanza di acqua potabile e accesso estremamente limitato alle cure mediche. L’ingresso di aiuti attraverso i valichi terrestri è ostacolato da restrizioni militari e da problemi logistici legati all’insicurezza diffusa. In questo contesto, le iniziative via mare come quella della Madleen rappresentano non solo un gesto simbolico di solidarietà, ma anche una concreta possibilità di soccorso.


Precedenti storici e impatto politico

Non è la prima volta che imbarcazioni civili tentano di rompere il blocco navale su Gaza. Il precedente più noto è quello della Mavi Marmara nel 2010, quando un convoglio umanitario partito dalla Turchia fu abbordato dalla marina israeliana in un’operazione che causò la morte di nove attivisti. Quel caso sollevò un’ondata di indignazione internazionale e portò a un temporaneo deterioramento dei rapporti diplomatici tra Israele e Ankara.


L’abbordaggio della Madleen ha il potenziale per riaprire una frattura politica simile, soprattutto con i paesi europei. La presenza a bordo di un’europarlamentare ha spinto Bruxelles a chiedere chiarimenti a Israele sull’operazione. Al momento non si segnalano conseguenze diplomatiche rilevanti, ma la tensione è palpabile, e ulteriori sviluppi potrebbero influenzare il già complesso equilibrio del conflitto in Medio Oriente.

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