Sono discordanti i pareri su come ottenere il perfetto passaggio generazionale nelle imprese familiari, consentendo loro una certa longevità nel panel dedicato al Festival dell’Economia di Trento. Se per Fabio Corsico, docente dell’Università Luiss Business School e per chi ha vissuto virtuose esperienze come Sergio Marullo di Corndojanni, ceo di Angelini Industries, l’imprenditore Francesco Micheli, e Giovanni Tamburi di TIP, la riuscita dell’operazione sta “in un passaggio di qualità, che passi l’”essenza imprenditoriale”, prima che la genetica, e che si fondi quindi su regole differenti dal sangue”, ben diversamente la pensa Massimo Ponzellini. Per il presidente onorario della Banca europea degli investimenti, infatti, l’essenza è tutta “nella fortuna, perché un imprenditore degno di tale nome è difficilmente riproducibile”.
“Ogni azienda nasce come familiare” – afferma Fabio Corsico, docente dell’Università Luiss Business School in Gestione della Famiglia, in apertura del panel che indaga il successo delle imprese familiari e i passaggi generazionali interni ad esse, al Festival dell’Economia di Trento. “Non dobbiamo poi dimenticare, contrariamente al nostro istintivo pensiero, che non stiamo necessariamente parlando di piccole e medie imprese. Garantirne la durata, di generazione in generazione, va quindi di pari passo con una certa lucidità: bisogna comprendere se i propri familiari hanno effettivamente voglia di creare del valore o se sia invece il caso di separare sangue e lavoro, soprattutto nei ruoli dirigenziali, nelle posizioni da ceo. La famiglia rimane sempre la stessa, ma le aziende evolvono in fretta, e non va dimenticato”.
Scelte che si legano a doppio filo al buonsenso anche per Sergio Marullo di Condojanni, ceo di Angelini Industries, che rimarca a sua volta l’importanza del “coraggio delle scelte, fatte secondo dei criteri esterni, dati dagli strumenti giuridici e fiscali, ma anche secondo dei criteri interni, diversi a seconda dell’azienda e delle sue necessità”.
Meno ottimista la visione di Massimo Ponzellini, presidente onorario Banca europea degli investimenti, che rimanda tutto “alla fortuna. Del resto lo dimostrano i dati: se il 30% aziende sono di prima generazione, il 41% di seconda, il 21% di terza, solo il 4% raggiunge la quarta. Un imprenditore al pari del fondatore sarà difficilmente replicabile, anche perché, laddove lo fosse, non farebbe il successore”.
Eppure, come riporta Francesco Micheli, imprenditore e finanziere, “le imprese familiari sono un pilastro dell’economia italiana, costituendo il 42% del totale, producendo il 41% del pil e 1/3 degli investimenti. Ad oggi le grandi sfide a cui sono chiamate a guardare sono però la transizione verde e digitale. Due punti affrontabili solo con l’aiuto di private equity”. Che la risposta possa stare nel mercato, lo pensa anche Giovanni Tamburi, presidente e amministratore delegato di TIP Tamburi Investments Partners Spa: “Non è vero che esiste solo la fortuna, è importante anche cercare di stabilire un equilibrio tra le esigenze della famiglia e le esigenze dell’azienda, ricordando che spesso queste imprese che sono dinamiche, creano valore e devono quindi trovare legittimazione nella borsa”.
E per chi volesse fare l’imprenditore di prima generazione? La risposta, per il giovane pubblico del Festival, viene ancora una volta da un tranchant Ponzellini: “Impegno, coraggio, ma senza dimenticare che c’è sempre quella pagina bianca che si può solo sperare giri dalla propria”.
Fonte: Festival Economia 2023
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