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Ocse: l’economia globale rallenta prima di una possibile timida ripresa secondo le nuove proiezioni internazionali

Le ultime stime diffuse dall’Ocse fotografano un’economia globale che procede con passo debole, frenata da tassi di interesse elevati, investimenti contenuti e una domanda ancora fragile nei principali mercati mondiali. L’organizzazione evidenzia come l’attività economica sia entrata in una fase di moderazione più intensa del previsto, con un rallentamento diffuso che coinvolge Stati Uniti, Europa e Cina. Nonostante questo quadro eterogeneo e complesso, le proiezioni indicano la possibilità di una ripresa graduale nel prossimo anno, trainata dalla stabilizzazione dei prezzi, dal miglioramento delle condizioni finanziarie e da una maggiore resilienza dei consumi in alcune aree avanzate.


Il rallentamento è attribuito in larga parte agli effetti cumulativi delle politiche monetarie restrittive adottate dalle banche centrali per contrastare l’inflazione. L’aumento del costo del denaro ha inciso sul credito alle imprese, sui mutui e sulle decisioni di investimento, riducendo la propensione alla spesa e rallentando la produzione industriale. La domanda di beni durevoli rimane debole, mentre i servizi mostrano un ritmo più moderato rispetto ai mesi precedenti. L’Ocse rileva inoltre una maggiore prudenza delle imprese nei programmi di ampliamento degli impianti e di assunzione di personale, segnale che riflette aspettative di crescita ancora limitate.


L’area dell’euro continua a essere uno dei poli più fragili, con una crescita frenata dalla debolezza della Germania e dalle difficoltà persistenti della manifattura. Il comparto industriale europeo risente della riduzione degli ordini internazionali, dell’aumento dei costi logistici e della crescente concorrenza dei produttori asiatici. L’Ocse osserva come la combinazione tra elevati costi energetici, inflazione di fondo ancora superiore al target e condizioni finanziarie rigide continui a limitare l’attività economica, anche se la progressiva discesa dell’inflazione dovrebbe creare uno spazio più ampio per un allentamento delle politiche monetarie nel medio periodo.


Gli Stati Uniti presentano invece un quadro più resiliente, pur mostrando segnali di moderazione nel mercato del lavoro e nei consumi. L’organizzazione rileva che la crescita americana ha beneficiato della forza del settore dei servizi e della dinamica salariale, ma l’impatto dei tassi elevati sui prestiti alle imprese e sulle carte di credito comincia a emergere con maggiore evidenza. La moderazione dell’occupazione in alcuni comparti e la riduzione della spesa delle famiglie con redditi più bassi segnalano una fase di transizione, in cui l’economia potrebbe muoversi verso livelli di crescita più contenuti rispetto agli ultimi trimestri.


La Cina rappresenta uno dei fattori di maggiore incertezza. L’Ocse sottolinea come la seconda economia mondiale stia affrontando un rallentamento strutturale, aggravato dalla crisi del settore immobiliare, dalla fiducia debole dei consumatori e dalle tensioni commerciali con varie economie avanzate. Le misure di stimolo introdotte dalle autorità cinesi non hanno ancora prodotto un effetto uniforme, lasciando aperti interrogativi sulla capacità del Paese di tornare ai livelli di crescita del passato. La debolezza della domanda interna cinese ha ripercussioni dirette sull’export di molti Paesi, in particolare europei, che negli ultimi anni hanno consolidato importanti relazioni commerciali con Pechino.


Le economie emergenti presentano un quadro misto. Alcuni Paesi beneficiano del calo dell’inflazione e del rafforzamento delle valute, mentre altri continuano a essere penalizzati dall’aumento dei costi del debito e dalla volatilità dei mercati finanziari internazionali. L’Ocse segnala che la crescita nei Paesi emergenti è strettamente legata alla stabilità del dollaro e alla domanda globale di materie prime, entrambi fattori che negli ultimi mesi hanno mostrato comportamenti irregolari. La volatilità dei prezzi energetici e agricoli rimane un punto critico, con effetti diretti sui bilanci pubblici e sulla sicurezza alimentare in diverse aree del mondo.


Il mercato del lavoro globale appare complessivamente più stabile rispetto al periodo pandemico, ma emergono segnali di raffreddamento in diverse economie. La crescita moderata dell’occupazione e l’aumento dei salari in alcuni comparti non compensano completamente l’erosione del potere d’acquisto che molte famiglie hanno subito negli ultimi anni. L’Ocse evidenzia come la riduzione dell’inflazione, pur significativa, non abbia ancora ristabilito un equilibrio pieno tra dinamiche salariali e costo della vita, influenzando negativamente consumi e fiducia.


Un tema centrale del rapporto riguarda le prospettive della politica monetaria. Secondo l’Ocse, la fase restrittiva potrebbe avvicinarsi alla conclusione, grazie al rallentamento dell’inflazione e alla minore pressione proveniente dai mercati del lavoro. Tuttavia, l’organizzazione invita alla prudenza, sottolineando che tagli prematuri dei tassi rischierebbero di alimentare nuove pressioni inflazionistiche, mentre un mantenimento eccessivamente rigido potrebbe aggravare il rallentamento in corso. Il margine di intervento delle banche centrali resta quindi legato a un equilibrio delicato tra stabilità dei prezzi e sostegno all’attività economica.


Le proiezioni dell’Ocse indicano un 2025 caratterizzato da una crescita modesta ma più equilibrata, sostenuta dalla normalizzazione delle catene di approvvigionamento, dalla maggiore stabilità dei mercati energetici e dalla graduale ripresa degli investimenti. L’organizzazione sottolinea la necessità di politiche fiscali mirate che proteggano i nuclei più vulnerabili e sostengano i settori strategici, evitando al tempo stesso squilibri nei conti pubblici. Il quadro globale delineato rimane complesso, ma le dinamiche previste per i prossimi trimestri indicano un lento ritorno verso condizioni economiche più stabili.

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