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Congresso Pd a Pisa, scontro tra riformisti e “schleiniani”: Ceccanti contesta il voto e ricorre al partito nazionale

Il congresso cittadino del Partito Democratico di Pisa, tenutosi nei giorni scorsi, si è concluso in un clima teso e carico di polemiche, aprendo una frattura politica che potrebbe avere conseguenze rilevanti sul futuro dell’intera federazione provinciale. L’esito del congresso, che ha visto la netta affermazione della mozione sostenuta dall’area vicina alla segretaria nazionale Elly Schlein, ha provocato la reazione dura della componente riformista, guidata a livello locale da Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex parlamentare, che ha annunciato il ricorso agli organismi nazionali del partito, denunciando gravi irregolarità nella gestione del voto e la presunta nullità del congresso stesso.


Al centro dello scontro vi sono le modalità con cui è stato convocato e celebrato il congresso, che per la componente riformista non rispetterebbero né il regolamento interno del partito né i principi fondamentali di trasparenza e pluralismo. In particolare, Ceccanti contesta il mancato rispetto delle regole sulla composizione dell’assemblea e sulla validità del tesseramento, lamentando che numerosi iscritti “storici” sarebbero stati esclusi dalle procedure congressuali a vantaggio di nuovi tesserati, ritenuti vicini alla mozione vincente, iscritti in blocco a ridosso delle scadenze.


La mozione sostenuta dai “schleiniani” ha ottenuto circa il 70% dei consensi espressi, garantendosi così la guida del partito cittadino, ma secondo Ceccanti il risultato è viziato da “gravi vizi di forma e sostanza” che invaliderebbero il congresso. Tra le accuse rivolte vi è anche quella di aver impedito un confronto reale tra le due mozioni, con tempi ristretti e spazi di discussione compressi. Il ricorso, depositato formalmente presso la commissione nazionale di garanzia del Pd, chiede l’annullamento della votazione e la convocazione di un nuovo congresso cittadino con regole certe e verificate.


Il caso pisano si inserisce in un contesto più ampio di tensioni interne al Pd tra le diverse anime del partito, in particolare tra la nuova maggioranza che fa capo alla segretaria Schlein e le correnti di ispirazione riformista e liberal-democratica. Pisa, da sempre considerata un laboratorio politico del centrosinistra toscano, ha rappresentato negli ultimi anni un bastione dell’area più moderata del partito. La perdita della guida locale da parte dei riformisti è dunque vissuta non solo come una sconfitta politica, ma come un segnale di marginalizzazione interna.


Il congresso, secondo quanto ricostruito da fonti locali, è stato caratterizzato da un’affluenza superiore alle attese, con centinaia di nuovi iscritti registrati nelle ultime settimane utili. La componente riformista ha sollevato dubbi sull’autenticità di questi tesseramenti, chiedendo verifiche puntuali sulle modalità di adesione. Inoltre, sarebbe stata sollevata la questione della mancata certificazione dei verbali da parte di alcuni seggi, elemento che, se confermato, potrebbe effettivamente inficiare la regolarità della procedura.


Sul piano politico, i rappresentanti della mozione vincente hanno respinto al mittente le accuse, definendole “strumentali” e motivate dalla “difficoltà ad accettare un risultato chiaro e democratico”. In una nota, i portavoce della nuova segreteria hanno sottolineato che “il congresso si è svolto secondo le regole approvate dagli organismi competenti” e che “ogni passaggio è stato verificato dalla commissione congressuale”. Per l’area schleiniana, il voto rappresenta “una svolta necessaria per il rilancio del partito sul territorio” e “la conferma che il nuovo Pd aperto e inclusivo ha il sostegno della base”.


La vicenda ha suscitato reazioni anche al di fuori del perimetro pisano. Alcuni esponenti del Pd nazionale vicini all’area riformista hanno espresso solidarietà a Ceccanti e preoccupazione per l’andamento dei congressi territoriali, denunciando un clima di “chiusura” e “epurazione sistematica” che rischia di minare l’unità del partito. Dall’altra parte, i sostenitori della linea Schlein accusano gli avversari interni di voler ostacolare il rinnovamento del Pd e di essere legati a vecchie logiche correntizie. Il segretario regionale toscano Emiliano Fossi, pur non entrando nel merito del ricorso, ha invitato alla calma e al rispetto delle procedure, sottolineando che “ogni valutazione sarà fatta dagli organismi competenti”.


Il ricorso alla commissione nazionale di garanzia rappresenta ora un passaggio decisivo. Se accolto, potrebbe aprire un precedente significativo, con effetti anche su altri congressi locali già contestati in diverse aree del Paese. Se respinto, segnerebbe invece una vittoria definitiva per la nuova leadership pisana, ma rischierebbe di alimentare ulteriori divisioni interne. In ogni caso, la vicenda pone interrogativi importanti sulla tenuta democratica del partito e sulla sua capacità di gestire il pluralismo interno in una fase in cui il Pd è chiamato a definire la propria identità politica e strategica nel contesto post-renziano e nell’epoca della leadership di Elly Schlein.


L'episodio di Pisa potrebbe diventare un banco di prova per la stessa segretaria nazionale, che ha sempre sostenuto la necessità di un Pd partecipato e trasparente, ma che ora deve fare i conti con le conseguenze operative del rinnovamento invocato. La gestione dei congressi territoriali e delle dinamiche interne diventa così terreno delicato, dove si misurano la credibilità e la capacità di leadership della nuova direzione. I prossimi mesi diranno se la linea della coesione sarà capace di prevalere sul rischio di una frammentazione crescente.

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