top of page

Intermodalità sotto pressione: la tassazione fuori controllo spinge le merci dal ferro e dall’intermodale verso mare e strada

Il sistema dell’intermodalità italiano sta affrontando una fase di crescente difficoltà a causa dell’aumento dei costi operativi e dell’incremento della pressione fiscale che interessa operatori logistici, terminalisti e imprese di trasporto. Le dinamiche in corso stanno alterando gli equilibri della catena dei trasporti, favorendo un progressivo spostamento dei volumi di merce dalla ferrovia e dai servizi combinati verso modalità meno sostenibili come il trasporto marittimo a corto raggio e soprattutto quello stradale. La complessità del quadro emerge con chiarezza dalle segnalazioni delle principali associazioni di categoria, che evidenziano come la perdita di competitività del trasporto combinato rappresenti un rischio concreto per l’intero sistema logistico nazionale.


Uno dei nodi centrali riguarda la crescita dei costi che incidono sui servizi ferroviari e intermodali. Gli operatori segnalano aumenti a più livelli, che comprendono oneri legati ai pedaggi, ai canoni di utilizzo dell’infrastruttura, ai costi energetici e a una serie di imposizioni fiscali che colpiscono il settore in modo sempre più marcato. L’effetto combinato di questi fattori sta rendendo economicamente meno conveniente scegliere il trasporto ferroviario rispetto alle alternative. Molte imprese, soprattutto nei comparti della manifattura e della distribuzione, stanno rivedendo le proprie strategie logistiche in favore di soluzioni che, pur meno efficienti dal punto di vista ambientale, risultano attualmente più prevedibili e meno onerose.


Il rischio di un ridimensionamento del trasporto intermodale riguarda non soltanto la competitività economica, ma anche la sostenibilità del sistema logistico. Negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi progetti finalizzati a spostare quote crescenti di merci dalla strada alla ferrovia, riducendo traffico, emissioni e incidenti. Il ritorno verso il trasporto stradale comprometterebbe questo percorso, allontanando gli obiettivi ambientali e penalizzando gli investimenti realizzati. La logistica intermodale ha dimostrato di essere una componente essenziale per rendere più efficiente la movimentazione delle merci su scala europea, ma il suo potenziamento richiede condizioni economiche favorevoli e un quadro regolatorio coerente.


Gli operatori del settore segnalano inoltre una crescente complessità nella pianificazione delle attività. Le variazioni della normativa fiscale, l’introduzione di nuovi oneri e l’incertezza sugli strumenti di sostegno rendono difficile programmare investimenti infrastrutturali e gestire i servizi in modo stabile nel medio periodo. La volatilità dei costi energetici influisce ulteriormente sulla affidabilità economica dei collegamenti ferroviari, poiché il margine di profitto si riduce e l’esposizione al rischio aumenta. Le imprese che operano nell’intermodalità sottolineano la necessità di politiche di supporto stabili, capaci di accompagnare la transizione del settore verso modelli logistici più sostenibili e competitivi.


Il trasporto marittimo a corto raggio sta assorbendo una parte dei volumi che in passato transitavano dall’intermodale, soprattutto nei corridoi nazionali e mediterranei. Questa dinamica è favorita dalla capacità delle navi di offrire economie di scala e costi più competitivi su determinate tratte, ma rappresenta comunque un cambiamento strutturale che può rendere più vulnerabile la catena logistica in caso di shock. Il traffico stradale, dal canto suo, continua a espandersi grazie alla maggiore flessibilità, all’assenza di vincoli infrastrutturali e a una struttura dei costi che, almeno nel breve periodo, risulta più stabile rispetto a quella ferroviaria.


La pressione fiscale rappresenta uno degli elementi maggiormente criticati dalle imprese del settore. Gli operatori segnalano come la tassazione colpisca in modo sproporzionato le attività legate all’intermodalità, senza distinguere tra modalità sostenibili e modalità più impattanti dal punto di vista ambientale. L’assenza di un criterio di proporzionalità rischia di generare effetti distorsivi, favorendo modi di trasporto che producono maggiori emissioni e congestionano la rete viaria. La richiesta degli operatori è quella di introdurre un sistema che tenga conto dei benefici ambientali e della funzione strategica svolta dall’intermodalità nel contesto nazionale ed europeo.


L’infrastruttura ferroviaria, pur avendo registrato un miglioramento in diversi corridoi, presenta ancora criticità che incidono sulla regolarità dei servizi e sulla capacità complessiva. Le operazioni di manutenzione, le limitazioni temporanee e i colli di bottiglia presenti in alcune aree del Paese rendono difficile garantire tempi di percorrenza competitivi rispetto all’autotrasporto. L’intermodalità necessiterebbe di un quadro infrastrutturale più robusto e di investimenti che permettano di aumentare l’affidabilità e la frequenza dei collegamenti, elementi cruciali per convincere le imprese a mantenere o incrementare l’utilizzo della ferrovia.


Il settore chiede interventi urgenti che consentano di ristabilire un equilibrio economico tra le varie modalità di trasporto, preservando la funzione strategica dell’intermodalità e sostenendo le imprese che ne costituiscono l’ossatura. L’andamento attuale indica che, senza misure correttive, il sistema rischia di perdere competitività proprio in una fase in cui la logistica sostenibile rappresenta un pilastro fondamentale per la crescita industriale e per l’integrazione dei mercati europei.

Post correlati

Mostra tutti

Commenti


Le ultime notizie

bottom of page