La “maledizione Kennedy”, morta Tatiana Schlossberg, la nipote di JFK aveva 35 anni
- piscitellidaniel
- 2 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min
La morte di Tatiana Schlossberg, nipote di John Fitzgerald Kennedy, riporta al centro dell’attenzione pubblica quella che da decenni viene definita la “maledizione Kennedy”, un’espressione entrata nell’immaginario collettivo per descrivere la lunga sequenza di tragedie che hanno colpito una delle famiglie più potenti e simboliche della storia americana. Tatiana, 35 anni, apparteneva alla generazione più giovane del clan, cresciuta lontano dai riflettori della politica attiva ma inevitabilmente segnata da un cognome che continua a evocare potere, idealismo e tragedia. La notizia della sua scomparsa ha suscitato profonda emozione negli Stati Uniti, non solo per il legame con l’ex presidente assassinato a Dallas, ma per il modo in cui la sua vita rappresentava un tentativo di costruire un’identità autonoma rispetto a un’eredità ingombrante.
Figlia di Caroline Kennedy e di Edwin Schlossberg, Tatiana era una delle nipoti più riservate di JFK, appartenente a una generazione che ha scelto di vivere il cognome Kennedy con discrezione, lontano dalla ribalta politica diretta che aveva caratterizzato i suoi predecessori. Laureata e impegnata in attività culturali e ambientali, aveva intrapreso un percorso professionale orientato al giornalismo e alla scrittura, con un’attenzione particolare ai temi del cambiamento climatico e della sostenibilità. Il suo profilo pubblico era misurato, coerente con una scelta familiare di protezione della sfera privata, maturata dopo decenni di esposizione mediatica spesso dolorosa.
La morte di Tatiana Schlossberg si inserisce in una narrazione che accompagna la famiglia Kennedy sin dagli anni Sessanta. Dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy nel 1963 a quello del fratello Robert nel 1968, passando per incidenti, morti premature e tragedie personali che hanno coinvolto figli, nipoti e parenti, la storia del clan è stata segnata da eventi drammatici che hanno alimentato l’idea di una sorte avversa. Questa rappresentazione, spesso enfatizzata dai media, ha contribuito a costruire un’aura quasi mitologica intorno alla famiglia, trasformando ogni nuova perdita in un capitolo aggiuntivo di una saga americana fatta di potere, ideali e fragilità umane.
Nel caso di Tatiana, il contrasto tra il suo profilo discreto e il peso simbolico del cognome rende la notizia ancora più impattante. La nipote di JFK apparteneva a una generazione cresciuta con la consapevolezza della storia familiare, ma anche con l’esigenza di prendere le distanze da una narrazione pubblica che spesso riduce le persone a simboli. La sua attività professionale e il suo impegno su temi globali riflettevano una visione del ruolo pubblico meno legata alla politica istituzionale e più orientata alla responsabilità civile e culturale, in linea con un’evoluzione del modo in cui i Kennedy più giovani hanno interpretato il proprio posto nella società americana.
La reazione dell’opinione pubblica e dei media dimostra come il nome Kennedy continui a esercitare una forza evocativa straordinaria. Ogni evento che coinvolge la famiglia viene letto attraverso la lente della storia, con un’attenzione che va oltre il singolo fatto di cronaca. La morte di Tatiana Schlossberg viene così interpretata non solo come una tragedia personale e familiare, ma come l’ennesimo episodio di una sequenza che ha attraversato più generazioni, alimentando interrogativi sul rapporto tra destino, pressione mediatica e fragilità individuale. Questo meccanismo di lettura, pur comprensibile sul piano simbolico, rischia però di oscurare la dimensione privata della perdita, che resta prima di tutto il dramma di una famiglia colpita dalla scomparsa di una donna giovane.
Il contesto storico in cui la famiglia Kennedy continua a essere osservata è profondamente diverso da quello degli anni del potere presidenziale. Oggi il clan non occupa più il centro della scena politica come un tempo, ma resta un riferimento culturale e morale, associato a un’idea di servizio pubblico e impegno civile che ha segnato un’epoca. La morte di Tatiana riattiva questo legame con il passato, ricordando come l’eredità dei Kennedy sia fatta non solo di successi politici e simboli iconici, ma anche di vulnerabilità e sofferenza. La narrazione della “maledizione” trova nuova linfa proprio in questo intreccio tra mito e realtà, tra aspettative collettive e vite individuali.
La figura di Tatiana Schlossberg, pur lontana dalle luci della politica, rappresentava una declinazione contemporanea dell’eredità Kennedy, più silenziosa e meno esposta, ma non per questo priva di significato. La sua scomparsa a 35 anni interrompe un percorso personale e professionale che si stava sviluppando in modo autonomo, riaccendendo al tempo stesso un racconto familiare che continua a esercitare una presa profonda sull’immaginario americano. In un Paese in cui la memoria storica si intreccia costantemente con il presente, la morte di una nipote di JFK diventa un evento che travalica la dimensione privata, trasformandosi in un simbolo che riporta alla luce una delle storie più emblematiche e complesse del Novecento statunitense.

Commenti