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Transizione, Zes e caro-materiali: alle imprese servono 35 miliardi per non perdere competitività

Le imprese italiane affrontano una fase decisiva, segnata da cambiamenti strutturali che richiedono investimenti ingenti per sostenere la transizione energetica, gestire l’aumento dei costi dei materiali e sfruttare le opportunità offerte dalle nuove Zes. Secondo le ultime stime, il fabbisogno complessivo supera i 35 miliardi di euro, una cifra che fotografa l’ampiezza delle sfide che attendono l’industria nei prossimi anni. Le aziende si trovano infatti a dover conciliare obiettivi di sostenibilità, innovazione produttiva e competitività internazionale in un contesto ancora condizionato dall’incertezza geopolitica e dalla volatilità dei mercati delle materie prime.


La transizione energetica rappresenta il capitolo più oneroso. Per adeguarsi ai nuovi standard europei sulle emissioni, migliorare l’efficienza dei processi produttivi e integrare fonti rinnovabili nelle attività industriali, le imprese necessitano di investimenti programmati e continui. La modernizzazione degli impianti, l’elettrificazione dei cicli produttivi e l’introduzione di tecnologie digitali richiedono risorse considerevoli, soprattutto nei settori energivori. La mancanza di un quadro stabile sugli incentivi rallenta la pianificazione degli interventi e spinge molte aziende a chiedere un modello di supporto più prevedibile, capace di accompagnare la transizione senza compromettere la tenuta dei bilanci.


Un’altra variabile critica è il caro-materiali, un fenomeno che continua a generare pressioni sulla filiera delle costruzioni e sulla manifattura. I prezzi di acciaio, cemento, metalli e componentistica restano elevati e soggetti a oscillazioni legate sia alla domanda internazionale sia alle tensioni geopolitiche. Le imprese dell’edilizia, in particolare, denunciano l’impossibilità di programmare interventi complessi senza un adeguamento delle regole sui contratti pubblici e privati, che risentono dei forti rialzi registrati negli ultimi mesi. La richiesta più urgente riguarda l’aggiornamento dei prezzari e l’introduzione di meccanismi di compensazione più rapidi, in grado di evitare blocchi nei cantieri e rallentamenti nei progetti fondamentali per lo sviluppo del Paese.


Le Zes uniche rappresentano invece una grande opportunità di rilancio, soprattutto per il Mezzogiorno. La loro operatività, attesa dalle imprese come un catalizzatore di investimenti, deve però essere accompagnata da misure chiare e da procedure semplificate. Le aziende chiedono certezze sui tempi, sulle autorizzazioni e sugli incentivi previsti, elementi fondamentali per attrarre capitali e attivare progetti di insediamento produttivo. Le Zes sono considerate un volano per la logistica, la manifattura avanzata e le produzioni orientate all’export, ma senza una piena definizione del quadro normativo rischiano di non esprimere il loro potenziale.


In questo scenario, l’accesso al credito diventa un tema centrale. Le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, faticano a sostenere i costi degli investimenti richiesti dalla transizione e dall’aumento dei materiali. Il ricorso a strumenti finanziari innovativi, come i green loan o i sustainability-linked bond, può rappresentare una soluzione, ma necessita di condizioni favorevoli e di un mercato regolato che eviti eccessive rigidità. Anche il rafforzamento dei fondi pubblici e delle garanzie statali è considerato essenziale per ampliare la platea di aziende in grado di intraprendere percorsi di rinnovamento.


Il settore edilizio è quello che più di altri sta vivendo una fase di pressione crescente. Oltre ai costi dei materiali, la mancanza di manodopera specializzata e le incertezze normative su bonus e detrazioni pesano sulla capacità di programmare gli interventi. Le imprese sottolineano che il mercato ha bisogno di stabilità, sia per quanto riguarda le politiche fiscali sia per quanto riguarda gli appalti pubblici, che spesso risentono di ritardi, ricorsi e complessità amministrative. La spinta alla sostenibilità richiede inoltre un aggiornamento continuo delle competenze, elemento che implica ulteriori investimenti in formazione.


Le associazioni di categoria chiedono quindi un piano coordinato di interventi che consenta di affrontare simultaneamente transizione energetica, inflazione dei materiali e rilancio degli investimenti nelle aree Zes. Senza un supporto organico e misure di sostegno mirate, la preoccupazione è che parte del tessuto produttivo possa perdere competitività, con rischi per l’occupazione e per la crescita complessiva del Paese. Il costo complessivo dei 35 miliardi non è visto solo come un fabbisogno economico, ma come una cifra che sintetizza il peso della trasformazione in atto nell’industria italiana, chiamata a un salto tecnologico e organizzativo che richiede risorse, stabilità normativa e una visione industriale di lungo periodo.

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