La Bce respinge la richiesta di garanzie sugli asset russi: tensione crescente dopo le rivelazioni del Financial Times
- piscitellidaniel
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La Banca centrale europea ha rifiutato di fornire garanzie ai governi dell’Unione in merito alla gestione degli asset russi congelati, una decisione che aggiunge complessità a un dossier già delicato sul piano politico e finanziario. Secondo quanto emerso nelle interlocuzioni tra istituzioni europee, la richiesta puntava a ottenere rassicurazioni formali dalla Bce sulla possibilità di contabilizzare in sicurezza gli utili generati dai fondi bloccati, destinati a sostenere l’Ucraina attraverso meccanismi di finanziamento strutturati. L’istituto di Francoforte ha tuttavia ribadito di non poter assumere responsabilità dirette sulla sostenibilità legale e finanziaria dell’operazione, mantenendo una posizione di prudenza coerente con il proprio mandato.
Il nodo centrale riguarda l’utilizzo degli interessi maturati sugli asset russi immobilizzati presso depositari europei e istituzioni finanziarie dell’Unione. Questi fondi, congelati dopo l’invasione dell’Ucraina, rappresentano una delle principali fonti potenziali per sostenere lo sforzo di ricostruzione del Paese e fornire supporto militare e macrofinanziario. I governi europei stanno valutando strumenti che permettano di utilizzare queste risorse senza violare i principi di tutela della proprietà e senza esporre le istituzioni a rischi legali. In questo quadro, la richiesta di garanzie alla Bce mirava a ottenere una copertura istituzionale che assicurasse continuità ai programmi di finanziamento.
La posizione dell’istituto centrale si basa sulla necessità di evitare coinvolgimenti che possano essere interpretati come una violazione del diritto internazionale o dei trattati europei. La gestione degli asset congelati è infatti materia complessa, che richiede un equilibrio tra il rispetto delle norme internazionali e la volontà politica di sostenere l’Ucraina. La Bce ha ricordato che qualsiasi intervento diretto in questo ambito eccederebbe il proprio mandato, che rimane strettamente legato alla politica monetaria e alla stabilità finanziaria dell’Eurozona. L’istituto teme inoltre che eventuali garanzie possano essere interpretate come un’assunzione di responsabilità patrimoniale, con implicazioni sui bilanci nazionali e sulla credibilità dell’Unione.
Le reazioni tra i governi europei sono diversificate, poiché alcuni Stati membri ritengono necessario accelerare le procedure per utilizzare gli utili derivanti dagli asset congelati. I Paesi più attivi nel sostegno all’Ucraina spingono per una soluzione rapida e strutturata, soprattutto alla luce del rallentamento dei flussi finanziari provenienti dagli Stati Uniti e delle difficoltà interne a diversi parlamenti europei nel garantire nuovi pacchetti di aiuti. L’assenza di garanzie da parte della Bce impone tuttavia di trovare un meccanismo alternativo, che potrebbe richiedere un maggiore coinvolgimento della Commissione o l’adozione di strumenti intergovernativi.
Il quadro è ulteriormente complicato dalle potenziali reazioni della Russia, che considera illegittimo l’utilizzo degli asset congelati e ha già minacciato misure ritorsive contro Paesi e istituzioni che dovessero procedere in questa direzione. Le autorità europee sono consapevoli che qualsiasi decisione sugli asset potrebbe avere ripercussioni sulle relazioni diplomatiche e sulla stabilità finanziaria delle controparti coinvolte. Il timore è che iniziative unilaterali possano alimentare una spirale di tensioni sui mercati internazionali o rendere vulnerabili gli operatori finanziari europei a contromisure russe.
Sul piano tecnico, il nodo principale riguarda la qualificazione giuridica degli utili maturati. Secondo alcune interpretazioni, gli interessi generati dai depositi non rientrerebbero nella stessa categoria giuridica del capitale bloccato e potrebbero dunque essere utilizzati a fini pubblici senza configurare un’espropriazione. Questa lettura è sostenuta da diversi governi, ma richiede conferme legali solide per evitare contenziosi internazionali. La Bce, mantenendo la propria posizione di neutralità tecnica, ha preferito non avallare alcuna interpretazione, rimettendo la decisione alle istituzioni politiche competenti.
Il dibattito interno all’Unione riflette anche la necessità di definire un modello di governance che permetta di utilizzare gli asset congelati in modo trasparente e coordinato. Le istituzioni europee stanno valutando la creazione di un meccanismo dedicato, con regole specifiche sulla gestione dei flussi finanziari e sulla responsabilità degli Stati membri. L’obiettivo è garantire una ripartizione equilibrata degli oneri e delle responsabilità, evitando che la questione si trasformi in un fattore di instabilità economica o politica.
Il rifiuto della Bce non blocca dunque il processo decisionale, ma impone ai governi europei di elaborare soluzioni alternative che rispettino i vincoli giuridici e garantiscano al tempo stesso il sostegno necessario all’Ucraina. Le prossime settimane saranno decisive per definire il perimetro operativo di un intervento che potrebbe diventare un precedente importante nelle relazioni finanziarie internazionali e nella gestione degli asset sequestrati in situazioni di conflitto.

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