Guterres avverte sull’Iran: il rischio di rappresaglie cresce, l’AIEA invoca il ritorno al dialogo nucleare
- piscitellidaniel
- 23 giu
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Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha lanciato un allarme sulla crescente tensione tra l’Iran e la comunità internazionale, in particolare con Israele e gli Stati Uniti, definendo la situazione un pericoloso avvicinamento a un punto di non ritorno. L’accusa dell’ONU è diretta: l’attuale crisi non è solo il frutto di escalation militari, ma anche di un progressivo svuotamento del quadro diplomatico che, negli anni, aveva garantito un minimo di stabilità sull’intero dossier nucleare. Secondo Guterres, «siamo sull’orlo di rappresaglie su larga scala» in un momento in cui l’Iran appare più isolato, ma anche più determinato a portare avanti il proprio programma atomico.
Il messaggio di Guterres arriva in un momento in cui le relazioni tra Teheran e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) sono deteriorate. L’Iran ha aumentato i livelli di arricchimento dell’uranio, sospendendo di fatto le limitazioni imposte dall’accordo del 2015, il JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), dal quale gli Stati Uniti si sono ritirati nel 2018 sotto l’amministrazione Trump. Da allora, i tentativi di mediazione si sono susseguiti con alterne fortune, ma nelle ultime settimane il clima si è ulteriormente appesantito, anche a causa dell’instabilità interna all’Iran, segnata da proteste, crisi economica e un crescente irrigidimento del potere teocratico.
L’AIEA ha confermato che Teheran possiede ormai scorte di uranio arricchito superiori di oltre venti volte il limite consentito dal JCPOA, con livelli di purezza che si avvicinano a quelli necessari per un uso bellico. Nonostante le rassicurazioni da parte del governo iraniano, secondo cui il programma nucleare ha scopi esclusivamente civili, la comunità internazionale resta profondamente preoccupata. La stessa AIEA ha denunciato la progressiva riduzione dell’accesso ai siti sensibili e l’espulsione di alcuni ispettori, fatto che rende sempre più difficile il monitoraggio del programma.
Da parte sua, l’Iran accusa l’Occidente di doppi standard e denuncia le sanzioni economiche come un’arma politica che soffoca l’economia e la società iraniana. Nella recente sessione straordinaria del Parlamento iraniano, è stato ribadito che il Paese non cederà alle “pressioni colonialiste” e che ogni attacco al territorio nazionale sarà considerato una “dichiarazione di guerra”. Le parole sono state accompagnate da nuove esercitazioni militari lungo il Golfo Persico, in una dimostrazione di forza che alimenta l’ipotesi di uno scontro diretto con Israele.
Israele, dal canto suo, considera l’Iran una minaccia esistenziale e non ha mai escluso un’azione preventiva per impedire a Teheran di dotarsi dell’arma atomica. L’intelligence israeliana ha recentemente rafforzato la sorveglianza sui movimenti nucleari iraniani, e l’amministrazione Netanyahu ha chiesto un intervento più deciso da parte degli Stati Uniti e della Nato. Tuttavia, a Washington, la Casa Bianca appare divisa: da un lato il presidente Joe Biden ha promesso un impegno fermo contro la proliferazione nucleare, dall’altro la priorità resta la gestione di altri scenari internazionali come la guerra in Ucraina e la rivalità strategica con la Cina.
In questo clima di incertezza, l’intervento di Guterres rappresenta un tentativo di riportare la crisi su binari diplomatici. Il segretario generale ha invitato tutte le parti a «ridurre immediatamente le tensioni» e ha esortato l’Iran a ristabilire la piena collaborazione con l’AIEA. Parallelamente, ha chiesto agli Stati Uniti di favorire un clima di fiducia, anche attraverso la revisione di alcune sanzioni e l’apertura di canali diretti di comunicazione. Il rischio, secondo l’ONU, è che l’attuale escalation degeneri in un conflitto che potrebbe coinvolgere l’intera regione, già fragile per le crisi in Siria, Libano, Yemen e Iraq.
Le dichiarazioni di Guterres trovano eco anche nelle parole di Rafael Grossi, direttore generale dell’AIEA, che ha parlato apertamente di «momento cruciale» per la non proliferazione nucleare. Grossi ha espresso la volontà dell’agenzia di inviare una nuova missione a Teheran per rilanciare il dialogo tecnico e ha chiesto di garantire «condizioni minime di trasparenza e cooperazione». Senza un minimo di accordo sul campo, ha spiegato, «l’intero sistema multilaterale di controllo rischia di collassare».
Sul piano diplomatico, l’Unione Europea si trova in una posizione difficile. L’alto rappresentante Josep Borrell ha cercato di mediare tra le parti, proponendo una ripresa graduale del JCPOA, ma le risposte di Teheran sono state tiepide. Anche i Paesi del Golfo, tradizionalmente schierati contro l’Iran, iniziano a mostrare segni di inquietudine: una guerra nel cuore del Medio Oriente comporterebbe conseguenze devastanti per i mercati energetici, per la sicurezza marittima e per la stabilità di interi regimi.
Nel frattempo, la popolazione iraniana vive un momento di forte precarietà. L’inflazione galoppante, la disoccupazione giovanile e la repressione delle proteste stanno creando un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni. Secondo diverse ONG internazionali, la crisi economica rischia di trasformarsi in una crisi umanitaria se le tensioni internazionali non si allenteranno. Per molti osservatori, un rilancio del dialogo nucleare non sarebbe solo un obiettivo strategico, ma anche una condizione necessaria per aprire un percorso di riforma e stabilizzazione interna al Paese.
La comunità internazionale si trova dunque davanti a un bivio. Da un lato, la necessità di fermare l’avanzata dell’Iran verso la soglia nucleare; dall’altro, l’urgenza di evitare una nuova guerra in Medio Oriente. Le parole di Guterres e Grossi, pur nel loro linguaggio diplomatico, mettono in evidenza una realtà concreta e preoccupante: il tempo per il dialogo si sta esaurendo rapidamente, e ogni ulteriore ritardo potrebbe avere conseguenze irreversibili.
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