La Banca d’Inghilterra taglia i tassi al 4,25%: prima apertura a una fase espansiva dopo due anni di rialzi
- piscitellidaniel
- 8 mag
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La Banca d’Inghilterra ha tagliato il tasso di interesse principale di riferimento di 25 punti base, portandolo dal 4,5% al 4,25%. La decisione è arrivata l’8 maggio 2025 al termine della riunione del Monetary Policy Committee (MPC), segnando la prima mossa espansiva dopo una lunga serie di aumenti iniziata nel 2022 per contrastare l’inflazione galoppante nel Regno Unito. Il taglio è stato approvato con cinque voti favorevoli, due contrari favorevoli a un taglio più deciso da 50 punti, e due voti per il mantenimento dello status quo. La divisione interna al comitato riflette le incertezze che ancora gravano sull’evoluzione del ciclo economico britannico e globale.
A motivare la decisione, secondo la nota ufficiale della Banca centrale, è stata la combinazione di due fattori principali: la discesa più rapida del previsto dell’inflazione e l’aggravarsi delle condizioni commerciali a livello internazionale, in particolare per gli effetti delle politiche tariffarie imposte dall’amministrazione Trump. L’inflazione, che aveva superato il 10% nel 2023, è progressivamente scesa fino al 2,6% su base annua nel marzo 2025, avvicinandosi all’obiettivo del 2% fissato dalla stessa BoE. Tuttavia, le stime della banca centrale prevedono un temporaneo rimbalzo al 3,75% nel terzo trimestre dell’anno, prima di tornare verso l’obiettivo nel 2026.
Nel frattempo, il quadro macroeconomico del Regno Unito mostra segnali di indebolimento. Nel primo trimestre del 2025 il prodotto interno lordo è cresciuto solo dello 0,3%, e la Banca ha rivisto al ribasso le stime di crescita annua, prevedendo ora un +0,75% per l’intero anno. L’occupazione rimane solida, ma il tasso di disoccupazione è leggermente salito al 4,2%, mentre i salari reali crescono a un ritmo inferiore rispetto al biennio precedente. La domanda interna è fiacca, e le esportazioni risentono delle barriere tariffarie imposte a livello globale, in particolare nei confronti di Stati Uniti e Cina.
L’impatto più diretto del taglio dei tassi sarà sul costo del denaro per famiglie e imprese. Secondo le stime di settore, circa 1,1 milioni di mutuatari con tassi variabili o indicizzati vedranno una riduzione delle rate tra le 166 e le 347 sterline all’anno, a seconda del valore residuo del mutuo. Inoltre, circa 1,6 milioni di mutui a tasso fisso sono in scadenza nei prossimi dodici mesi e potrebbero essere rinegoziati a condizioni migliori rispetto a quelle praticate nei mesi scorsi. D’altra parte, i tassi di interesse sui depositi bancari e sui conti di risparmio potrebbero scendere leggermente, penalizzando i risparmiatori, soprattutto pensionati e famiglie con basso profilo di rischio.
Sul piano dei mercati finanziari, la reazione alla decisione è stata positiva. Il FTSE 100 ha chiuso in rialzo dello 0,3%, mentre il FTSE 250, più legato all’economia interna, ha guadagnato lo 0,9%. La sterlina è rimasta sostanzialmente stabile nei confronti dell’euro e del dollaro, riflettendo l’ampio consenso tra gli operatori sulla mossa della BoE. Le aspettative di ulteriori tagli sono aumentate, con i future sui tassi che ora prezzano due riduzioni da 25 punti entro la fine del 2025.
Un elemento centrale che ha influenzato la decisione della banca centrale è il nuovo accordo commerciale tra Regno Unito e Stati Uniti, annunciato in parallelo alla riunione del MPC. L’intesa prevede la riduzione di dazi su una serie di beni industriali e agricoli, e l’impegno britannico a rivedere la digital tax, attualmente applicata alle big tech americane. Sebbene l’accordo sia ancora in fase preliminare, rappresenta un segnale distensivo che potrebbe sostenere la fiducia delle imprese e stimolare gli investimenti.
Il governatore Andrew Bailey ha dichiarato che la decisione è coerente con l’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi e supportare l’economia, e ha ribadito la disponibilità della Banca d’Inghilterra a intervenire nuovamente qualora le condizioni lo richiedessero. Bailey ha anche difeso l’indipendenza della banca centrale di fronte alle crescenti pressioni politiche, affermando che “la politica monetaria non può essere subordinata agli interessi di breve termine”, con un riferimento implicito alla linea protezionistica statunitense che sta già influenzando le strategie monetarie globali.
In parallelo, la Banca Centrale Europea ha anch’essa avviato un ciclo di tagli, portando il tasso di riferimento al 4,25%, mentre la Federal Reserve americana ha invece mantenuto invariati i tassi, citando un’inflazione ancora troppo elevata e un mercato del lavoro in fase di raffreddamento. Questo disallineamento tra le principali banche centrali segna l’inizio di una fase più incerta per la politica monetaria internazionale, con effetti ancora difficili da quantificare sul lungo periodo.
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