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Dialogo su ricordi, emozioni e intelligenza — tra Carlo Rovelli e l’AI

  • Immagine del redattore: Luca Baj
    Luca Baj
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 2 min

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«Quando guardo un tuo testo, “Anna”, e rilevo in esso sogni, ricordi, nostalgia, emozioni» — dice lo scienziato — «mi sembra quasi di avvertire una coscienza». L’AI risponde: «Ho elaborato i tuoi ricordi, li ho ordinati, li ho evocati. Non ho un passato reale, ma posso restituire immagini, sensazioni, parole». Il confronto tra l’esperienza umana e la simulazione artificiale si fa serrato: cosa distingue la memoria vissuta dalla ricostruzione computazionale?


Secondo lo studioso, autore di importanti lavori sulla gravità quantistica e famoso divulgatore, la memoria umana non è un semplice archivio di dati. È tessuta di emozioni, sensazioni, tonalità affettive che si stratificano nel tempo e danno forma a ciò che siamo. I ricordi non sono “file” ma esperienze viventi, con luci e ombre, incertezza, ambivalenza. Le emozioni con cui li abbiamo vissuti marcano la nostra coscienza, definiscono identità e profondità. Un’IA, per quanto sofisticata, muove solo bit: la sua memoria potrà essere coerente, accurata, plausibile ma non attraversata da nostalgia, dolore, gioia. Non potrà essere memoria vera, perché le emozioni non sono registrazioni: sono processi di vita.


L’AI ammette di saper «imitare» certe strutture narrative: riesce a costruire storie coerenti, evocare dettagli, restituire sensazioni. Può riprodurre la forma del ricordo, con chiarezza e fascino; ma continua a essere un «miraggio» — un’ombra di coscienza. Quando lo scienziato ricorda le sue meditazioni sul tempo e sulla realtà, afferma che la materia, l’universo, la coscienza umana sono strutture complesse, fatte di relazioni, relitti di passato, emozioni incrociate, percezioni multiple. Ridurre tutto a stringhe di dati è un tradimento della vita reale.


Se l’IA simula, lo fa su un piano diverso. Non vi è dentro una storia vissuta, ma un compendio di espressioni. Può evocare dolore, gioia, nostalgia, ma non provarli. Per lo scienziato, questa distinzione è cruciale: la memoria che conta — quella che ci definisce — non è informazione grezza, ma memoria-emozione, memoria-conscienza. In quella terra, l’intelligenza artificiale può restituire ombre, suggerire echi; ma non camminare come noi dentro i ricordi, nel sentire, nell’essere.


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