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Ristorazione collettiva, margini dimezzati e il nodo CAM: il settore tra rincari e sostenibilità

Il settore della ristorazione collettiva in Italia affronta una fase di forte pressione economica e gestionale. A causa di un quadro inflattivo particolarmente severo, dell’adeguamento alle nuove normative ambientali e di una concorrenza sempre più aggressiva, le imprese che operano nel comparto hanno visto assottigliarsi drasticamente i propri margini. Il costo delle materie prime alimentari, dell’energia e del lavoro è aumentato, mentre i ricavi sono frenati da contratti pubblici pluriennali a prezzo fisso, che non prevedono adeguamenti automatici. Al centro del dibattito vi è il rispetto dei CAM – i Criteri Ambientali Minimi – oggi obbligatori per le gare pubbliche nel settore alimentare, ma considerati insostenibili da gran parte degli operatori, se non accompagnati da una revisione delle condizioni economiche.


Riduzione dei margini operativi

Secondo i dati forniti dalle associazioni di categoria, il margine operativo netto delle aziende di ristorazione collettiva è sceso mediamente al di sotto del 2%, in molti casi fino all’1% o meno. Una situazione che si è aggravata progressivamente dal 2022, in coincidenza con l’impennata dei costi energetici e alimentari. I contratti di appalto pubblici, che rappresentano circa il 70% del fatturato del settore, non prevedono clausole di revisione prezzi coerenti con l’inflazione reale. Questo significa che le aziende sono chiamate a garantire lo stesso servizio, spesso a condizioni economiche negoziate anni prima e oggi non più sostenibili.


Nel solo comparto delle mense scolastiche ed ospedaliere – i due principali ambiti della ristorazione collettiva pubblica – il numero di aziende che ha dovuto rinunciare a gare o addirittura rescindere anticipatamente i contratti per impossibilità economica è cresciuto in modo esponenziale nell’ultimo biennio. In molti casi, i fornitori si trovano a dover erogare pasti a un costo inferiore a quello della sola materia prima.


L’impatto dei Criteri Ambientali Minimi (CAM)

I CAM sono oggi vincolanti in tutte le gare pubbliche per servizi di ristorazione e impongono l’impiego di una quota elevata di prodotti biologici, l’utilizzo di materiali compostabili o riciclabili per le stoviglie, la predisposizione di sistemi di tracciabilità della filiera, la limitazione degli sprechi alimentari e il calcolo dell’impronta ambientale del servizio. Sebbene condivisibili negli obiettivi, tali criteri hanno un impatto economico significativo.


Il costo dei prodotti biologici è superiore di circa il 30-40% rispetto a quelli convenzionali. Le stoviglie compostabili comportano un aggravio dei costi del 20-50% rispetto alla plastica tradizionale. Le aziende lamentano che tali obblighi, non accompagnati da risorse aggiuntive o da una maggiore flessibilità contrattuale, rendono insostenibile l’equilibrio economico delle forniture.


Necessità di adeguamenti contrattuali

Una delle principali richieste avanzate dalle associazioni di categoria, come ANIR e ANGEM, è l’introduzione di un meccanismo strutturato di revisione prezzi nei contratti pubblici. La possibilità di aggiornare le tariffe in base all’aumento reale dei costi delle materie prime e dell’energia viene indicata come condizione essenziale per evitare il collasso del settore. Al momento, molte aziende si trovano costrette a lavorare in perdita pur di non incorrere nelle penali previste per la rinuncia al servizio.


Un altro punto critico è il meccanismo di valutazione delle offerte tecniche, che premia l’offerta economicamente più vantaggiosa ma spesso senza tener conto del reale costo di applicazione dei CAM. Di fatto, si tende a favorire chi propone la maggiore quantità di servizi al minor prezzo, indipendentemente dalla sostenibilità effettiva.


Innovazione e sostenibilità come strategie di ripresa

Nonostante il contesto difficile, alcune realtà stanno cercando di trasformare la sfida in opportunità. Iniziative di digitalizzazione dei processi, software per il monitoraggio dello spreco alimentare, piattaforme di food recovery e collaborazioni con le imprese agricole locali sono tra le azioni messe in campo per coniugare efficienza, tracciabilità e attenzione ambientale.


Anche la formazione del personale gioca un ruolo strategico. Molte imprese stanno investendo in percorsi di aggiornamento dedicati alla gestione sostenibile della ristorazione, alla cucina circolare, alla gestione dei rifiuti e alla valorizzazione delle eccedenze.


Dialogo tra imprese e amministrazioni pubbliche

Affinché il sistema possa reggere, è essenziale che si apra un dialogo costruttivo tra le imprese della ristorazione collettiva e le stazioni appaltanti. È necessario superare la logica della mera riduzione dei costi e riconoscere che la qualità del pasto erogato, specie in contesti sensibili come scuole e ospedali, è parte integrante del diritto alla salute e all’educazione alimentare. Adeguare i prezzi dei servizi alle nuove esigenze normative, e non viceversa, è oggi una priorità per evitare il rischio concreto che interi territori restino privi di fornitori disposti a partecipare a gare pubbliche sempre meno remunerative.

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