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Cresce nei Paesi nordici il boicottaggio dei prodotti made in USA: protesta commerciale e reazione popolare contro le politiche di Washington

Nel corso degli ultimi mesi, la Danimarca e altri Paesi nordici come Svezia e Norvegia hanno assistito a un’ondata crescente di boicottaggio verso i prodotti statunitensi.Un movimento che, da protesta isolata sui social, si è trasformato in un fenomeno diffuso, con ricadute concrete sul mercato e implicazioni politiche evidenti. La miccia è stata accesa da una combinazione di fattori: dalle recenti dichiarazioni aggressive del presidente Trump sulla sovranità della Groenlandia, alle tensioni geopolitiche relative alla guerra in Ucraina, fino all’accusa più generale di imperialismo economico e militare degli Stati Uniti.


Origini del boicottaggio e ruolo della Groenlandia

Il punto di partenza della protesta è da individuare nelle dichiarazioni rilasciate dall’amministrazione Trump sulla possibilità di un’"annessione volontaria" della Groenlandia agli Stati Uniti.Tali affermazioni, considerate arroganti e inaccettabili da gran parte dell’opinione pubblica danese, hanno generato una reazione indignata che ha trovato sfogo nel boicottaggio commerciale.Nel giro di pochi giorni è nato su Facebook il gruppo “Boykot varer fra USA” (“Boicottare i prodotti USA”), che ha raccolto oltre 50.000 adesioni in meno di una settimana. Al suo interno vengono pubblicate liste aggiornate di marchi americani da evitare, suggerimenti per alternative europee e riflessioni sul legame tra consumo e politica.


L’adesione della grande distribuzione e la stella nera

A sostenere l’iniziativa non sono solo cittadini comuni, ma anche operatori della grande distribuzione. Il colosso danese Salling Group, che controlla le catene Føtex, Bilka e Netto, ha avviato una campagna informativa per aiutare i consumatori a distinguere i prodotti europei da quelli americani.Nei punti vendita, i prodotti alternativi a quelli made in USA sono contrassegnati con una stella nera su sfondo bianco, un sistema visivo che mira a facilitare la scelta consapevole a scaffale.Pur evitando prese di posizione esplicite, l’azienda ha dichiarato che “risponde alla domanda crescente di trasparenza e responsabilità nei consumi”.


Espansione del movimento in Svezia e Norvegia

La protesta ha rapidamente superato i confini danesi. In Norvegia, la compagnia di bunkeraggio Haltbakk Bunkers ha annunciato che non fornirà più carburante alle navi militari americane, motivando la scelta con ragioni etiche legate alla presenza USA nell’Artico.In Svezia, uno degli effetti più tangibili è stato il crollo nelle vendite del marchio Tesla: secondo i dati diffusi dall’associazione automobilistica svedese, a gennaio 2025 si è registrato un calo del 44% rispetto all’anno precedente.Anche in Islanda e Finlandia sono emerse iniziative analoghe, soprattutto tra gruppi studenteschi e associazioni ambientaliste.


Strumenti digitali per un boicottaggio consapevole

A supporto del boicottaggio, sono nate nuove piattaforme e strumenti digitali.L’app “BuyEuropean”, sviluppata da un team di programmatori indipendenti danesi, consente agli utenti di scansionare i codici a barre dei prodotti e ricevere in tempo reale informazioni sulla loro origine e proprietà aziendale.Sul portale “BoikotUSA.dk” sono disponibili articoli informativi, un database aggiornato dei marchi americani e una guida per piccoli negozianti che vogliono rifornirsi esclusivamente da distributori europei.


Tra i prodotti sotto accusa figurano marchi storici come Coca-Cola, Pepsi, McDonald's, Starbucks, Nike, Levi's, Amazon, e altri simboli del consumismo americano.Gli utenti suggeriscono alternative locali: MoleCola al posto di Coca-Cola, patatine San Carlo invece di Lay’s, oppure l’utilizzo di marketplace europei come Otto o Bol.com in sostituzione di Amazon.


Implicazioni economiche e reazioni istituzionali

Sul piano economico, l’impatto del boicottaggio è ancora in fase di valutazione.Secondo alcune stime preliminari, le importazioni di prodotti alimentari statunitensi in Danimarca sono diminuite del 12% nel primo trimestre del 2025.Le associazioni dei commercianti hanno confermato un calo nella domanda di prodotti americani, con una ridistribuzione verso marchi tedeschi, italiani e francesi.

Il governo danese, pur non avallando ufficialmente la protesta, ha sottolineato in diverse occasioni il diritto dei consumatori a orientare le proprie scelte in base a principi etici. Il ministro degli Esteri danese ha parlato di “una tensione diplomatica aperta con Washington” e ha ribadito il sostegno di Copenaghen alla linea europea su commercio e politica estera, compreso il pieno appoggio a Kiev.


Effetti culturali e prospettive future

La protesta contro i prodotti statunitensi nei Paesi nordici non si limita alla dimensione commerciale, ma assume anche un significato culturale. In molte università si organizzano seminari sul “consumo critico” e sulla “decolonizzazione simbolica” dell’immaginario collettivo. Il boicottaggio è vissuto da molti giovani come un gesto di coerenza e resistenza contro modelli economici percepiti come oppressivi o invasivi. Al contempo, cresce l’interesse per il made in Europe, per i prodotti artigianali e per le filiere corte e sostenibili.


L’evoluzione del boicottaggio dipenderà anche dalla capacità degli Stati Uniti di ricucire i rapporti diplomatici con i partner europei e di ricalibrare la propria presenza economica e militare nella regione nordica, sempre più sensibile ai temi della sovranità, della sostenibilità e della giustizia internazionale.

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