Bruxelles verso l’addio allo stop ai motori termici dal 2035: una svolta politica tra pressioni industriali e nuove strategie energetiche
- piscitellidaniel
- 10 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min
La prospettiva di abbandonare lo stop ai motori termici dal 2035 segna un cambio di rotta significativo nelle politiche europee sulla transizione energetica. Bruxelles, di fronte alla pressione crescente dei governi nazionali e all’evoluzione del mercato automobilistico, sta valutando una revisione sostanziale del piano che avrebbe dovuto sancire il passaggio definitivo alla mobilità esclusivamente elettrica. La discussione nasce dall’esigenza di conciliare obiettivi ambientali ambiziosi con le difficoltà economiche e tecnologiche evidenziate dall’industria, che teme ripercussioni sulla competitività e sulla stabilità occupazionale. Il dibattito interno all’Unione mostra infatti una crescente consapevolezza che la transizione non possa basarsi su un’unica tecnologia, ma debba considerare soluzioni diversificate e compatibili con l’intero tessuto produttivo europeo.
Il congelamento del divieto sui motori termici risponde alla necessità di risolvere un nodo cruciale: la capacità dell’Europa di sostenere una produzione di auto elettriche su larga scala e a costi accessibili. L’aumento dei prezzi delle materie prime, i limiti delle infrastrutture di ricarica e la forte dipendenza dalla Cina per batterie e componenti strategici rappresentano alcuni dei fattori che hanno spinto la Commissione a riconsiderare un approccio ritenuto troppo rigido. Diverse case automobilistiche avevano già segnalato che la scadenza del 2035 rischiava di creare uno squilibrio competitivo, in particolare nei confronti degli Stati Uniti, sostenuti da massicci incentivi, e dei produttori asiatici, dotati di un vantaggio tecnologico significativo nella produzione di batterie.
La revisione si inserisce inoltre in un contesto politico più complesso del previsto. Le elezioni europee e la pressione di alcuni Stati membri, in particolare quelli con una forte tradizione industriale, hanno accelerato la necessità di un ripensamento. L’Italia, insieme ad altri Paesi dell’Europa centrale, aveva già espresso la propria contrarietà a un calendario considerato troppo stringente, chiedendo più spazio per i biocarburanti e per soluzioni alternative come gli e-fuel. La Commissione sembra ora più incline ad accogliere queste richieste, riconoscendo il potenziale dei carburanti sintetici nel percorso verso la neutralità climatica, soprattutto per segmenti di mercato dove l’elettrico risulta meno praticabile.
Sul fronte industriale, la possibile revisione del divieto rappresenta un sollievo per molte imprese. Il settore automobilistico europeo, già impegnato in un processo di riconversione costoso, aveva segnalato da tempo il rischio di perdere capacità produttiva e posti di lavoro. Mantenere la possibilità di sviluppare motori termici compatibili con carburanti a basse emissioni consentirebbe alle aziende di gestire la transizione in modo più graduale, evitando shock industriali e sociali. Allo stesso tempo, Bruxelles punta a preservare l’obiettivo di lungo termine della decarbonizzazione, chiedendo alle case automobilistiche investimenti significativi non solo nell’elettrico, ma anche in tecnologie complementari.
La possibile modifica del calendario ha generato reazioni contrastanti tra gli attori ambientalisti, che temono un rallentamento degli impegni climatici. Le organizzazioni attive nella difesa dell’ambiente avvertono che qualsiasi revisione rischia di compromettere il percorso verso gli obiettivi del 2050 e di indebolire la leadership europea nella lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, diversi analisti sostengono che la scelta non rappresenti un arretramento, bensì un adattamento necessario a un contesto economico e geopolitico profondamente mutato. L’obiettivo dichiarato resta quello di ridurre le emissioni in modo strutturale, ma attraverso una strategia più flessibile e in grado di reagire ai vincoli industriali.
Il tema della competitività globale emerge con forza anche nei tavoli di Bruxelles. La rapidità con cui i produttori cinesi hanno conquistato il mercato globale delle auto elettriche ha allarmato le istituzioni europee, che temono un indebolimento della filiera industriale interna. La revisione dello stop ai motori termici dal 2035 viene letta anche come una risposta a queste dinamiche: l’Europa non può permettersi di accelerare una transizione che rischierebbe di favorire ulteriormente i concorrenti esterni e di ridurre la capacità produttiva autonoma. Una transizione più articolata, che includa il contributo di carburanti alternativi e soluzioni ibride, potrebbe offrire un tempo di adattamento maggiore al settore.
La discussione sul futuro dei motori termici entra ora nella fase più delicata, con la Commissione pronta a presentare una proposta ufficiale e il Parlamento europeo chiamato a esaminarla in un contesto politico frammentato. L’esito avrà un impatto decisivo sull’industria automobilistica, sulle strategie energetiche e sul percorso di decarbonizzazione europeo. L’addio allo stop del 2035 non rappresenta solo una scelta tecnica, ma un passaggio che ridefinirà gli equilibri tra sostenibilità, competitività e innovazione in uno dei settori più strategici per l’economia europea.

Commenti