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L’Italia sale al quarto posto nell’Ocse per pressione fiscale: il fisco vale il 42,8% del Pil e riapre il dibattito su competitività e sostenibilità del sistema tributario

La classificazione Ocse più recente riporta l’Italia tra i Paesi con la pressione fiscale più elevata, collocandola al quarto posto con un livello pari al 42,8% del Pil. Si tratta di un valore che conferma una tendenza strutturale: il sistema tributario italiano resta tra i più pesanti dell’area avanzata, superato solo da economie tradizionalmente caratterizzate da modelli di welfare molto estesi e accompagnati da una crescita storicamente più equilibrata. Al vertice della classifica si posiziona la Danimarca, seguita da Francia e Belgio, mentre l’Italia appare come il primo grande Paese europeo dell’area mediterranea con un peso fiscale così significativo rispetto alla dimensione economica e al reddito prodotto.


L’aggiornamento dell’Ocse mette in evidenza un quadro complesso in cui la pressione fiscale italiana non deriva solo da un incremento delle imposte dirette, ma anche da un insieme di contributi sociali, tributi locali e prelievi indiretti che compongono una struttura articolata e spesso difficile da semplificare. Il valore complessivo tiene conto di entrate fiscali e contributive distribuite su famiglie, imprese e lavoratori autonomi, con un impatto che si riflette sulla capacità di investimento del settore privato e sulla propensione al consumo. La combinazione di imposte sul lavoro, sul reddito e sui contributi previdenziali rappresenta uno dei fattori che incidono maggiormente sul dato aggregato, mostrando come il costo del lavoro rimanga tra i più elevati in Europa.


Il confronto con gli altri Paesi Ocse evidenzia differenze significative nel modello di prelievo. Nei Paesi nordici, dove la pressione fiscale supera o eguaglia quella italiana, il sistema si basa su un elevato livello di servizi pubblici, un welfare capillare e un’elevata efficienza della macchina amministrativa. In Italia, invece, il dibattito rimane centrato sul rapporto tra peso delle imposte e qualità dei servizi forniti: molti analisti sottolineano che l’ampiezza del prelievo non è accompagnata da un livello equivalente di infrastrutture, istruzione, sanità, digitalizzazione e politiche per la competitività. Questo squilibrio alimenta da anni la richiesta di riforme strutturali che vadano oltre i meri aggiustamenti fiscali.


Per le imprese, il dato evidenzia una criticità già nota: il peso fiscale e contributivo limita spesso la capacità di pianificare investimenti di lungo periodo, soprattutto in settori ad alta intensità di capitale e di innovazione. Le piccole e medie imprese, che rappresentano l’ossatura del tessuto economico nazionale, risultano particolarmente esposte, poiché scontano obblighi fiscali e burocratici che incidono sulla liquidità e sulla competitività internazionale. L’Ocse rileva che la pressione fiscale può influire anche sulla produttività, rallentando il ritmo di modernizzazione delle strutture aziendali e riducendo gli spazi per innovazione, formazione e crescita dimensionale.


Sul fronte delle famiglie, l’incidenza delle imposte è accentuata da un contesto economico segnato da costi elevati, potere d’acquisto sotto pressione e un mercato del lavoro che in alcune aree del Paese presenta ancora criticità strutturali. L’effetto combinato di tasse sul reddito, imposte indirette e contributi sociali determina una riduzione significativa del reddito disponibile, con conseguenze sui consumi e sulla capacità di risparmio. Anche questo elemento contribuisce a spiegare perché la crescita economica italiana fatichi a mantenere un ritmo sostenuto rispetto ad altri Paesi dell’area Ocse.


La posizione dell’Italia nella classifica riporta al centro della discussione politica il tema della riforma fiscale. Negli ultimi anni sono state avviate misure di revisione delle aliquote, razionalizzazione degli scaglioni e interventi mirati al sostegno del lavoro e degli investimenti, ma il quadro complessivo rimane caratterizzato da stratificazioni normative che complicano la gestione tributaria per contribuenti e imprese. La modernizzazione del sistema rimane un obiettivo che coinvolge non solo la revisione delle imposte, ma anche la digitalizzazione della macchina fiscale, la semplificazione degli adempimenti e il contrasto alle distorsioni che gravano sui contribuenti più regolari.


Il posizionamento al quarto posto nell’Ocse rappresenta un indicatore che fotografa non solo l’entità del prelievo, ma anche la necessità di politiche economiche che rendano sostenibile e competitivo il sistema nel medio periodo. L’evoluzione della pressione fiscale sarà strettamente legata alle scelte di bilancio, all’andamento dell’economia e alla capacità di introdurre riforme che incidano sul rapporto tra entrate, spesa pubblica e qualità dei servizi erogati.

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