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Il nuovo allarme della Nato: secondo il segretario generale Rutte la Russia potrebbe attaccare entro cinque anni, cresce la pressione sugli alleati e sulla capacità di difesa europea

Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha lanciato un nuovo avvertimento sulla tempistica entro cui l’Alleanza potrebbe trovarsi a fronteggiare una minaccia diretta da parte della Russia. Secondo le più recenti analisi condivise ai Paesi membri, Mosca sarebbe in grado di ricostituire completamente il proprio apparato militare e avviare un’azione offensiva contro un Paese dell’Alleanza in un arco temporale stimato tra i tre e i cinque anni. Il monito, diffuso in un momento già segnato da una crescente instabilità internazionale, richiama gli Stati europei all’urgenza di accelerare gli investimenti nella difesa, nel potenziamento delle capacità industriali e nel rafforzamento della cooperazione militare.


Le considerazioni di Rutte si basano su una valutazione congiunta effettuata dagli Stati membri, che negli ultimi mesi hanno monitorato con attenzione l’evoluzione della capacità offensiva russa nonostante il protrarsi del conflitto in Ucraina. Le informazioni raccolte indicano che Mosca sta accelerando la riconversione industriale a favore del settore bellico, aumentando la produzione di armamenti e ampliando gli stabilimenti dedicati alle munizioni e ai mezzi blindati. Il livello delle esportazioni è stato drasticamente ridotto per destinare risorse alla ricostruzione dell’arsenale e alla preparazione di scenari in cui il confronto con l’Occidente potrebbe intensificarsi.


Il segretario generale ha sottolineato che la Nato non considera imminente un attacco, ma ritiene necessario prepararsi a uno scenario che non può più essere escluso. La guerra in Ucraina ha mostrato come la Russia sia disposta a sostenere un conflitto prolungato e ad adattarsi rapidamente alle pressioni economiche e militari. L’ipotesi che entro pochi anni possa tentare di testare la resilienza di un Paese dell’Alleanza, soprattutto nelle aree più esposte del fianco orientale, spinge la Nato a compiere un salto di qualità nella pianificazione strategica e nella capacità di deterrenza.


La risposta richiesta agli Stati europei riguarda prima di tutto gli investimenti. Rutte ha ribadito che la soglia del 2% del Pil per la spesa militare deve diventare un minimo e non un obiettivo da raggiungere gradualmente. Molti Paesi hanno accelerato gli impegni, ma l’Europa rimane indietro rispetto alle necessità di un conflitto ad alta intensità. In particolare, la capacità industriale occidentale non è ancora in grado di sostenere un flusso di produzione paragonabile a quello russo, che ha adottato un modello di economia di guerra riducendo lo spazio del settore civile.


Accanto alla questione degli investimenti, emerge il tema della sicurezza delle infrastrutture critiche, considerate da Rutte una delle possibili aree di vulnerabilità. Reti energetiche, sistemi di comunicazione, cavi sottomarini e snodi logistici rappresentano bersagli potenziali in caso di escalation ibrida o di operazioni sotto soglia. L’Alleanza sta lavorando a piani coordinati per proteggere queste strutture, consapevole che un attacco non deve necessariamente manifestarsi attraverso un’invasione territoriale per avere effetti destabilizzanti.


La guerra in Ucraina continua a essere l’indicatore principale del comportamento strategico della Russia. I progressi ottenuti dalle forze russe in alcune aree del fronte, insieme alla capacità di sostenere un ritmo costante di attacchi, indicano che l’apparato militare di Mosca mantiene un livello di efficienza più elevato di quanto previsto da molti analisti nei primi mesi del conflitto. Il Cremlino ha dimostrato di saper riorganizzare il sistema di reclutamento e di poter contare su un nucleo industriale difficilmente impattabile dalle sanzioni esistenti, anche grazie al supporto di Paesi terzi.


La Nato sta lavorando all’aggiornamento dei piani di difesa collettiva e alla distribuzione delle forze sul territorio europeo. L’obiettivo è garantire che i Paesi baltici e il fronte orientale dispongano di contingenti adeguati a scoraggiare qualunque tentativo di destabilizzazione. Una delle priorità riguarda la rapidità di dispiegamento delle truppe e la capacità di integrare sistemi di difesa aerea e missilistica in un’unica rete coerente. Questo approccio, che supera la tradizionale distinzione tra capacità nazionali e capacità dell’Alleanza, rappresenta un’evoluzione necessaria per affrontare un avversario che ha dimostrato di saper combinare guerra convenzionale, attacchi cibernetici e operazioni di disinformazione.


Il messaggio di Rutte, forte anche del consenso interno ai Paesi alleati, mira a evitare che l’Europa sottovaluti la finestra temporale in cui la Russia potrebbe recuperare pienamente la propria forza militare. La previsione di un rischio concreto entro cinque anni non è una dichiarazione allarmistica, ma una valutazione strategica che intende stimolare un’accelerazione di politiche già avviate ma ancora insufficienti. L’Alleanza, secondo il segretario generale, deve passare da una logica di risposta a una logica di preparazione anticipata, facendo della deterrenza avanzata il suo pilastro operativo per garantire stabilità e sicurezza ai Paesi membri.

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