Ucraina divisa come Berlino nel 1945? L’ipotesi di Kellogg scatena reazioni internazionali e obbliga Washington a frenare
- piscitellidaniel
- 14 apr
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Nel pieno di un conflitto che ha ormai superato il terzo anno di durata, la recente dichiarazione dell’inviato speciale degli Stati Uniti per l’Ucraina, il generale in pensione Keith Kellogg, ha sollevato un’ondata di critiche e interpretazioni contrastanti. Durante un’intervista rilasciata al quotidiano britannico The Times, Kellogg ha evocato una soluzione “alla Berlino post-1945” come possibile modello per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina. Una proposta che, pur espressa in un contesto ipotetico, ha immediatamente innescato reazioni politiche e diplomatiche a livello globale.
Un’ipotesi provocatoria: la divisione dell’Ucraina in zone di influenza
Secondo quanto riportato dalla stampa britannica, Kellogg avrebbe ipotizzato una futura configurazione dell’Ucraina divisa in tre aree distinte:una sotto influenza occidentale, una controllata da Mosca e una terza come zona cuscinetto demilitarizzata.
Nel dettaglio, il modello prospettato prevederebbe:
Un’Ucraina occidentale sotto la protezione di forze militari internazionali, in particolare Regno Unito e Francia, comprendente città strategiche come Kiev, Leopoli e Odessa.
Un’Ucraina orientale sotto il controllo diretto o indiretto della Russia, in una sorta di riconoscimento di fatto dei territori attualmente occupati dalle truppe di Mosca.
Una striscia di territorio demilitarizzata larga circa 29 chilometri, concepita per separare le due aree e prevenire un’escalation immediata.
Kellogg ha escluso qualsiasi presenza militare statunitense in queste ipotetiche zone e ha presentato lo scenario come una possibile opzione di compromesso per avviare trattative di pace.
Dopo lo scoppio del caso, Kellogg si corregge: “Travisato”
Poche ore dopo la pubblicazione delle sue dichiarazioni, lo stesso Kellogg è intervenuto per ridimensionarne la portata.Attraverso un comunicato diffuso dal Dipartimento di Stato, l’inviato ha affermato che le sue parole sono state travisate e decontestualizzate. Ha precisato che non intendeva proporre una divisione territoriale imposta o un riconoscimento della sovranità russa sulle aree occupate, ma semplicemente “stimolare una riflessione su possibili modelli di de-escalation e gestione temporanea della crisi”.
Fonti diplomatiche americane, citate dalla CNN, hanno confermato che le posizioni ufficiali degli Stati Uniti restano invariate e pienamente allineate con la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina.
Le reazioni ucraine: “Inaccettabile qualunque ipotesi di spartizione”
Da Kiev è giunta una risposta immediata e dura. Il portavoce del presidente Volodymyr Zelensky ha definito l’idea “non solo inaccettabile, ma offensiva”. L’Ucraina, ha ribadito il ministero degli Esteri ucraino, non accetterà mai un compromesso territoriale che significhi la perdita di sovranità su una parte del proprio territorio. Il riferimento al modello di Berlino è stato bollato come “anacronistico e pericoloso”, evocando uno scenario di lunga instabilità simile a quello vissuto durante la Guerra Fredda.
Mosca reagisce con ambiguità: “proposta interessante ma incompleta”
La reazione del Cremlino è stata più ambigua. Il portavoce Dmitry Peskov ha parlato di “una proposta interessante, che riflette un riconoscimento implicito della realtà geopolitica sul campo”, ma ha aggiunto che “qualsiasi soluzione duratura dovrà passare attraverso la piena legittimazione dei nuovi confini della Russia”. Una dichiarazione che conferma la posizione rigida di Mosca e l’intento di consolidare il controllo sui territori già annessi o occupati.
La diplomazia occidentale prende le distanze
Sul fronte europeo, le parole di Kellogg hanno sollevato forte preoccupazione. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha respinto ogni proposta che preveda la divisione del territorio ucraino come base di un compromesso. Anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha ribadito che “la pace può essere costruita solo nel pieno rispetto dell’ordine internazionale e delle frontiere riconosciute”.
Anche in Germania e Francia, principali interlocutori europei nei negoziati, la linea rimane quella del sostegno pieno all’Ucraina e alla sua integrità territoriale. Il timore, tra le cancellerie europee, è che simili dichiarazioni possano compromettere la già fragile unità occidentale e rafforzare le posizioni più oltranziste di Mosca.
Ritorno ai modelli del passato: il precedente di Berlino e le sue criticità
Il riferimento al modello di Berlino 1945, evocato da Kellogg, è di per sé emblematico ma anche problematico. La divisione della capitale tedesca, e successivamente della Germania intera, generò decenni di contrapposizione tra blocchi e portò alla costruzione del Muro, simbolo della Guerra Fredda.Un’analoga divisione in Ucraina rischierebbe di cristallizzare il conflitto e alimentare instabilità cronica in tutta l’area del Mar Nero e dell’Europa orientale.
Il rischio concreto sarebbe quello di una nuova “Cortina di ferro”, con confini blindati e tensioni permanenti, in contrasto con l’obiettivo dichiarato di una pace sostenibile e duratura.
Un vertice complesso all’orizzonte
Le parole di Kellogg cadono a pochi giorni dal previsto vertice di Washington tra il presidente Trump e l’inviato Steve Witkoff, che continua i suoi incontri con rappresentanti russi e ucraini. In questo quadro, la dichiarazione del generale ha reso ancora più delicato il clima dei colloqui, obbligando l’amministrazione americana a compattarsi dietro una linea ufficiale più prudente.
Il dibattito aperto sul futuro dell’Ucraina resta dunque sospeso tra ipotesi di compromesso, volontà di resistenza e strategie geopolitiche divergenti.Mentre il conflitto continua sul terreno, la diplomazia globale cerca un equilibrio tra realismo, legittimità e necessità politica.
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