La Casa Bianca rilancia la sfida sui dazi: lettera ai partner per chiudere gli accordi commerciali entro luglio
- piscitellidaniel
- 3 giu
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La Casa Bianca ha ufficialmente lanciato un ultimatum a tutti i partner commerciali degli Stati Uniti: con una lettera inviata il 3 giugno dall’Ufficio del Rappresentante per il Commercio (USTR), l’amministrazione Trump ha richiesto a ciascun governo coinvolto nelle attuali trattative commerciali di presentare entro il 5 giugno le loro “migliori offerte finali”. L'obiettivo è quello di giungere ad accordi definitivi prima dell’8 luglio, scadenza dei 90 giorni di sospensione concessi sui nuovi dazi in corso di valutazione.
La strategia è chiara: imprimere un’accelerazione alle trattative, aumentare la pressione sugli alleati, e chiudere quante più intese possibili per consolidare il nuovo paradigma del commercio multilaterale statunitense. L'iniziativa della Casa Bianca è stata confermata anche da fonti del Dipartimento del Commercio e mira a ribilanciare il posizionamento internazionale degli Stati Uniti in ambito commerciale, con particolare attenzione al settore manifatturiero, agricolo e digitale.
La lettera specifica in maniera diretta che gli Stati Uniti si aspettano “risposte tangibili” su una serie di dossier chiave, tra cui riduzioni tariffarie, accesso ai mercati, liberalizzazione del commercio digitale, sicurezza economica e strumenti di protezione delle catene di approvvigionamento. La richiesta è estesa a tutte le controparti: Unione Europea, Regno Unito, India, Giappone, Vietnam, Corea del Sud e Australia. Al momento, solo con Londra è stato raggiunto un accordo preliminare che soddisfa le nuove condizioni imposte da Washington.
Con l’approssimarsi della scadenza dell’8 luglio, cresce la tensione. L’eventuale mancato raggiungimento di intese porterà al ripristino automatico di dazi aggiuntivi, già autorizzati con provvedimenti emergenziali ma temporaneamente sospesi per favorire la trattativa. Secondo quanto trapela da fonti dell’amministrazione, se le offerte ricevute non saranno ritenute adeguate, gli Stati Uniti si dichiarano pronti ad attuare unilateralmente misure di protezione su importazioni considerate “critiche per la sicurezza economica”.
L’iniziativa si inserisce nel quadro del piano tariffario aggiornato voluto da Donald Trump per la nuova fase della sua amministrazione. Dopo le misure su acciaio, alluminio e microchip, la Casa Bianca vuole estendere l’approccio anche al settore automotive, all’elettronica di consumo e ai beni agricoli strategici, su cui permangono squilibri strutturali nel saldo commerciale.
Tra i partner più esposti al rischio dazi, l’Unione Europea rappresenta il dossier più delicato. Le trattative con Bruxelles sono al momento rallentate da divergenze su standard regolatori e tutela dei dati. A complicare ulteriormente il negoziato è il contesto politico: da un lato le imminenti elezioni europee, dall’altro le tensioni tra Francia e Germania sul mandato negoziale con Washington.
La posizione dell’USTR è netta: se l’UE non presenterà una proposta coerente con gli obiettivi americani, gli Stati Uniti sono pronti a ripristinare dazi fino al 25% su alcune categorie di prodotti di origine europea, tra cui veicoli di fascia alta, componentistica meccanica e tecnologie medicali. Anche il settore agroalimentare è nel mirino, con possibili tariffe su vino, formaggi e conserve.
Il Giappone e l’India, pur mantenendo un dialogo aperto con Washington, non sembrano ancora intenzionati ad accettare tutte le richieste statunitensi. In particolare Tokyo difende il suo sistema di sussidi agricoli, mentre Nuova Delhi è preoccupata per gli effetti delle concessioni sull’industria farmaceutica locale e sull’export di servizi digitali. Anche il Vietnam, dopo l’accordo iniziale sulla riduzione delle emissioni industriali e il tracciamento della filiera tessile, chiede più tempo per negoziare i termini doganali sull’export di elettronica.
In questo scenario, l’USTR ha annunciato che la Casa Bianca è pronta a bypassare i ricorsi in sede WTO qualora ritenga le controparti non collaborative. Il presidente Trump, in diverse occasioni, ha ribadito che “il sistema del libero scambio deve essere giusto e reciproco” e che gli Stati Uniti “non resteranno vincolati da regole pensate in passato per favorire altri Paesi”.
L’accelerazione delle trattative avviene anche in un momento critico per l’economia globale. L’FMI ha recentemente avvertito che un’escalation di misure protezionistiche potrebbe tagliare mezzo punto percentuale alla crescita mondiale nel 2025, con effetti negativi su investimenti e fiducia dei mercati. Tuttavia, l’amministrazione Trump sembra intenzionata a sfruttare la leva commerciale come strumento di politica interna, alla vigilia di un nuovo ciclo elettorale.
Il successo dell’iniziativa lanciata il 3 giugno dipenderà dalla capacità degli Stati Uniti di convincere le controparti che il costo dei dazi sarà superiore a quello delle concessioni negoziate. Se entro luglio dovessero mancare accordi concreti, Washington potrebbe tornare a impugnare l’arma dei dazi, con effetti destabilizzanti non solo per i mercati, ma anche per l’ordine commerciale multilaterale. Le prossime settimane si preannunciano cruciali per capire se la diplomazia economica prevarrà o se si tornerà a una stagione di tensioni e ritorsioni incrociate.
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