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Tensione in Turchia: arresti e proteste scuotono il Paese, gli Stati Uniti esprimono preoccupazione

L’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu ha scatenato una nuova ondata di proteste e tensioni politiche in Turchia, attirando anche l’attenzione della comunità internazionale. Gli Stati Uniti, attraverso il Dipartimento di Stato, hanno espresso «profonda preoccupazione» per la situazione in corso, sottolineando la necessità del rispetto dello stato di diritto e della libertà politica. Il segretario di Stato Marco Rubio ha discusso il tema con il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, durante un incontro tenutosi a Washington, sollevando interrogativi sulla legittimità delle recenti azioni giudiziarie contro esponenti dell’opposizione.


Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha respinto ogni accusa di persecuzione politica, sostenendo che l’indagine che ha portato all’arresto di Imamoglu e di altri dirigenti municipali è nata da una “guerra interna” nel CHP, il principale partito d’opposizione. Secondo Erdogan, sarebbero stati esponenti dello stesso CHP a fornire documenti e prove alle autorità giudiziarie, alimentando l’inchiesta per ragioni di rivalità politica interna. Il presidente ha parlato apertamente di “spartizione illecita di denaro” e di “tangenti”, spiegando che alcuni membri del partito, insoddisfatti delle dinamiche interne, avrebbero deciso di denunciare ai magistrati quanto avveniva all’interno dell’amministrazione comunale.


Le dichiarazioni di Erdogan, trasmesse in diretta dalla televisione di Stato Trt durante un discorso al gruppo parlamentare del suo partito AKP, hanno infiammato ulteriormente il clima politico nel Paese. Il presidente ha ammonito duramente chiunque contribuisca ad alimentare il caos, affermando che “chi provocherà disordini, pagherà le conseguenze”.


In risposta all’arresto del proprio leader, il CHP ha lanciato una mobilitazione su larga scala. Il presidente del partito, Ozgur Ozel, ha invitato i cittadini a boicottare tutte le aziende, i media e le attività commerciali ritenute vicine al governo. Tra i bersagli del boicottaggio vi sono l’emittente pubblica Trt, la catena di caffetterie Espresso Lab, la compagnia turistica Ets, numerosi centri commerciali e alcune librerie. Le manifestazioni in sostegno di Imamoglu si sono intensificate soprattutto a Istanbul, con migliaia di persone in piazza per denunciare l’uso della magistratura come strumento di repressione politica.


Il caso Imamoglu rischia di trasformarsi in un punto di svolta nella storia politica recente della Turchia. Il sindaco di Istanbul era considerato uno dei possibili sfidanti più credibili di Erdogan alle prossime elezioni presidenziali, forte del suo consenso popolare e del ruolo centrale ricoperto in una città simbolo della modernità e del pluralismo politico. Il suo arresto solleva interrogativi non solo sulla giustizia turca, ma anche sul futuro del pluralismo democratico nel Paese.


Le accuse formali contro Imamoglu e i suoi collaboratori riguardano presunti episodi di corruzione e uso improprio di fondi pubblici. Tuttavia, per molti osservatori indipendenti, le tempistiche dell’arresto e il contesto politico in cui è maturato l’intervento giudiziario suggeriscono un chiaro intento politico. Negli ambienti diplomatici europei e statunitensi cresce la preoccupazione per il deterioramento dello stato di diritto in Turchia e per il ruolo crescente degli apparati statali nella gestione del dissenso.


A rendere la vicenda ancora più delicata è l’intensificarsi delle divisioni interne allo stesso CHP. Le parole di Erdogan sulle “denunce provenienti dall’interno” fanno eco a voci secondo cui esisterebbero reali contrasti tra le diverse anime del partito. Non è escluso che alcuni dirigenti locali, contrari alla leadership di Imamoglu o in cerca di visibilità, abbiano effettivamente fornito documentazione compromettente alle autorità.


Il governo turco cerca ora di contenere l’impatto internazionale della vicenda, ma le reazioni statunitensi e il diffondersi delle proteste civili rischiano di acuire le tensioni. In questo contesto, il ruolo della magistratura assume un significato cruciale: se confermerà le accuse in maniera trasparente e documentata, potrà rafforzare la legittimità dell’azione dell’esecutivo; se invece emergeranno dubbi sulla correttezza del procedimento, la crisi potrebbe avere effetti devastanti sull’immagine del governo turco sia all’interno sia all’estero.


Il caso di Ekrem Imamoglu si aggiunge a una lunga serie di episodi che negli ultimi anni hanno alimentato il dibattito sulla tenuta democratica in Turchia. Dalle purghe post-golpe del 2016 alle riforme costituzionali che hanno rafforzato i poteri presidenziali, il sistema politico turco ha conosciuto un’evoluzione profonda e controversa. La gestione di questa ennesima crisi dirà molto sul futuro istituzionale e politico del Paese e sul rapporto tra Ankara e i suoi principali alleati occidentali.

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