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Corsa al bonus mamme: 870mila lavoratrici con almeno due figli pronte a beneficiarne

La nuova misura del “bonus mamme” ha registrato un’adesione superiore alle aspettative, con circa 870mila lavoratrici italiane che potrebbero accedere all’esonero contributivo previsto per le madri con almeno due figli. La misura, inserita nella legge di bilancio e attuata attraverso una circolare dell’INPS, rappresenta uno degli interventi principali a sostegno dell’occupazione femminile e della natalità, due settori in cui l’Italia continua a registrare indicatori tra i più bassi d’Europa. L’esenzione, che interessa sia il settore pubblico sia quello privato, mira a ridurre il costo del lavoro e a incentivare la permanenza delle madri nel mercato occupazionale, in un contesto economico ancora segnato da fragilità e disuguaglianze di genere.


Il provvedimento prevede l’esonero totale dai contributi previdenziali a carico della lavoratrice, fino a un massimo di 3mila euro annui, per le madri con due o più figli. L’agevolazione avrà durata biennale per le lavoratrici con due figli e si estenderà fino al compimento del diciottesimo anno del figlio più piccolo per le madri con almeno tre figli. L’esonero riguarda i contributi previdenziali versati all’INPS, restando esclusi i premi assicurativi INAIL, e non influisce sul calcolo delle prestazioni pensionistiche. Il beneficio si applica automaticamente, senza necessità di presentare domanda, ma previa comunicazione del datore di lavoro e verifica dei requisiti da parte dell’istituto.


Secondo le stime dell’INPS, la platea potenziale di beneficiarie è composta da circa 520mila lavoratrici dipendenti nel settore privato e 350mila nel pubblico impiego. L’effetto finanziario per lo Stato è stimato in circa 1,5 miliardi di euro annui, coperti parzialmente dal fondo per le politiche familiari e da risorse europee destinate alla parità di genere. La misura si colloca nel solco di un più ampio piano di sostegno alla natalità, che include anche il potenziamento dell’assegno unico universale e la detassazione dei fringe benefit aziendali legati alla genitorialità.


L’obiettivo dichiarato dal governo è duplice: favorire la partecipazione delle donne al lavoro e contrastare il calo demografico. In Italia, secondo i dati Istat, il tasso di occupazione femminile è ancora fermo al 52,5%, ben al di sotto della media europea, mentre la natalità ha toccato nel 2024 un nuovo minimo storico con meno di 380mila nascite. La difficoltà di conciliare lavoro e famiglia rappresenta uno dei principali ostacoli alla scelta di avere figli, e la carenza di servizi per l’infanzia incide fortemente sulla decisione di restare nel mercato del lavoro dopo la maternità. Il bonus mamme punta a invertire questa tendenza, introducendo un incentivo diretto che riduce il costo contributivo per chi lavora e premia la continuità occupazionale.


Il beneficio, tuttavia, non è esente da criticità. Gli esperti di diritto del lavoro segnalano che la misura rischia di favorire in modo disomogeneo alcune categorie di lavoratrici, in particolare quelle a tempo indeterminato e con redditi medio-alti, lasciando ai margini le donne con contratti precari o a tempo parziale, che rappresentano una quota significativa dell’occupazione femminile in Italia. Altre perplessità riguardano la temporaneità del provvedimento: l’esonero, se non stabilizzato, potrebbe produrre effetti limitati nel tempo, senza incidere in modo strutturale sul divario di genere.


Le organizzazioni sindacali hanno accolto positivamente il provvedimento, pur chiedendo un’estensione della misura anche alle lavoratrici autonome e parasubordinate, oggi escluse dal beneficio. Le associazioni datoriali, invece, hanno evidenziato il vantaggio indiretto che la misura produce anche per le imprese, riducendo il costo del lavoro e favorendo la stabilizzazione dei rapporti occupazionali. In diversi settori, soprattutto nel manifatturiero e nei servizi, il bonus potrebbe tradursi in un incentivo all’assunzione di donne con figli, contribuendo a ridurre la penalizzazione occupazionale legata alla maternità.


L’INPS, attraverso la sua piattaforma digitale, ha predisposto un sistema automatizzato per la verifica dei requisiti, incrociando i dati anagrafici con quelli contributivi. I datori di lavoro potranno comunicare direttamente la richiesta di applicazione dell’esonero, che decorre dal mese successivo alla verifica. L’istituto ha chiarito che l’esonero non si applica retroattivamente, ma solo per i periodi contributivi successivi alla data di attivazione del beneficio.


A livello politico, il bonus mamme rappresenta un punto qualificante della strategia di welfare del governo, che intende ampliare le misure di sostegno alla famiglia e alle politiche demografiche. Il Ministero del Lavoro sta valutando l’ipotesi di integrare la misura con un nuovo piano di incentivi per le aziende che adottano politiche di flessibilità oraria, smart working e congedi parentali retribuiti. L’idea è quella di trasformare il bonus in uno strumento permanente di valorizzazione della maternità, superando la logica del sostegno temporaneo e rendendolo parte integrante del sistema contributivo.


Le prossime settimane saranno decisive per valutare gli effetti concreti dell’iniziativa. L’INPS pubblicherà un primo rapporto entro la fine dell’anno con i dati relativi alle adesioni effettive e al profilo socioeconomico delle beneficiarie. Il successo della misura sarà misurato non solo in termini di adesione numerica, ma anche rispetto alla capacità di favorire la permanenza nel lavoro delle madri e di ridurre il divario occupazionale tra uomini e donne. In un Paese che continua a fare i conti con un declino demografico strutturale, il bonus mamme si propone come una delle leve principali per restituire centralità alla famiglia e sostenere la partecipazione femminile al mercato del lavoro.

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