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ISEE 2024: l’esclusione dei titoli di Stato e l’effetto domino sul welfare locale

Con la legge di bilancio 2024 il Governo ha introdotto una modifica sostanziale nei criteri di determinazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), escludendo fino a 50.000 euro di titoli di Stato dal patrimonio mobiliare calcolato ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate. L’obiettivo dichiarato è duplice: incentivare gli investimenti nei titoli del debito pubblico italiano e aumentare la quota di risparmio nazionale impiegata a sostegno della finanza sovrana.


La norma si applica a titoli come BTP, BOT, CCT, e ai prodotti garantiti dallo Stato come i buoni fruttiferi postali. Di fatto, un nucleo familiare che possieda titoli di Stato fino a 50.000 euro non vedrà tale importo conteggiato nel proprio patrimonio ai fini ISEE. La misura, approvata con l’articolo 1, comma 227 della Legge 213/2023, si inserisce in un più ampio disegno di valorizzazione del risparmio domestico come leva di stabilizzazione del debito pubblico e come risposta strutturale al progressivo disimpegno delle banche estere.


Ma le implicazioni sociali e amministrative della riforma sono tutt’altro che marginali. L’esclusione dei titoli dal calcolo dell’ISEE determina un abbattimento dell’indicatore per migliaia di nuclei familiari, soprattutto nel ceto medio patrimonializzato. Il risultato immediato è che una quota crescente di cittadini diventa formalmente idonea all’accesso a prestazioni assistenziali prima precluse: assegni di maternità, bonus nido, borse di studio, agevolazioni sulle mense scolastiche, contributi per affitti e utenze, esenzioni sanitarie, contributi per disabili e anziani non autosufficienti.


Il nodo centrale, tuttavia, è la natura decentrata di gran parte delle prestazioni agevolate. I Comuni, già chiamati a far fronte a vincoli di bilancio e a una domanda sociale crescente, rischiano di dover affrontare un aumento della platea dei beneficiari senza disporre di risorse aggiuntive. Alcuni enti, in particolare nei capoluoghi del Centro-Nord, hanno segnalato che l’applicazione della norma potrebbe comportare un incremento del 15-20% delle domande per nidi e mense, a fronte di una capacità finanziaria invariata.


Ciò che viene denunciato dagli amministratori locali è un effetto domino che mette a rischio la tenuta dei servizi sociali comunali. Da un lato, aumenta la concorrenza tra i beneficiari; dall’altro, i criteri economici di selezione non riflettono più correttamente la reale situazione economica, perché premiano chi ha capitali liquidi o titoli di Stato rispetto a chi ha redditi regolari ma non patrimonio. In assenza di una clausola di salvaguardia o di compensazioni finanziarie, i Comuni potrebbero essere costretti a innalzare le soglie ISEE per l’accesso ai benefici, ridurre gli importi erogati o applicare forme di cofinanziamento.


Il tema tocca anche le università, le aziende sanitarie, le aziende per il diritto allo studio e le regioni che erogano sussidi in base all’ISEE. In assenza di correttivi, la riforma rischia di introdurre effetti regressivi e di produrre nuove disparità tra territori, a seconda della capacità fiscale dei singoli enti. In alcune Regioni si è aperto un confronto tra amministrazioni e CAF per monitorare l’impatto della novità sulle pratiche ISEE presentate da gennaio 2024: i primi dati mostrano un aumento del numero di famiglie sotto soglia 15.000 euro, ma con livelli di patrimonio più elevati.


L’INPS, titolare della banca dati ISEE, non ha ancora fornito un monitoraggio strutturato sugli effetti della norma, ma è atteso un primo rapporto tecnico entro maggio. Nel frattempo, l’ANCI ha chiesto al Governo di istituire un fondo compensativo per i Comuni e di valutare un ritorno a criteri di calcolo più omogenei, proponendo di escludere i titoli solo per la parte acquisita dopo l’entrata in vigore della norma.


La questione si intreccia con il dibattito sull’efficacia e l’equità del modello ISEE, che negli ultimi anni ha subito numerose modifiche e che molti osservatori definiscono ormai inadatto a rappresentare le reali condizioni economiche dei nuclei familiari. L’introduzione dell’ISEE precompilato, che ha semplificato la procedura ma ha irrigidito la base dati, si scontra con le esigenze di flessibilità richieste da un sistema di welfare sempre più selettivo. In questo quadro, la deroga per i titoli di Stato rischia di alterare ulteriormente gli equilibri già precari tra universalismo e selettività.

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