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Regionali 2025, la corsa a ostacoli per salvare Zaia: pressing della Lega, resistenze in FdI e nodo giuridico sul terzo mandato

A pochi mesi dalle elezioni regionali in Veneto, previste nell’autunno 2025, il centrodestra si trova alle prese con un intricato rebus politico e istituzionale che ruota attorno alla possibile ricandidatura di Luca Zaia per un terzo mandato consecutivo. Governatore dal 2010, rieletto nel 2015 e nel 2020 con un plebiscito personale che superò il 76% dei consensi, Zaia è oggi al centro di un confronto che coinvolge partiti, giuristi e opinione pubblica. Sullo sfondo, si intrecciano le ambizioni della Lega, le cautele di Fratelli d’Italia e le incertezze interpretative sul dettato normativo che disciplina la possibilità di ricandidarsi oltre i due mandati.


Il punto di partenza è la legge 165 del 2004, che regola l’elezione diretta dei presidenti di Regione. Secondo l’articolo 2, comma 1, nessun presidente può svolgere più di due mandati consecutivi. Tuttavia, nel caso di Zaia, il primo mandato (2010-2015) venne svolto prima della piena attuazione della riforma costituzionale del 2001 e del successivo riordino delle leggi elettorali regionali, il che rende giuridicamente controverso considerarlo pienamente computabile. Inoltre, la Corte Costituzionale non si è mai espressa in maniera definitiva su una simile fattispecie, lasciando margine a interpretazioni difformi.


Su questo terreno si è innestata una forte pressione politica da parte della Lega, che vede in Zaia non solo un punto di riferimento territoriale, ma anche una figura chiave per contenere l’emorragia di consensi degli ultimi anni. Il governatore veneto è considerato uno dei leader più trasversali del partito, capace di intercettare voti anche fuori dal perimetro leghista. Il suo stile sobrio, istituzionale, orientato al pragmatismo amministrativo, ha permesso alla Lega di radicarsi nel profondo Nord ben oltre i confini ideologici della prima ora. Per Matteo Salvini, garantirgli la possibilità di correre di nuovo è una priorità politica e simbolica.


Tuttavia, Fratelli d’Italia, pur riconoscendo l’autorevolezza di Zaia, osserva con una certa freddezza l’ipotesi del terzo mandato. Il partito di Giorgia Meloni ha investito molto nella costruzione di una propria classe dirigente regionale e vorrebbe capitalizzare il consenso attualmente favorevole, emerso anche dalle recenti europee, per proporre un candidato autonomo. L’idea che Zaia possa monopolizzare la scena politica veneta per altri cinque anni non è accolta con entusiasmo. Alcuni esponenti di FdI, come il senatore Luca De Carlo e il deputato Ciro Maschio, hanno espresso dubbi sulla legittimità giuridica di una sua nuova candidatura, invocando un chiarimento normativo preventivo o, in alternativa, un’interpretazione restrittiva della norma.


Anche all’interno del centrodestra si sta quindi delineando una corsa a ostacoli. La Lega ha già depositato in Senato un disegno di legge, a firma del senatore Stefani, per consentire in modo esplicito il terzo mandato ai presidenti di Regione. La proposta, tuttavia, non ha ancora trovato un consenso unanime nella maggioranza. Alcuni parlamentari, anche di Forza Italia, temono che una modifica ad hoc possa sembrare un provvedimento “ad personam”, generando un precedente pericoloso. Sul piano istituzionale, poi, l’eventuale approvazione della norma dovrebbe avvenire con ampio anticipo rispetto alla convocazione delle elezioni, per evitare ricorsi e conflitti di competenza.


In parallelo, Zaia non ha mai confermato esplicitamente la volontà di ricandidarsi. Pur non smentendo le voci, ha più volte dichiarato che “la politica non è un mestiere a vita” e che “ci sono percorsi che devono avere un inizio e una fine”. Tuttavia, non ha mai escluso la possibilità di un’ulteriore candidatura, alimentando un clima di attesa strategica. I suoi sostenitori fanno notare come il governatore mantenga un altissimo indice di gradimento nei sondaggi, con oltre il 65% di opinioni favorevoli alla riconferma, anche tra elettori non leghisti. La sua figura è considerata da molti come un garante di continuità amministrativa e stabilità istituzionale in una regione da sempre decisiva per gli equilibri economici e politici nazionali.


Il tema del terzo mandato non riguarda solo il Veneto. Anche in Liguria e in Puglia, seppure con dinamiche diverse, si stanno valutando ipotesi di ricandidatura per governatori in carica da dieci anni. La questione rischia quindi di diventare una variabile nazionale, con effetti su più fronti e potenziali ripercussioni anche sull’assetto costituzionale del rapporto tra Stato e Regioni. La conferenza delle Regioni ha chiesto al Governo un pronunciamento chiaro, magari attraverso una circolare interpretativa del Ministero dell’Interno o un intervento della Corte Costituzionale sollecitato tramite conflitto di attribuzione.


Nel frattempo, in Veneto il dibattito pubblico si infiamma. I sostenitori di Zaia, tra cui numerosi sindaci e rappresentanti del mondo economico, industriale e sanitario, chiedono di superare i limiti formali per non disperdere l’esperienza amministrativa maturata in quindici anni di governo. Gli oppositori denunciano il rischio di cristallizzazione del potere e invocano un ricambio generazionale nella politica regionale. Le associazioni civiche sono divise, mentre le opposizioni di centrosinistra osservano con interesse la spaccatura nel centrodestra, vedendo nella paralisi decisionale un’opportunità di rilancio.


Il centrodestra veneto appare dunque a un bivio. La strategia della Lega, fondata sulla continuità, si scontra con l’ambizione di FdI di affermarsi anche a livello regionale come primo partito. In questo contesto di tensione, non si può escludere l’emergere di una candidatura civica o di compromesso, in grado di tenere unita la coalizione. Ma ogni passo è condizionato dal nodo legislativo, che rimane ancora aperto. Il tempo stringe, i calendari parlamentari sono fitti, e la finestra utile per modificare la legge elettorale o introdurre deroghe normative si restringe ogni settimana. Tutto mentre Zaia resta silente, ma al centro della scena.

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