Dirigenti statali: con il nuovo contratto aumenti medi di 582 euro e superpremi legati alla performance
- piscitellidaniel
- 29 apr
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Il rinnovo del contratto per i dirigenti delle Funzioni centrali segna un passaggio decisivo nella gestione della pubblica amministrazione italiana. L’accordo, firmato dall’Aran con una parte delle organizzazioni sindacali rappresentative, riguarda circa 6.700 dirigenti della PA centrale e si riferisce al triennio 2019-2021. Nonostante la firma arrivi a distanza di oltre tre anni dalla fine del periodo contrattuale di riferimento, il rinnovo introduce elementi di forte discontinuità, sia sul fronte retributivo che sul piano organizzativo e normativo.
Dal punto di vista economico, il contratto prevede un aumento medio lordo mensile pari a 582 euro. Questo incremento varia a seconda del livello di inquadramento: per i dirigenti di seconda fascia, la cifra oscilla attorno ai 550 euro, mentre per quelli di prima fascia può arrivare a superare i 600 euro. L’aumento si applica in maniera retroattiva a partire dal 1° gennaio 2019 e sarà accompagnato dall’erogazione degli arretrati in un’unica soluzione. Per molti dirigenti si tratta di un importo significativo, che potrà superare anche i 20.000 euro complessivi.
Uno degli aspetti più innovativi dell’accordo riguarda l’introduzione di un nuovo sistema premiale fortemente orientato alla valutazione della performance. Il contratto introduce la possibilità di corrispondere ai dirigenti premi fino al 30% della retribuzione complessiva annuale. Tuttavia, questi premi non saranno distribuiti in maniera uniforme, ma andranno a beneficio esclusivamente di coloro che si collocano nella fascia più alta della valutazione annuale. L’idea alla base del nuovo meccanismo è quella di legare in modo diretto la retribuzione accessoria ai risultati conseguiti, superando logiche di ripartizione automatica che hanno caratterizzato il passato.
L’accordo tocca anche la sfera dell’organizzazione del lavoro, con l’introduzione sperimentale della cosiddetta “settimana corta”. Si tratta di una modalità che consente ai dirigenti, su base volontaria e previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, di concentrare le 36 ore settimanali in quattro giorni anziché cinque. Questo significa giornate lavorative più lunghe ma con un giorno libero aggiuntivo. Parallelamente, viene rafforzata la possibilità di ricorrere allo smart working, in un’ottica di maggiore flessibilità e conciliazione tra vita privata e attività lavorativa.
Il contratto interviene anche su altri aspetti organizzativi, come la semplificazione del regime di responsabilità disciplinare, il rafforzamento del ruolo del dirigente nella valutazione delle performance del personale e la promozione di percorsi di formazione continua. In particolare, si introduce l’obbligo di aggiornamento professionale, collegando la partecipazione a specifici percorsi formativi con le prospettive di sviluppo e progressione di carriera.
La firma del contratto ha suscitato reazioni contrastanti tra le organizzazioni sindacali. La Cgil e la Uil non hanno aderito all’accordo, giudicando insufficienti gli aumenti retributivi previsti, soprattutto alla luce dell’inflazione accumulata nel periodo di riferimento. Secondo queste sigle, il potere d’acquisto dei dirigenti pubblici è rimasto sostanzialmente eroso, rendendo gli aumenti previsti poco più che simbolici. Diversa la posizione della Cisl e degli altri firmatari, che hanno invece sottolineato il valore dell’intesa come primo passo per una riforma profonda della dirigenza pubblica.
Il nuovo impianto contrattuale punta a segnare una svolta anche sul fronte dell’efficienza amministrativa. Legare il salario accessorio al raggiungimento di obiettivi misurabili e differenziare i premi in base alla qualità del lavoro svolto rappresenta una sfida per una pubblica amministrazione spesso accusata di essere burocratica e poco meritocratica. In quest’ottica, il contratto segna un tentativo di allineare la governance pubblica agli standard delle organizzazioni più avanzate, mettendo al centro la responsabilità individuale e la valorizzazione del merito.
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