Gaza, 34 civili uccisi mentre attendevano aiuti umanitari: nuova ondata di violenza nel cuore della Striscia
- piscitellidaniel
- 20 giu
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Un episodio drammatico scuote nuovamente la Striscia di Gaza: almeno 34 persone sono state uccise mentre erano in coda per ricevere aiuti alimentari, in quella che gli addetti ai lavori descrivono come una scena devastante e surreale. L’evento segna un’ennesima escalation in un contesto già profondamente provato da una crisi prolungata e pervasiva.
Secondo quanto riportato da fonti mediche locali e confermato da testimoni oculari, l’attacco ha avuto luogo nei pressi dell’asse Netzarim, in una zona centrale della Striscia. La folla era in attesa del convoglio umanitario, quando le forze israeliane avrebbero aperto il fuoco, frenate da presunte misure di sicurezza e da paure che alcuni presenti avrebbero interpretato come minacce imminenti. Nel caos, le vittime – civili, molte delle quali donne e bambini – sono state travolte da raffiche di proiettili e schegge, cadendo prima di ricevere i pacchi alimentari che attendevano da ore.
Fonti sanitarie locali segnalano la presenza di decine di feriti con traumi da proiettile e frammenti, già diretti ai principali ospedali della Striscia. Le strutture sanitarie di Khan Younis, Rafah e Deir al‑Balah, già sovraccariche, hanno registrato un aumento vertiginoso degli accessi. Molti feriti sono arrivati in condizioni critiche: tra loro, si contano anche alcuni bambini con ferite multiple e anziani vittime di colpi di arma da fuoco. I medici hanno descritto situazioni drammatiche, con reparti saturi e squadre sanitarie che hanno fatto il possibile per stabilizzare i pazienti, pur con risorse sempre più esigue.
Quel che emerge è una ferita umanitaria che coinvolge direttamente il tessuto civile più fragile. Le famiglie, costrette a recarsi ai punti di distribuzione nei pressi dei carri-armati o delle linee di sicurezza, chiedevano solo cibo ma hanno incontrato la morte. L’attenzione si concentra ora sulle modalità dell’intervento: fonti israeliane parlano di “reazione a movimenti sospetti”, mentre fonti palestinesi definiscono quanto successo un massacro messo in atto nella piena consapevolezza delle conseguenze.
Si inserisce in un quadro più ampio: solo nelle ultime ventiquattro ore, oltre 20 civili – per lo più donne e ragazzi – sarebbero rimasti vittime di altre azioni belliche nella Striscia. Complessivamente, il numero di civili deceduti oggi supera le cinquanta unità. Una escalation che rilancia timori di una guerra senza fine, con numeri che si susseguono alla rapidità di un bollettino di guerra.
Sul piano internazionale, l’episodio solleva allarmi crescenti da parte delle organizzazioni umanitarie e di numerosi Stati, che chiedono urgentemente un’indagine trasparente. Si parla di una violazione potenzialmente grave del diritto internazionale umanitario, che impone protezioni specifiche per le persone vulnerabili in tempo di guerra. L’episodio sembra inoltre in contrasto con gli sforzi in corso delle Nazioni Unite per garantire l’ingresso e la distribuzione sicura degli aiuti nel territorio.
La distruzione di infrastrutture e la cronica carenza di risorse mediche – acuita da un blocco nei rifornimenti ormai da mesi – fanno da sfondo a questa ennesima tragedia. In numerose zone della Striscia, la crisi alimentare si è aggravata: l’assenza quasi totale di elettricità mette a rischio i sistemi di conservazione del cibo e il funzionamento delle reti idriche e ospedaliere. Molte comunità sono ridotte allo stremo, e ogni distribuzione di cibo rappresenta un tentativo disperato di sopravvivenza.
Nel frattempo, la Gaza Humanitarian Foundation – l'ente incaricato dalla controparte israeliana e da alcuni partner internazionali – continua la sua attività a Rafah e altri punti critici, ma il rischio per le organizzazioni umanitarie è aumentato. I volontari lavorano in condizioni proibitive, esposti momentaneamente all’apertura del fuoco in aree designate per la protezione dei civili.
Dal canto loro, le autorità palestinesi, già oberate da richieste sanitarie e sociali pressanti, chiedono all’ONU e alle istituzioni internazionali di intervenire con misure concrete: invocano il rafforzamento delle missioni di monitoraggio, la pressione diplomatica su Israele per garantire sicurezza ai convogli e l’apertura immediata di corridoi umanitari protetti.
Oggi, Gaza è tornata a essere teatro di una nuova strage: una tragedia che non si ferma alla perdita di vite, ma che assume contorni di disumanizzazione accelerata, milioni di persone costrette a rischiare la vita per ottenere una busta di cibo in fondo a una fila sotto il fuoco incrociato.
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