Banche italiane e credito alle imprese
- Giuseppe Politi
- 19 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Il sistema bancario italiano si trova al centro di una nuova fase evolutiva, sospeso tra la necessità di consolidamento, l’adeguamento tecnologico e la missione storica di sostenere l’economia reale. Dopo anni di razionalizzazione e riduzione degli sportelli fisici, il 2025 si apre con una rinnovata attenzione al ruolo delle banche nel finanziare l’innovazione, promuovere la sostenibilità e accompagnare la transizione digitale delle imprese.
Il processo di concentrazione bancaria ha ridisegnato la mappa del credito nel Paese. Oggi i primi cinque gruppi detengono oltre il 65% degli impieghi totali, lasciando alle banche di dimensioni minori e ai confidi uno spazio marginale, spesso concentrato nei distretti territoriali. Tale assetto accentua i rischi di disomogeneità nell’accesso al credito, con una maggiore difficoltà per le imprese del Sud e per quelle di dimensioni micro a trovare interlocutori disposti ad assumersi rischi.
Nonostante ciò, il 2024 ha segnato un ritorno alla redditività per gli istituti italiani, grazie alla combinazione tra tassi in salita e razionalizzazione dei costi. Ma questo miglioramento contabile rischia di essere effimero se non accompagnato da un deciso cambio di paradigma. L’attenzione degli operatori si sta infatti spostando verso nuovi fronti: fintech, cripto-attività, ESG rating, intelligenza artificiale applicata all’analisi dei rischi.
Il vero banco di prova è la capacità del sistema di sostenere l’accesso al credito produttivo. Le imprese che investono in transizione digitale ed energetica lamentano procedure ancora troppo lente, richieste documentali rigide e scarsa propensione al rischio da parte degli istituti. L’introduzione di sistemi di scoring più dinamici e l’uso di algoritmi predittivi potrebbe rappresentare un cambio di passo, ma l’adeguamento normativo non è ancora allineato.
Parallelamente, il rapporto tra banca e impresa sta evolvendo. Da semplice fornitore di capitale, l’istituto diventa partner strategico, offrendo servizi di consulenza, pianificazione finanziaria, gestione dei rischi e accesso ai mercati dei capitali. Ciò vale soprattutto per le imprese esportatrici e per le startup innovative, che trovano nel sistema bancario un supporto essenziale per crescere in contesti competitivi internazionali.
L’elemento ESG (ambientale, sociale e di governance) sta divenendo centrale nelle politiche creditizie. Le banche premiano con migliori condizioni finanziarie le aziende che rispettano parametri di sostenibilità, introducendo linee di credito verdi e strumenti di finanza a impatto. Questo nuovo paradigma si sta lentamente diffondendo anche nel segmento delle PMI, pur tra mille difficoltà applicative.
Infine, resta aperta la questione della digitalizzazione. L’home banking è ormai la norma per il 90% degli utenti retail, ma l’interfaccia bancaria per le imprese rimane spesso poco intuitiva e frammentata. Alcuni istituti stanno lanciando piattaforme evolute B2B per la gestione integrata del credito, ma il divario con i sistemi anglosassoni è ancora evidente.
In sintesi, le banche italiane si trovano a un bivio: potranno continuare a garantire margini solo se sapranno trasformarsi in facilitatori della crescita economica e dell’innovazione. Il 2025 sarà dunque un anno decisivo per comprendere se il settore saprà cogliere l’opportunità di ridefinire il proprio ruolo strategico nel sistema produttivo del Paese.
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