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Hamas annuncia il rilascio dell’ultimo ostaggio americano: Trump esulta, Netanyahu intensifica i raid

Hamas ha annunciato il rilascio imminente di Edan Alexander, un giovane cittadino con doppia cittadinanza americana e israeliana, catturato durante gli attacchi del 7 ottobre 2023. La notizia, diffusa nella tarda serata di domenica 11 maggio, ha generato una vasta eco internazionale, suscitando reazioni immediate sia a Washington che a Tel Aviv. Il rilascio, secondo fonti vicine all’organizzazione palestinese, è da considerarsi un segnale distensivo nei confronti dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, atteso a breve per una visita diplomatica nella regione.


Edan Alexander, 21 anni, è stato uno dei militari israeliani catturati e portati nella Striscia di Gaza durante i drammatici eventi dell’autunno 2023. Originario del New Jersey e arruolatosi volontariamente nell’esercito israeliano, era uno degli ultimi ostaggi americani conosciuti ancora in vita. L’annuncio del suo rilascio ha rappresentato un evento altamente simbolico sia per gli Stati Uniti, che da mesi lavoravano sottotraccia con Qatar ed Egitto alla liberazione, sia per Israele, dove la questione degli ostaggi rimane una delle più sensibili e politicamente cariche.


Donald Trump ha subito commentato la notizia con entusiasmo, definendo il rilascio “una vittoria della diplomazia americana” e ringraziando i Paesi mediatori per il ruolo fondamentale nella trattativa. Il suo entourage ha lasciato trapelare che la notizia sia arrivata dopo intensi colloqui riservati tra Hamas e figure vicine al tycoon, il quale potrebbe capitalizzare politicamente questo risultato in vista delle prossime elezioni. Secondo alcune indiscrezioni, Steve Witkoff, imprenditore americano e stretto collaboratore di Trump, sarebbe stato inviato in Israele nei giorni scorsi per supervisionare le ultime fasi del negoziato.


Il governo israeliano, tuttavia, ha assunto un atteggiamento ben più prudente. Benjamin Netanyahu, parlando da Gerusalemme, ha affermato che il rilascio non comporterà alcun allentamento delle operazioni militari in corso nella Striscia di Gaza. Il premier ha dichiarato che “le Forze di Difesa continueranno le operazioni fino al completo smantellamento delle infrastrutture terroristiche di Hamas”, segnalando che l’attuale fase dell’offensiva – concentrata su Rafah e sulle zone settentrionali di Gaza – resterà invariata.


Intanto, l’operazione militare israeliana non accenna a rallentare. Solo nelle ultime 24 ore, i bombardamenti hanno colpito diversi obiettivi civili, tra cui una scuola trasformata in rifugio nel campo profughi di Jabalia, causando la morte di almeno 16 civili, tra cui donne e bambini. Le Nazioni Unite hanno espresso profonda preoccupazione per l’escalation della violenza, mentre le principali ONG umanitarie segnalano una situazione ormai catastrofica: oltre 470.000 persone risultano prive di accesso regolare al cibo, e l’ingresso degli aiuti resta fortemente limitato.


Sul fronte diplomatico, la liberazione di Edan Alexander non sembra destinata a produrre un cessate il fuoco. Le trattative per una pausa umanitaria, seguite da Qatar ed Egitto con la supervisione statunitense, procedono a rilento. Secondo quanto riferito da fonti arabe, Hamas detiene ancora 59 ostaggi, ma solo 24 di essi sarebbero ancora in vita. Le condizioni per il rilascio sembrano irrigidirsi a causa dell’intensificarsi delle operazioni israeliane a Rafah, ritenuta da Tel Aviv l’ultimo bastione operativo del gruppo armato.


Nel frattempo, il dibattito si accende anche negli Stati Uniti. L’amministrazione Biden, che ha mantenuto un basso profilo nelle trattative rispetto all’ex presidente Trump, ha espresso soddisfazione per il rilascio, ma ha ribadito la necessità di un cessate il fuoco umanitario e dell’accesso completo agli aiuti. Anche le Nazioni Unite e l’Unione Europea si sono espresse in favore di una tregua temporanea per garantire l’incolumità dei civili e la distribuzione degli aiuti essenziali, ma Netanyahu ha più volte respinto ogni proposta che comporti una sospensione totale delle operazioni.


La visita di Trump, attesa nei prossimi giorni, potrebbe rappresentare un punto di svolta nel conflitto, almeno sul piano simbolico. La liberazione di Alexander, presentata come gesto unilaterale da Hamas, si inserisce in un quadro in cui la comunicazione mediatica e politica gioca un ruolo centrale. Per l’organizzazione islamista, potrebbe essere un tentativo di mostrare flessibilità tattica. Per Trump, una leva diplomatica in grado di rafforzare la propria immagine internazionale.


Restano forti, tuttavia, le incognite legate all’evoluzione del conflitto e all’efficacia delle iniziative diplomatiche. Israele, determinato a eliminare la minaccia di Hamas in modo definitivo, non sembra disposto a rallentare. Hamas, da parte sua, sfrutta il rilascio per mostrare un volto negoziale, ma continua a resistere sul terreno. In questo scenario, la questione degli ostaggi continua a rappresentare una leva fondamentale di pressione e uno dei nodi più difficili da sciogliere nella crisi israelo-palestinese.

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