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La Danimarca dice addio a Microsoft Office: la svolta digitale punta su software open source per affermare la sovranità tecnologica

Il governo danese ha annunciato ufficialmente l'avvio di una transizione radicale nei sistemi informatici della pubblica amministrazione. A partire dal secondo semestre del 2025, il Ministero per gli Affari digitali eliminerà progressivamente l’utilizzo di Microsoft Office 365, sostituendolo con soluzioni open source come LibreOffice. La decisione, parte di un più ampio piano strategico di digitalizzazione nazionale, mira a rafforzare l’indipendenza tecnologica dello Stato, riducendo la dipendenza da fornitori esteri e garantendo un maggiore controllo sui dati e sulle infrastrutture digitali.


Il primo passaggio operativo riguarderà la sostituzione della suite Office nei computer dei funzionari governativi. Le applicazioni più comunemente utilizzate – Word, Excel, PowerPoint – saranno rimpiazzate dalle equivalenti open source: Writer, Calc e Impress. Questo intervento sarà attuato inizialmente sul 50% dei dispositivi ministeriali, con un’espansione graduale fino alla completa migrazione prevista entro il 2026. Contestualmente, anche il sistema operativo Windows sarà abbandonato, sostituito da distribuzioni Linux compatibili con l’ambiente lavorativo pubblico e sviluppate in collaborazione con l’ecosistema open source europeo.


L’obiettivo dichiarato è duplice: contenere i costi legati alle licenze software e rafforzare la sicurezza informatica, evitando l’esposizione a eventuali vincoli contrattuali o modifiche unilaterali imposte da aziende non europee. Il Ministero ha motivato la scelta anche in chiave geopolitica, sottolineando la necessità di preservare la neutralità tecnologica della pubblica amministrazione, in un momento storico segnato da forti tensioni internazionali sulla gestione dei dati, il cloud e la proprietà intellettuale.


La Danimarca si inserisce così nel solco di una tendenza già avviata da altri Paesi europei, come Francia, Germania e Paesi Bassi, che hanno iniziato a valutare alternative ai software proprietari, in particolare in settori sensibili come sanità, giustizia, istruzione e pubblica sicurezza. La strategia danese è però la più radicale finora annunciata: non si tratta di un progetto pilota o di una sperimentazione circoscritta, ma di un piano strutturale con obiettivi chiari e scadenze precise.


A sostegno del piano, il governo ha previsto la creazione di un team tecnico congiunto, composto da esperti del settore pubblico e da rappresentanti delle principali comunità di sviluppo open source. Tra le attività prioritarie figurano la formazione del personale, la riscrittura di procedure interne per adattarle al nuovo software e la mappatura dei flussi documentali. È stato inoltre istituito un fondo pubblico per sostenere le amministrazioni locali nella migrazione, con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro.


La decisione ha già suscitato forti reazioni nel panorama tecnologico internazionale. Microsoft non ha rilasciato commenti ufficiali, ma fonti vicine all’azienda hanno espresso preoccupazione per un precedente che potrebbe essere seguito da altri governi, innescando una revisione degli equilibri commerciali nel settore della fornitura di software per la pubblica amministrazione. Le vendite delle licenze Office 365 e Windows rappresentano una quota rilevante dei contratti con enti pubblici in Europa, e una contrazione anche parziale potrebbe avere ripercussioni sull’intero comparto.


Le organizzazioni per i diritti digitali hanno accolto con favore la scelta danese, considerandola un atto di responsabilizzazione nei confronti dei cittadini e una difesa attiva della sovranità tecnologica. Secondo l’associazione European Digital Rights, la mossa del governo di Copenaghen rafforza l’idea che il software utilizzato nella pubblica amministrazione debba essere trasparente, accessibile e modificabile. Solo così – secondo i promotori dell’open source – si può garantire che i dati dei cittadini siano trattati nel rispetto dei principi democratici e delle leggi nazionali, senza dipendere da contratti firmati con soggetti extraeuropei.


Nel medio periodo, la Danimarca intende estendere la transizione anche ad altri ambiti dell’infrastruttura digitale pubblica. Sono allo studio nuove soluzioni per sostituire Microsoft Exchange con sistemi di posta elettronica open source, nonché l’adozione di piattaforme di videoconferenza e collaborazione sviluppate in ambiente Linux. Il governo prevede di integrare anche soluzioni di cloud sovrano, per mantenere l’intera gestione dei dati pubblici all’interno di data center situati nel territorio nazionale o in altri paesi UE.


Le difficoltà non mancano, in particolare sul fronte della compatibilità dei documenti, delle abitudini d’uso e della continuità operativa. Il passaggio da Office a LibreOffice non è privo di ostacoli, e richiede un adeguamento non solo tecnologico ma anche culturale. Per questo motivo, la strategia danese prevede un investimento importante nella formazione continua dei dipendenti pubblici e nell’assistenza tecnica durante la fase di transizione. Sarà attivato un help desk nazionale, con il compito di supportare in tempo reale le amministrazioni durante i primi mesi di utilizzo delle nuove piattaforme.


Il governo danese ha inoltre specificato che la decisione non nasce da un problema specifico con Microsoft, ma da un’esigenza di sistema, volta a ridurre la dipendenza strutturale da qualsiasi fornitore monopolista. La questione non è quindi limitata al singolo software, ma riguarda la capacità dello Stato di garantire resilienza, flessibilità e sostenibilità economica nelle scelte digitali di lungo termine.


L’intera operazione sarà monitorata con una valutazione trimestrale dei progressi, resa pubblica attraverso report dettagliati. In base ai risultati ottenuti, il piano potrà essere adattato e replicato in altri ministeri o enti pubblici, fino a definire un modello nazionale condiviso di adozione del software libero. L’iniziativa danese, già definita come “open source first”, rappresenta uno dei più ambiziosi tentativi in Europa di riformare l’informatica pubblica secondo criteri di apertura, autonomia e trasparenza.

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