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Daniel Piscitelli

Patto stabilità: centrale nella politica economica europea, ma proposta Commissione UE da rivedere

All'auditorium Santa Chiara, durante la terza mattinata del Festival dell'Economia di Trento, un confronto sulla necessità di rivedere il Patto di stabilità e la politica di bilancio. Per Marco Buti (titolare della cattedra Tommaso Padoa-Schioppa, all’Istituto Universitario Europeo) "Il Patto è centrale nella politica economica e monetaria europea, ma serve riflettere meglio le priorità comuni", mentre per la professoressa Veronica De Romanis "Una maggiore flessibilità potrebbe trasformarsi, per l'Italia, in un forte vincolo esterno". Positiva la valutazione di Marcello Messori (Università Luiss Guido Carli) sulle regole fiscali proposte dalla Commissione europea, mentre per l'ex ministro Giovanni Tria: "Manca una visione generale comune".

La proposta di riforma della Commissione europea sul Patto di stabilità ha aperto ad un profondo dibattito, tra rischi e potenzialità dei nuovi regolamenti. “Se vogliamo regole efficaci, serve rivederle perché quelle attuali non vanno bene a nessuno – ha esordito Buti. – Occorre definire una nuova ‘quadra’, ritengo che se il prossimo anno rimbalzassimo nuovamente sulle vecchie regole questo sarebbe un problema per chi, come l’Italia, ha un debito molto alto”.

De Romanis si è invece concentrata sulla complessità delle norme: “La realtà è di per sé complessa, quindi non possiamo ridurre e semplificare tutto. La proposta della Commissione è quella di dividere i Paesi tra chi ha tanto debito e chi ne ha poco, con il nostro Paese che, pur avendo i conti in ordine, appare come quello con il maggior ‘grado di sfida’. Si sta quindi dicendo che i debiti degli Stati non sono tutti uguali? Un segnale negativo per i mercati, si rischia una disparità di trattamento”. Meno critico invece il professor Messori: “Se le istituzioni europee e gli Stati membri non riuscissero ad approvare una nuova governance fiscale entro la fine del 2023 sarebbe clamoroso. L’estensibilità dei provvedimenti tra quattro a sette anni è sicuramente un elemento positivo: gli Stati potranno così definire un orizzonte temporale più lungo”.

Ha concluso l’ex ministro Giovanni Tria, che ha però puntato il dito sulla mancanza di una visione comune: “Nella proposta della Commissione manca una cosa che dovrebbe esserci, cioè una visione generale, un ‘conducente europeo’. Non vorrei che l’Europa cercasse soprattutto di entrare nei singoli Stati per definire una politica sartoriale sui singoli bilanci, perdendo di vista il quadro complessivo”.




Fonte: Festival Economia 2023


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