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Perquisizioni ai telefoni negli aeroporti USA: cosa può fare la dogana, chi rischia e come difendersi

Negli ultimi mesi, il numero di dispositivi elettronici controllati dalla Customs and Border Protection (CBP) negli aeroporti statunitensi è cresciuto in modo sensibile, accendendo un nuovo dibattito sui limiti della privacy, sulle tutele costituzionali e sull’uso politico dei dati personali. Secondo i dati diffusi dalla stampa americana, nel solo 2024 sono stati oltre 47.000 i dispositivi, tra smartphone, tablet e computer portatili, sottoposti a perquisizione da parte degli agenti federali. Un numero in aumento rispetto agli anni precedenti, e accompagnato da casi mediatici che hanno sollevato più di un interrogativo sullo stato di diritto alle frontiere statunitensi.


Il dato va letto alla luce di un contesto giuridico particolare. All’interno della cosiddetta “border zone”, una fascia larga 100 miglia (circa 160 km) dal confine nazionale, che include tutti gli aeroporti internazionali, il Quarto Emendamento della Costituzione americana, che vieta perquisizioni arbitrarie senza mandato, ha un’applicazione fortemente ridotta. In quest’area, infatti, la CBP può eseguire ispezioni approfondite dei dispositivi digitali anche in assenza di sospetti specifici o autorizzazioni giudiziarie. Questo rende i controlli potenzialmente invasivi e crea un vuoto normativo che negli anni è stato più volte contestato da organizzazioni per i diritti civili come la ACLU (American Civil Liberties Union) e la EFF (Electronic Frontier Foundation).


La tipologia di controlli effettuati varia. In alcuni casi si tratta di ispezioni manuali, durante le quali gli agenti analizzano immagini, video, contatti, email, messaggi e contenuti salvati localmente nei dispositivi. In altri casi, si passa a controlli di secondo livello, definiti “avanzati”, che prevedono l’utilizzo di software forensi capaci di clonare il contenuto di un dispositivo e analizzarlo in profondità, anche andando a recuperare file cancellati o cronologie pregresse. La procedura per i controlli avanzati richiede l’approvazione di un funzionario superiore, ma non un mandato giudiziario.


Chi si rifiuta di consegnare il dispositivo può incorrere in conseguenze gravi, soprattutto se si tratta di cittadini stranieri. Per i titolari di visto o di green card, l’ostacolare un controllo può comportare la confisca del dispositivo, l’interruzione del processo di ingresso nel Paese, la revoca del visto o addirittura l’espulsione immediata. I cittadini statunitensi, invece, non possono essere respinti, ma possono comunque vedersi sequestrare temporaneamente l’apparecchio e subire interrogatori prolungati.


Diversi episodi recenti hanno suscitato preoccupazione a livello internazionale. Tra i casi più emblematici, vi sono quelli di accademici europei respinti dopo la lettura di post critici verso l’amministrazione americana, di studenti stranieri espulsi per la partecipazione a proteste filo-palestinesi e persino di residenti permanenti sottoposti a interrogatori di ore per contenuti trovati nei loro archivi digitali. Tutto ciò ha alimentato l’idea che i controlli abbiano assunto una dimensione anche politica, finalizzata a scoraggiare l’ingresso di soggetti considerati “scomodi” o potenzialmente critici verso le istituzioni statunitensi.


In questo contesto, aumenta l’interesse verso le misure di autodifesa digitale che i viaggiatori possono adottare. La EFF ha stilato una guida dettagliata con alcuni consigli pratici per chi si appresta a viaggiare verso gli Stati Uniti, in particolare se si ritiene di avere contenuti sensibili nei propri dispositivi. Le raccomandazioni principali includono:

  • Crittografare i dispositivi, attivando FileVault su macOS, BitLocker su Windows o la cifratura nativa su Android e iOS.

  • Spegnere completamente il dispositivo prima del controllo, in modo da evitare lo sblocco tramite riconoscimento facciale o impronta digitale, e garantire che la crittografia resti attiva.

  • Utilizzare la modalità aereo e disconnettere account cloud, per ridurre l’accessibilità ai dati remoti.

  • Creare un dispositivo “di viaggio” contenente solo informazioni essenziali, evitando di portare con sé smartphone o laptop che contengano archivi sensibili o compromettenti.

  • Conoscere i propri diritti: è importante sapere che non si è obbligati a fornire le password, anche se ciò può comportare conseguenze come la confisca temporanea del dispositivo.


Infine, la crescente digitalizzazione dei controlli doganali solleva un tema più ampio: la trasformazione delle frontiere da luoghi fisici di ingresso a spazi ibridi in cui si valuta anche il comportamento online, l’identità digitale e l’appartenenza ideologica. È qui che il confine tra sicurezza nazionale e sorveglianza politica si fa più sottile. In assenza di una chiara regolamentazione internazionale, la frontiera digitale rischia di diventare un terreno opaco, in cui la privacy è sacrificabile e la discrezionalità degli agenti doganali si trasforma in potere di selezione ideologica.

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