TACO, il protezionismo prevedibile di Trump e l’impatto sui mercati
- piscitellidaniel
- 30 mag
- Tempo di lettura: 3 min
La sigla TACO – acronimo di “Trump Always Chickens Out”, cioè “Trump fa sempre marcia indietro” – è stata coniata dal giornalista del Financial Times Robert Armstrong per sintetizzare un comportamento ricorrente del tycoon nei confronti delle tariffe commerciali. Annuncia dazi pesanti, i mercati reagiscono negativamente, e poco dopo arriva una retromarcia o un ridimensionamento della misura. Questo schema, che si è già verificato più volte nel corso del 2025, sta diventando una sorta di previsione automatica per gli operatori finanziari.
Il caso più eclatante è stato quello dei cosiddetti “Liberation Day Tariffs”, che prevedevano dazi fino al 145% sulle importazioni cinesi. Annunciati in pompa magna per colpire Pechino, sono stati poi congelati per 90 giorni e infine ridotti al 30%. Qualcosa di simile si è verificato con l’Unione Europea: minaccia di una tariffa del 50% sulle auto europee, poi rinvio della decisione al 9 luglio dopo che Bruxelles ha accettato di negoziare più rapidamente. Il TACO, quindi, si ripete: annuncio eclatante, crollo dei mercati, aggiustamento moderato.
L’effetto sui mercati è duplice. Da un lato, c’è un’immediata turbolenza quando vengono comunicate nuove misure tariffarie. Dall’altro, però, gli investitori iniziano a scommettere sul fatto che Trump tornerà sui suoi passi. Lo dimostra il comportamento dell’indice S&P 500, che ha mostrato resilienza nei mesi recenti nonostante l’instabilità delle relazioni commerciali. Questo approccio è diventato quasi una strategia: vendere sull’annuncio e comprare quando si prospetta un ammorbidimento.
L’esistenza del TACO è stata persino sottoposta a Trump, durante una conferenza stampa. Di fronte alla domanda di un giornalista, l’ex presidente ha reagito stizzito, definendo la questione “insultante” e sostenendo che le sue decisioni fanno parte di una tattica negoziale ben calcolata. Ha ribadito che non si tratta di ritirate, ma di adattamenti intelligenti alle risposte dei partner commerciali. Tuttavia, le tempistiche con cui le tariffe vengono ridimensionate seguono con impressionante regolarità le reazioni negative di Wall Street.
Nel frattempo, un colpo significativo alla strategia commerciale di Trump è arrivato dal fronte giudiziario. Il 29 maggio, il Tribunale del Commercio Internazionale degli Stati Uniti ha annullato le tariffe generalizzate imposte dall’amministrazione, dichiarandole incostituzionali. Secondo la corte, il presidente ha superato i limiti del proprio mandato, invadendo le prerogative del Congresso in materia di commercio estero. La sentenza, presa all’unanimità da tre giudici – incluso uno nominato dallo stesso Trump – rappresenta un duro colpo. L’amministrazione ha già annunciato ricorso, sostenendo che la decisione rischia di compromettere la sicurezza nazionale.
Gli effetti pratici del protezionismo trumpiano sono tangibili, soprattutto per l’Europa. Le imprese europee – e italiane in particolare – rischiano di pagare un conto salato. Le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti superano i 67 miliardi di euro annui. Con i dazi annunciati, il danno stimato per le imprese italiane va dai 4 ai 7,5 miliardi. Settori come la meccanica, l’agroalimentare e l’automotive sono tra i più esposti. Le aziende si trovano costrette a valutare alternative logistiche, spostare produzioni o assorbire costi più alti, che si riflettono inevitabilmente sui prezzi al consumo.
Questo contesto influenza anche le politiche monetarie. L’aumento dei prezzi derivante dai dazi imposti da Trump contribuisce a una pressione inflazionistica che rende più complesso il lavoro della Federal Reserve. La possibilità di mantenere o aumentare i tassi di interesse in un contesto di inflazione importata diventa un fattore da considerare nei mercati obbligazionari e nel credito alle imprese.
TACO, quindi, da slogan ironico è diventato una chiave di lettura utile per comprendere non solo le mosse di Trump, ma anche le dinamiche di reazione dei mercati e le implicazioni sulle politiche economiche internazionali.
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