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Israele interrompe la tregua e riprende i raid su Gaza: oltre 400 morti nelle prime 24 ore

Israele ha ripreso i bombardamenti sulla Striscia di Gaza nella notte tra il 17 e il 18 marzo 2025, ponendo ufficialmente fine alla tregua in vigore da gennaio. Il governo di Benjamin Netanyahu ha annunciato il rilancio dell’operazione militare contro Hamas, accusando il gruppo palestinese di aver respinto ogni proposta di prolungamento del cessate il fuoco e di rifiutare il rilascio degli ostaggi israeliani ancora detenuti.


Secondo il ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, nelle prime 24 ore dall’inizio dei bombardamenti sono stati registrati oltre 400 morti e più di 560 feriti. L’esercito israeliano ha colpito obiettivi ritenuti strategici per le milizie di Hamas, tra cui infrastrutture sotterranee, depositi di armi e centri di comando nelle zone settentrionali e centrali della Striscia.


L’operazione israeliana e le ragioni della ripresa delle ostilità

L’IDF (Israel Defense Forces) ha dichiarato che gli attacchi aerei fanno parte di una nuova fase dell’operazione "Forza e Spada", avviata con l’obiettivo di "eliminare la minaccia terroristica di Hamas e ristabilire la sicurezza per i cittadini israeliani". Il portavoce militare Daniel Hagari ha specificato che "Israele non poteva più tollerare l’atteggiamento di Hamas, che ha ignorato ogni tentativo di mediazione internazionale per il rilascio degli ostaggi e continua a minacciare la sicurezza dello Stato ebraico".


Il governo Netanyahu ha sottolineato che l’interruzione della tregua è stata dettata anche da recenti attacchi missilistici partiti dal sud di Gaza verso le città di Sderot e Ashkelon, violando i termini del cessate il fuoco.


Hamas accusa Israele di aver sabotato la tregua

In risposta agli attacchi, Hamas ha rilasciato un comunicato in cui accusa Israele di aver deliberatamente fatto saltare i negoziati per una soluzione pacifica, dichiarando che "Netanyahu ha scelto la guerra e il sangue invece della diplomazia". Il gruppo palestinese afferma che i raid hanno colpito edifici residenziali e infrastrutture civili, causando numerose vittime tra i civili.


L’ala militare di Hamas, le Brigate Al-Qassam, ha minacciato ritorsioni contro Israele, dichiarando di essere pronta a "infliggere un alto prezzo al nemico".


Reazioni internazionali e posizione degli Stati Uniti

L’amministrazione statunitense ha espresso il proprio sostegno a Israele, affermando che la responsabilità della ripresa dei combattimenti ricade interamente su Hamas. Il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca ha dichiarato che "gli Stati Uniti continueranno a sostenere il diritto di Israele a difendersi da qualsiasi minaccia terroristica".


La Russia ha invece condannato i bombardamenti israeliani, definendoli "una pericolosa escalation che allontana la prospettiva di una soluzione pacifica". Anche la Francia ha espresso preoccupazione, chiedendo un immediato ritorno ai negoziati.


Condizioni umanitarie e impatto sulla popolazione civile

Le organizzazioni umanitarie presenti a Gaza hanno segnalato un ulteriore peggioramento della situazione. Gli ospedali della Striscia, già al collasso per la mancanza di medicinali e risorse sanitarie, sono sotto pressione a causa dell’afflusso massiccio di feriti. L’ONU ha lanciato un appello per garantire l’accesso agli aiuti umanitari e per fermare le ostilità prima che la crisi diventi irreversibile.


La popolazione civile di Gaza, colpita da oltre cinque mesi di conflitto, è intrappolata in una situazione drammatica, con scarsità di acqua, cibo ed elettricità. Molte famiglie sfollate durante le precedenti offensive si trovano ancora senza un rifugio sicuro, mentre il numero di vittime continua a crescere.


Contesto della tregua e sue violazioni

L'accordo di cessate il fuoco era stato raggiunto a gennaio 2025 con la mediazione del Qatar e dell’Egitto. Il patto prevedeva una graduale riduzione delle operazioni militari israeliane in cambio del rilascio di alcuni ostaggi e di prigionieri palestinesi. Tuttavia, nelle ultime settimane entrambe le parti si sono accusate reciprocamente di aver violato i termini dell’intesa.


Hamas aveva lamentato un’insufficiente apertura dei valichi di frontiera per l’ingresso degli aiuti umanitari e la mancata liberazione di detenuti palestinesi da parte di Israele. Dal canto suo, il governo Netanyahu ha più volte denunciato il mancato rilascio di alcuni ostaggi da parte di Hamas e la ripresa dei lanci di razzi verso il territorio israeliano.


Possibili scenari futuri

Gli analisti internazionali prevedono un’ulteriore intensificazione delle operazioni israeliane nei prossimi giorni, con il rischio di un conflitto su larga scala. Il ritorno alla guerra aperta segna un fallimento della diplomazia e potrebbe avere ripercussioni anche a livello regionale, con la possibilità di un coinvolgimento di Hezbollah dal Libano e di altri attori del Medio Oriente.


La comunità internazionale resta divisa sulle possibili soluzioni. Mentre gli Stati Uniti confermano il loro sostegno a Israele, alcuni Paesi europei e le Nazioni Unite chiedono un immediato ritorno ai negoziati. Tuttavia, con le operazioni militari in corso e la crescente tensione tra le due parti, il futuro appare più incerto che mai.

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