Il ritorno dell’oro fisico nei portafogli italiani
- Giuseppe Politi
- 18 giu
- Tempo di lettura: 2 min
L’oro fisico vive una nuova stagione di interesse tra gli investitori italiani. Dopo anni in cui l’attenzione si era spostata su asset digitali, strumenti azionari e investimenti tematici, il metallo giallo torna a occupare un ruolo significativo nei portafogli, sia dei risparmiatori retail sia dei family office. A spingere questa rinnovata attrazione sono una combinazione di fattori: incertezza geopolitica, inflazione residua, volatilità dei mercati e crescente sfiducia verso gli strumenti finanziari convenzionali.
L’oro, per definizione, non genera interessi né dividendi, ma conserva valore nel tempo. Questo lo rende particolarmente attraente in periodi di turbolenza, come quello attuale, segnato da instabilità nei conflitti internazionali, tensioni commerciali, cicli economici asimmetrici e timori su nuove crisi bancarie. L’acquisto di oro fisico – sotto forma di lingotti, monete o certificati garantiti – è percepito come un rifugio solido, tangibile e fuori dal sistema bancario.
Diversamente dal passato, l’accesso all’oro è oggi semplificato da numerosi canali digitali. Piattaforme regolamentate consentono l’acquisto di frazioni di lingotti custoditi in caveau professionali, con possibilità di consegna fisica su richiesta. Cresce anche l’offerta da parte di banche e istituti di credito specializzati, che propongono soluzioni integrate di investimento, custodia e protezione assicurativa.
L’oro viene inserito nei portafogli con logiche differenti: per alcuni è una componente strategica stabile (tra il 5% e il 10% dell’allocazione totale), per altri uno strumento tattico da usare in fasi di stress finanziario. I consulenti finanziari iniziano a includerlo in modo sistematico nelle simulazioni di scenario, evidenziando la sua funzione di copertura nei confronti dell’inflazione e della svalutazione valutaria.
Una tendenza interessante riguarda i piccoli risparmiatori: sempre più italiani decidono di accantonare quote regolari in oro, come alternativa o complemento ai fondi monetari o alle obbligazioni a basso rendimento. Questa scelta è motivata non solo dalla protezione patrimoniale, ma anche da un crescente desiderio di controllo diretto sulle proprie risorse.
Non mancano però le criticità. L’oro fisico richiede una gestione attenta: scelta del rivenditore, verifica dell’autenticità, valutazione dei costi di custodia e delle commissioni di rivendita. Inoltre, l’oro non è immune da oscillazioni di prezzo, legate a dinamiche globali spesso difficili da prevedere. Il rischio di illiquidità in tempi rapidi o di conservazione inadeguata resta un tema.
Il ritorno dell’oro è anche un indicatore psicologico. Segnala una diffidenza crescente verso le promesse di stabilità finanziaria istituzionale, un bisogno diffuso di sicurezza patrimoniale e un rifiuto, da parte di molti, della volatilità e dell’opacità di certi strumenti finanziari moderni. Il metallo prezioso, nella sua staticità, rappresenta una forma di autonomia economica.
Il 2025 certifica così una mutazione dell’approccio degli italiani alla gestione del patrimonio: più consapevole, più attento alla protezione e meno incline al rischio gratuito. In questo quadro, l’oro fisico non è solo un bene rifugio: è una scelta identitaria, culturale e strategica.
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