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Ceramica italiana in allarme: l’industria avverte l’Europa sul rischio crisi senza interventi urgenti

L’industria ceramica italiana lancia un nuovo allarme sulla situazione del settore, chiedendo all’Europa interventi immediati per evitare una crisi che potrebbe compromettere la competitività dei distretti produttivi. Le imprese segnalano l’impatto combinato di costi energetici ancora elevati, concorrenza internazionale sempre più aggressiva e un quadro regolatorio che penalizza le produzioni ad alta intensità energetica, mettendo a rischio uno dei comparti manifatturieri più rappresentativi del Made in Italy. Le tensioni sono crescenti soprattutto nel distretto emiliano, cuore della produzione nazionale, che negli ultimi anni ha dovuto confrontarsi con oscillazioni dei prezzi del gas, richieste normative stringenti e un rallentamento della domanda nei mercati europei.


Le aziende evidenziano che i costi energetici, pur inferiori ai picchi registrati durante la crisi del 2022, restano su livelli che compromettono i margini operativi. Il settore ceramico richiede processi produttivi basati su forni ad altissime temperature, con un fabbisogno energetico che non può essere ridotto senza compromettere la qualità dei prodotti. Questa caratteristica tecnica rende il comparto particolarmente vulnerabile alle fluttuazioni del mercato del gas e alle politiche climatiche europee, che prevedono una progressiva riduzione delle emissioni in settori industriali considerati energivori. Le imprese chiedono una revisione del quadro regolatorio, sostenendo che transizioni troppo rapide rischiano di mettere in difficoltà un settore già sotto pressione.


Sul fronte competitivo, il comparto segnala la crescente presenza sui mercati europei di prodotti provenienti da Paesi extra UE, caratterizzati da costi di produzione inferiori e normative ambientali meno stringenti. Il differenziale di costo tra la ceramica italiana e quella asiatica continua ad ampliarsi, creando squilibri che rendono difficile difendere le quote di mercato tradizionali. Gli operatori sottolineano che la competizione non avviene solo sul prezzo, ma anche sulla tempistica di consegna e sulla capacità di saturare l’offerta, elementi che favoriscono i produttori di Paesi dove i costi energetici e del lavoro sono sensibilmente più contenuti. Questo scenario accentua la necessità di strumenti europei che compensino la disparità regolatoria e proteggano le filiere industriali strategiche.


La domanda internazionale mostra segnali di rallentamento soprattutto nel mercato europeo, che rappresenta il principale sbocco per la ceramica italiana. Il calo degli ordini è collegato alla flessione del settore edilizio, alla riduzione degli investimenti immobiliari e alla prudenza delle imprese nella gestione degli stock. Le aziende del comparto segnalano che molte catene distributive europee stanno diminuendo i livelli di magazzino e posticipando gli acquisti, nella speranza di una stabilizzazione dei prezzi e di una maggiore visibilità economica nei prossimi trimestri. Questa dinamica sta incidendo in modo significativo sulla capacità produttiva del comparto, con alcuni stabilimenti costretti a ridurre i turni o a sospendere temporaneamente alcune linee.


Un altro elemento critico riguarda il sistema dei dazi e degli strumenti di tutela commerciale. Le imprese chiedono all’Unione Europea una maggiore attenzione al tema del dumping e della concorrenza sleale, soprattutto nei confronti dei Paesi che non adottano gli stessi standard ambientali e sociali. La richiesta è quella di introdurre meccanismi di controllo più efficaci e interventi correttivi che permettano di mantenere condizioni di mercato eque. La ceramica italiana rappresenta una filiera tecnologicamente avanzata, basata su investimenti continui in automazione, ricerca e materiali innovativi, ma senza strumenti di tutela rischia di perdere competitività nel confronto globale.


La situazione è resa più complessa dalla necessità di continuare a investire in innovazione per rispondere alle nuove richieste del mercato. Le imprese stanno destinando risorse importanti allo sviluppo di superfici tecniche, prodotti sostenibili e tecnologie di stampa avanzate, ma lamentano un contesto in cui gli investimenti diventano più onerosi e rischiosi. Il settore richiede rapidità nell’ammodernamento degli impianti e nell’adozione di soluzioni che riducano l’impatto ambientale, ma senza un sostegno strutturale diventa difficile mantenere il ritmo necessario per garantire competitività.


Le associazioni di categoria evidenziano anche il tema della carenza di personale qualificato. Le aziende faticano a reperire tecnici, operatori specializzati e figure professionali con competenze avanzate, necessarie per gestire macchinari evoluti e processi digitalizzati. La mancanza di manodopera mette ulteriormente sotto pressione il comparto e impone una riflessione sui percorsi formativi, sulle collaborazioni con scuole tecniche e sull’attrazione di nuove competenze dall’estero, in un quadro in cui la domanda di figure altamente specializzate continua a crescere.


La ceramica italiana resta un settore simbolo della manifattura nazionale, capace di generare esportazioni per miliardi e di trainare filiere collegate che includono macchine per ceramica, chimica, logistica e servizi. Le richieste rivolte all’Europa riguardano la necessità di creare un contesto più equilibrato, in cui le politiche energetiche e ambientali siano compatibili con la salvaguardia delle industrie strategiche che hanno costruito il peso competitivo del continente. Il rischio segnalato dalle imprese è quello di un indebolimento strutturale del comparto, che comprometterebbe uno dei principali asset industriali del Paese e dell’Unione Europea.

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